Contro la censura, l’importanza di essere anonimi

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Contro la censura, l’importanza di essere anonimi
Arturo Di Corinto
per Peace Reporter di Novembre 2010

Agli inizi di Internet andava di moda una battuta: “Su Internet nessuno sa che sei un cane”. Veniva usata per dire che in rete siamo tutti uguali e abbiamo lo stesso diritto di esprimerci. Ed era esattamente così che i suoi progettisti avevano immaginato la rete, un luogo di scambio paritario, grazie all’uso di tecnologie aperte e flessibili. La tecnologia adottata, il packet switching e il principio della net neutrality – secondo cui ogni bit è creato uguale e non può essere discriminato – ne garantivano la democrazia. Col tempo abbiamo appreso che questo approccio rivoluzionario non poteva andare bene per tutti e abbiamo scoperto l’insofferenza di tanti paesi nell’accettare un elementare principio di democrazia. Molti stati non tollerano la libertà che Internet promuove e rappresenta e questa intolleranza diventa molto spesso censura.

L’insieme delle tecniche di controllo di Internet usate dai regimi autoritari, sono note col nome di Peking consensus per indicare l’origine di una forma di censura che si esprime a livello tecnologico con filtri informatici – ip filtering, deep packet inspection, firewall e blocked proxy – e azioni di polizia, come l’incoraggiamento alla delazione, le perquisizioni e i sequestri di computer non autorizzati ai cattivi netizens che, se non portano all’arresto, hanno comunque l’effetto di indurre conformismo e autocensura nella popolazione di Internet.
La OpenNet Initiative- un progetto di ricerca sulla censura e il controllo della rete che coinvolge Harvard e le università di Toronto, Oxford e Cambridge, ha scoperto che più di 36 paesi filtrano a vario livello contenuti politici, siti religiosi, pornografia, gioco d’azzardo. E Ronald Deibert, dell’università di Toronto e cofondatore di OpenNet ha affermato: “E’ una pratica in contina crescita per scopi, ampiezza e sofisticazione tecnologica”.
Per questo hacker etici e attivisti per i diritti umani hanno creato nel tempo strumenti per aggirare la censura dei governi e potenziare privacy e anonimato – software come il PGP, reti di server come Tor, o le Freenet – che possono essere usati per comunicare liberamente e accedere, senza essere scoperti, a contenuti bloccati o inaccessibili, nascondendo l’identità di chi vuole leggere e scrivere in rete senza temere ritorsioni. Purtroppo uno studio del Berkman Center for Internet and Society della Harvard University, dimostra che solo il 3 per cento degli utenti di Internet usano gli strumenti anticensura progettati appositamente per chi vive una democrazia limitata dove Internet viene filtrata pesantemente.
I motivi sono diversi. Anzitutto molti internauti non sono consapevoli dell’esistenza di tali filtri e non tutti sanno delle intimidazioni subite dal vicino, ma potrebbe essere che non sperimentino alcun tipo di censura perché non si dedicano a discussioni politiche o religiose. Più probabile è però che quando consapevoli non siano in grado di usare strumenti adeguati per aggirare la censura perché questi ultimi non sono sempre “user friendly” e tradotti nelle lingue locali dei paesi dove più servirebbero.
Questo è il motivo per cui certi “caschi blu dell’informazione online”, quelli del progetto Tor, ad esempio, stanno investendo sempre maggiori energie e risorse per migliorare e diffondere i loro software, ottenere fondi e aumentare il numero di server necessari a superare le muraglie tecnologiche degli stati canaglia. Tor è gestito da volontari di tutto il mondo e anonimizza la navigazione internet nascondendo la localizzazione fisica di chi lo usa, sia durante una semplice navigazione web che con client di instant messaging, e altre applicazioni basate sul protocollo base di Internet, il TCP/IP.
In questo modo i cittadini che vogliono denunciare la corruzione o il malgoverno, i giornalisti che vogliono proteggere se stessi e le loro fonti, coloro che comunicano da zone di guerra e le famiglie che vogliono proteggere i propri figli possono farlo garantendosi un adeguato livello di anonimato: nessuno in Internet saprà se sei un cane e dove sta la tua cuccia.
http://www.torproject.org/

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