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Indymedia: l’informazione dal basso
Arturo Di Corinto
per Peace Reporter di Novembre

Il panorama dell’informazione in Italia è desolante. Mentre lo Stato decide di tagliare i contributi ai giornali cooperativi e di partito e i tg fanno spallucce alla richiesta di pluralismo dei cittadini, i grandi gruppi editoriali continuano a spadroneggiare dettando l’agenda dei media. Però se c’è una notizia che non trovi sui giornali, la trovi su Indymedia. Il nodo italiano dell’Independent Media Center http://italy.indymedia.org è infatti risorto dalle sue ceneri da poche settimane e di nuovo si mette a disposizione di quanti vogliono produrre la propria informazione secondo lo slogan “don’t hate the media, become the media”, “non odiare i media, diventalo”. Questa creatura dell’informazione indipendente del secolo scorso, nata dalla volontà di un gruppo di attivisti per contestare il WTO di Seattle del 1999, è infatti il genitore putativo della generazione-blog a livello mondiale. Prima fra tutti a offrire una piattaforma di publishing online senza moderatori sui temi della politica e dei movimenti, Indymedia ha negli anni raccolto intorno a sé una nuova generazione di attivisti dell’informazione, i mediattivisti, che attraverso i nodi nazionali e locali dell’IMC hanno coordinato campagne, denunciato abusi e raccontato ciò che per i media mainstream era indicibile: la verità. Indymedia ha raccontato la verità sui pestaggi di strada e sugli abusi di Bolzaneto durante il drammatico G8 di Genova, ma soprattutto li ha mostrati, grazie a una moltitudine di civic journalist che nel suo software hanno trovato lo strumento per pubblicare audio, video, testi in piena libertà. Inaugurando un nuovo modo di fare informazione: da dentro la notizia, mentre accade. Una cosa che le redazioni “tradizionali” non sanno più fare.

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