Anonymous contro Revenge Porn e pedopornografia: “Stiamo venendo a prendervi”
Sono centinaia gli account Telegram che si vendicano di amori finiti male denigrando gli ex partner, in molti casi rivendendo le loro foto intime. Tra nazisti e molestatori seriali, gli hacker attivisti hanno deciso di divulgare i loro nomi e le città di provenienza
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 10 Aprile 2020
Gli Anonymous hanno lanciato #RevengeGram, un’operazione “di pulizia del web da perversi e molestatori sessuali”. Dopo la notizia dei canali Telegram pieni di immagini pedopornografiche usate per ricattare giovani donne, gli hacker attivisti hanno deciso di denunciare chi si nasconde dietro queste azioni. Così, con un’operazione di dossieraggio che ha pochi precedenti, hanno individuato gli indirizzi IP (ovvero “l’impronta” dei computer in rete), i nomi, le caselle di posta e gli archivi personali dei molestatori e li hanno divulgati online. I responsabili del revenge porn, la porno vendetta di amanti delusi e vendicativi che consegnano a sconosciuti le foto intime dei partner con cui hanno rotto, sono in maggioranza della Lombardia, ma ce ne sono di laziali e napoletani e poi di Molfetta, Sulmona, Pinerolo, Taranto. Insomma, vengono da tutta Italia.
Ma è solo l’inizio. Gli hacker di Anonymous e LulzSec Italia dicono che non gli daranno tregua e con un video invitano tutti a fornire informazioni per fermarli. “Su Telegram esistono gruppi, persone, canali e bot che condividono materiale pedopornografico, pubblicando contenuti che mettono a serio rischio i minori e le loro famiglie. Ci sono tutti quei contenuti definiti revenge porn che mettono pubblicamente alla gogna persone, per la maggior parte donne e ragazze, che hanno condiviso le proprie foto intime fidandosi del destinatario. Per questo abbiamo deciso di lanciare l’operazione OpRevengeGram con lo scopo di contrastare questi infami criminali che celandosi dietro l’anonimato di internet si fanno beffe della società fregandosene delle possibili conseguenze che le loro azioni hanno sulle vittime”.
Così hanno individuato i responsabili innanzitutto su canali Telegram che inneggiano allo stupro e a i quali partecipano fino a 50 mila persone, anche se da stamattina c’è un fuggi fuggi generale per non essere associati alla notizia. Facendo le ricerche tra gli utenti di quei canali, gli hacker sono risaliti a nome e cognome dei pedopornografi e dei molestatori seriali.
Uno di loro, L.S., è stato scoperto con un intero hard disk di centinaia di foto di ragazze e bambine nel cloud. Dalle precedenti inchieste di Repubblica risulta che molte girano da parecchio, anche se la data di creazione delle cartelle su Google Drive risale a tempi recenti. Ma le cartelle datate 15 maggio 2016 contengono foto con nomi e cognomi di giovanissime in pose provocanti. Agata G. compare nella sua stanzetta di adolescente mentre posa seminuda, Chiara M. in bagno davanti allo specchio, altre sono donne mature che si mostrano in foto erotiche. Non si tratta sempre di foto sessualmente esplicite. Anzi, molte appaiono come innocenti fotografie scattate al mare in compagnia, in bikini. Le cartelle però hanno nomi che non possono essere equivocati: “Degradodoland”, “Miss Lato B”, “Non sapevo che fossi minorenne”, una di queste è piena di video con rapporti sessuali tra adolescenti e uomini maturi.
Per dare un nome alle raccolte comprendenti le foto, gli autori hanno usato riferimenti religiosi, ad esempio alla Bibbia, declinata al futuro. C’era anche un sito che le conteneva tutte realizzato su webnote, un servizio per realizzare siti web gratuiti: ma è stato disconnesso pochi minuti dopo la segnalazione nel canale di discussione degli Anonymous. Che però hanno avuto il tempo di individuarne gli autori con tanto di nickname su Twitter. Uno di questi è un esperto informatico che si presenta nella biografia come “full stack developer”, cioè uno sviluppatore informatico.
Nei gruppi Telegram ci sono diversi profili che inneggiano al nazismo, alla violenza di genere e al sesso animale. Molte delle immagini poi ritrovate in Google Drive sono in vendita a pagamento. Così gli Anonymous hanno rintracciato gli account Paypal attraverso cui queste immagini vengono pagate. E si tratta di un commercio piuttosto fiorente, a quanto pare.
Gli Anonymous italiani invitano tutti gli utenti per bene a partecipare alla “caccia” e concludono: “Dimostrateci che non siamo soli in questa lotta. Unitevi a noi, e insieme saremo inarrestabili. Uniti da un ideale comune potremo mettere la parola fine a questi crimini ignobili contro vittime che non hanno nemmeno la capacità di difendersi. E in quanto a voi nascosti nell’ombra, che vi fate scudo di un monitor e vi sentite al sicuro protetti dall’anonimato, stiamo venendo a prendervi!”
Non è la prima volta che Anonymous mette in campo un’azione di “vigilantismo”, come si dice in gergo, sostituendosi alle autorità di polizia. Il caso più famoso è quello della distruzione. nel 2011, di Lolita City, un insieme di siti del Dark Web dedicati alla pedofilia divulgando informazioni personali dei 1589 utenti del “paradiso dei pedofili”.