La Repubblica: Il partito pirata contro i pirati ricorre al tribunale e vince

Il partito pirata contro i pirati
ricorre al tribunale e vince

L’associazione Partito Pirata italiano porta in tribunale gli omonimi di PirateParty per tutelare nome e simbolo e vince. Il giudice vieta al partito clone di usare il logotipo che identifica in tutta Europa gli alfieri del no-copyright di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 3 aprile 2012

I PIRATI italiani ricorrono al tribunale per tutelare nome e identità e vincono. Contro i pirati. E’ accaduto a Milano, dove un giudice della Sezione Specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale ha disposto l’inibizione dell’uso di nome e simbolo del Partito Pirata italiano a Marco Manuel Marsili, leader e fondatore del Pirate Party che li aveva utilizzati per farne la bandiera di un partito anticasta, molto diverso dai partiti pirata europei.

L’ORDINANZA

Tutto era cominciato quando il Pirate Party si era fatto notare dalla stampa per una manifestazione contro un’azienda lombarda, l’Area Spa, colpevole di fornire tecnologie di sorveglianza alla Siria di Bashar Al Assad. In quell’occasione i pirati capitanati da Marco Manuel Marsili, eclettico giornalista e docente di comunicazione, avevano diffuso il programma del PirateParty, un pout-pourri di ambientalismo, animalismo, diritti sociali, condito da pesanti attacchi alle banche e alla casta in stile grillino, segnato da un forte trasversalismo politico.

Subito era stato evidente a molti che il PirateParty di Marsili cercava di inserirsi nella competizione politica italiana sulla scia del successo elettorale di altre formazioni intitolate ai pirati europei, in particolare dopo l’affermazione del Piratpartiet tedesco alle amministrative di Berlino. Con la decisione del 30 marzo il giudice Perrotti di Milano conferma quella per molti era già una certezza: il PirateParty di nuovo conio stava usurpando i diritti del partito Pirata italiano fondato tra gli altri da Athos Gualazzi per l’uso di un simbolo già adottato, per la precedenza della costituzione in ordine di tempo dell’associazione Partito Pirata, per il pregiudizio che le attività del PirateParty hanno arrecato e possono arrecare all’azione del Partito pirata italiano.

Nell’ordinanza si legge infatti: “Allo stato attuale degli atti è verosimile che la ricorrente (il Partito Pirata, ndr) stia subendo una indebita utilizzazione del proprio nome e, più in generale, una lesione della propria identità personale.” Sul nome: “L’identità della denominazione è del tutto evidente e sussiste una oggettiva rassomiglianza anche con riferimento alla dicitura in lingua inglese”. Analoga la valutazione per l’utilizzo del simbolo della vela, riprodotto in modo perfettamente identico dal PirateParty, da solo o all’interno della bandiera dei pirati: “Il simbolo in questione assume valenza sia quale componente della identità culturale e politica del Partito Pirata sia come segno atipico suscettibile di impiego in campo economico”.

Sui contenuti, il giudice osserva anche che mentre il Partito Pirata, sin dalla sua costituzione nel 2006, è impegnato sul tema specifico delle libertà sulla rete internet e sulla esigenza di un ripensamento radicale della disciplina del diritto d’autore, il “PirateParty ha pubblicamente espresso posizioni sui temi specifici del copyright e della libertà in rete opposte ed inconciliabili con le idee guida dell’azione politica del Partito Pirata”.

Il difensore del Partito dei pirati italiani, l’avvocato Marco Ciurcina, si dice soddisfatto dell’esito del procedimento, ma adesso tutti si chiedono cosa accadrà alle prossime elezioni amministrative del 6 e 7 maggio per le quali Marsili stava preparando le liste elettorali nominando nuovi coordinatori ed epurando quelli in disaccordo con lui nel partito. Invece, i pirati italiani, riuniti in assemblea permanente, stanno sperimentando una piattaforma online di democrazia diretta per la partecipazione e la votazione di programma, statuto e direttivo. Si chiama Liquidfeedback 4 e servirà a definire la linea politica dell’associazione e ogni decisione in tema di organigramma ed elezioni.

Da parte loro, i difensori del Pirateparty.it, gli avvocati ti Francesca Caricato e Davide Colombo, hanno annunciato che “presenteranno reclamo contro l’ordinanza cautelare del Tribunale di Milano, che reputano palesemente errata oltreché confusa”.

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