La Repubblica: Pagheremo anche l’email? Le tlc vogliono soldi dai Big

Pagheremo anche l’email?
Le tlc vogliono soldi dai Big

La battaglia tra le telecom e i cosiddetti Over The Top (Google, Facebook, etc), si infiamma e rischia di stritolare gli utenti. Al centro c’è la regolamentazione del traffico Internet e tutto quello che ne consegue in termini di qualità del servizio, tariffazione e diritti degli utenti. E, sopratutto, la Net Neutrality, principio grazie al quale finora la rete ha innovato e permesso di innovare. A tutti. di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica dell’8 ottobre 2012

IMMAGINATE di dover pagare le email che spedite. Immaginate che un sito come Repubblica.it debba pagare l’utilizzo di Internet in base al numero dei suoi visitatori. Immaginate che la Rai debba farlo in relazione al numero di utenti connessi in streaming. E’ uno scenario tutt’altro che trascurabile se passeranno le proposte di nuovi modelli di tariffazione del traffico Internet giustificate dai promotori con la necessità di recuperare denari per rendere la rete più performante. Con costi che ricadrebbero inevitabilmente sugli utenti finali.

INTERATTIVO: COSI’ INTERNET COLLEGA IL MONDO

Tutto parte dalla considerazione che le infrastrutture attuali non sono più sufficienti a reggere il carico esponenziale del traffico di Internet. E’ quindi necessario ammodernare le reti e fare nuovi investimenti per garantire l’efficienza di quelle attuali. Bene bene, ma chi paga? Visto che i soldi pubblici sono pochi e non possono essere spesi per aziende in larga parte privatizzate, le telecom premono affinché siano gli Over The Top (Google, Facebook, Netflix) a farlo. E come? Misurando il consumo di banda e assicurando a chi lo paga delle corsie preferenziali. Gli altri s’arrangino. Vecchia storia. Ma così verrebbe meno la net neutrality, il principio di non discriminazione del traffico che è la vera forza di Internet. E allora lo scontro s’infiamma creando schieramenti contrapposti. L’ultima puntata di questo vicenda è rappresentata dalla proposta Etno.

Etno, associazione che riunisce gli attori europei delle telecomunicazioni ha elaborato una propria proposta di revisione dei trattati ITU (gli ITRs) del funzionamento di Internet da portare alla Conferenza Mondiale delle Telecomunicazioni (WCIT2012) di Dubai a dicembre e prima ancora alla “preparatoria” del prossimo 22 ottobre a Montreal. Ma la loro proposta ha incontrato critiche e riserve da parte di soggetti associativi e imprenditoriali: Digital Europe, British Telecom, Internet Society, Center for Democracy & Technology, Nokia, ICANN, diversi parlamentari europei e la stessa EBU. Il motivo? Dietro gli slogan accattivanti della proposta Etno di “creare un nuovo ecosistema per Internet”, “un modello più sostenibile di rete per favorire gli investimenti”, “facilitare accordi commerciali attraverso una governance multilivello”, si nasconderebbe secondo i suoi oppositori l’intenzione di regolamentare Internet in senso censitario: se hai i soldi la usi, altrimenti no. Servizio universale e accesso pubblico vanno a farsi benedire. Insieme a tutta l’agenda digitale per l’Europa.

Il testo proposto dalle telecom europee, mira ad introdurre, per via normativa, una differenziazione cruciale, nell’ambito dell’accesso a Internet, tra best effort e quality based-services con l’applicazione a Internet del principio del sending party network pays (SPNP), cioè la tradizionale tariffazione telefonica. In base a questo modello chi manda una mail paga, se il tuo sito viene contattato da molti utenti, paghi, se produci e distribuisci molti contenuti, paghi di più.

Il problema è di metodo e di merito. Come dovrebbero essere implementati questi modelli di commercializzazione e tariffazione diversi dagli attuali? Attraverso negoziati o regolamenti? E visto che i pacchetti IP viaggiano con modalità differenti dalle telefonate tradizionali come verrebbero conteggiati? E la privacy? E che succederà ai piccoli provider che non sono in grado di negoziare accordi con le grandi telco? Quanto pagherebbero le televisioni del servizio pubblico che fanno streaming? Google e Facebook forse potrebbero pagare, ma che dire di un blogger o di un’associazione?

Secondo Innocenzo Genna, esperto di Internet e telco basato a Bruxelles, la proposta Etno mira a costringere gli OTT a pagare alle telco somme supplementari rispetto a quelle che gli stessi pagano per l’accesso e il transito nell’ambito dei sistemi attuali di peering, con la possibilità di fare discriminazioni della banda Internet basate su mere considerazioni commerciali. Con quali implicazioni non è difficile capire. I servizi in concorrenza come Skype e Whatsupp, verrebbero tassati, mettendoli fuori mercato con l’effetto perverso di permettere alle telco di selezionare i servizi e i contenuti fruibili dagli utenti, un vero attentato alla neutralità della rete. Insomma, quello che non è successo con il Telecom Package, diventerebbe realtà adesso.

Non è d’accordo Luigi Gambardella, portavoce di Etno che ci ha detto: “Vogliamo Internet libera e neutrale, ma è tempo che tutti concorrano allo sviluppo delle sue infrastrutture”. E ancora: “Quello che chiediamo è un modello di tariffazione che garantisca le revenue degli operatori e consenta ai fornitori di contenuti di competere meglio sul mercato”.

La proposta Etno, già rifiutata dagli stakeholders americani che “proteggono” i loro campioni nazionali, pare non trovare d’accordo neanche la Commissione Europea – e troverà serie difficoltà in paesi come l’Olanda, che proibisce per legge le discriminazioni di banda commerciali – ma potrebbe essere sostenuta dai paesi emergenti che nel passaggio dalla telefonia a Internet non recuperano più i profitti del roaming dei servizi telefonici. Per questo la società civile è al lavoro e a Torino, nell’ambito dell’Internet Governance Forum italiano, il 18 ottobre si terrà un evento organizzato da ISOC Italia intitolato non a caso “La reazione della comunità Internet alle proposte di revisione del trattato internazionale delle telecomunicazioni”. Stefano Trumpy, presidente di Isoc e nome storico del policy making italiano della rete, la mette così: “Non abbiamo pregiudizi, ma questa cosa va discussa per capire quali sono per davvero le condizioni di un migliore trasporto Internet garantendo libertà di mercato e prezzi convenienti per gli utenti. E’ un fatto di democrazia”.

(08 ottobre 2012)

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