UN CODICE AZUNI PER FARE RETE
Arturo Di Corinto
per Il sole 24 ore del 2 settembre 2010
Stefano Rodotà, presidente del comitato italiano per la Governance di Internet aveva detto: “per immaginare nuove regole per Internet potremmo fare come con il codice marittimo redatto da Domenico Alberto Azuni: formalizzare un corpus delle consuetudini d’uso di questa risorsa comune e condivisa che è Internet”. Mentre imperversa il dibattito sui diritti e doveri di Internet, nell’agosto 2010, ad un mese dal nuovo Internet Governance Forum di Vilnius, lo staff del ministro Brunetta rilancia l’idea di un “codice Azuni per la rete” offrendone una versione beta alla consultazione popolare sul sito azunicode.it. Non è una proposta di legge, ma una sorta di call for papers per raccogliere pareri e best practices sul mondo di Internet, un pre-codice, insomma, e raffinare le proposte fin qui fatte per una regolamentazione dal basso della rete da portare, forse, all’Onu.
Il gruppo di lavoro che ha stilato la versione beta del Codice Azuni è fatto da alcuni importanti professionisti e molti soggetti governativi, qualche professore, ma si sente la mancanza delle imprese e delle loro rappresentanze di categoria. Anche i parlamentari, fatta eccezione per Palmieri della Pdl, sono assenti. Eppure l’Italia, già protagonista di un importante accordo con il Brasile che impegnava i due paesi a investire nella tutela della libertà in rete, per garantire standard e interoperabilità dei dati, sicurezza e libera concorrenza online, era stata al centro del dibattito sull’Internet Bill of Rights discusso in seno alle dynamic coalitions dell’Igf. Ora con il codice Azuni forse si potrà dettagliare il percorso fatto fin qui dal World Summit on Information Society di Tunisi del 2005 senza disperdere il patrimonio di relazioni, competenze e conoscenze sviluppato sotto la guida di Stefano Rodotà. Un percorso a cui potrà dare grande slancio l’Igf Italia varato a Cagliari nel 2008 che per ora sembra stare un po’ in disparte, ma che si incontrerà a Roma a fine novembre. Il codice Azuni insomma è un’opportunità per rivedere l’approccio del Belpase verso la rete ed evitare le frammentarie e talvolta improvvide iniziative per regolamentarla finora fallite proprio a causa dell’assenza di un dibattito ampio e plurale. Quello che in molti chiedono è di non ricominciare sempre daccapo, ma di dare continuità istituzionale a un’iniziativa necessaria, che coinvolga veramente tutti, e senza la quale si rischia che sul web valga solo la legge del più forte.