Mise: al via la consultazione per l’intelligenza artificiale
Proprietà dei dati, formazione ad hoc, partenariati pubblico privati, campagne di sensibilizzazione. Sono 83 le proposte del gruppo di esperti voluto dal governo. Col solito punto di debolezza: non ci sono i soldi per attuare la strategia nazionale
di Arturo Di Corinto per La Repubblica del 21 Agosto 2019
CON la crisi di governo sullo sfondo, il ministero dello Sviluppo economico ha finalmente pubblicato la sua “Strategia per l’intelligenza artificiale” aprendo alla consultazione pubblica le proposte, 83 ‘raccomandazioni’ formulate dal gruppo dei 30 esperti selezionati otto mesi fa. Tutte proposte leggibili ed emendabili sul sito del ministero.
Intelligenza artificiale, cuore dell’innovazione
Le tecniche di intelligenza artificiale stanno già cambiando il nostro mondo e promettono di rivoluzionare profondamente la sfera di possibilità dell’umano. Queste tecniche basate su software in grado di apprendere già riconoscono volti, “capiscono” il nostro linguaggio, scelgono per noi cibi, strade, film e acquisti, ottimizzano il consumo energetico e, accoppiate all’Internet delle cose (IoT), alla blockchain, alla meccatronica, potrebbero fare la differenza del sistema Italia nell’agrifood, nel turismo, nella manifattura, nonché nella gestione della Pubblica Amministrazione.
La strategia nazionale per l’Ia mira infatti a incrementare gli investimenti, pubblici e privati, nello sviluppo e nelle tecnologie correlate; a potenziare l’ecosistema della ricerca e dell’innovazione; sostenere l’adozione delle tecnologie basate sull’Ia; rafforzare l’offerta educativa a favore della forza lavoro; sfruttare il potenziale dell’economia dei dati; consolidare il quadro normativo ed etico che ne regola lo sviluppo; promuovere la consapevolezza e la fiducia nell’Ia tra i cittadini; rilanciare la pubblica amministrazione e le politiche pubbliche; fino a favorire la cooperazione europea ed internazionale per un’Ia responsabile e inclusiva.
Etica dei robot: un approccio laico
Le 106 pagine di proposta che accompagnano il documento confermano questi indirizzi e per una volta, posizionano l’Italia in linea con la strategia europea, a vantaggio dei cittadini. Intanto per l’approccio: la tesi centrale del rapporto è che l‘Ia non è buona o cattiva in sé: dipende dall’uso che se ne fa. “Se utilizzata in modo stupido, l’Ia riproduce e spesso amplifica la stupidità”.
Nel rapporto, a tratti ripetitivo, ogni proposta considera gli aspetti etici e democratici dell’Ia per evitare violazioni dei diritti fondamentali e di principi etici condivisi. Responsabilizzare l’intero ecosistema “dallo sviluppatore al consumatore” è una delle chiavi del rapporto, anche per adeguare il quadro di protezione dei consumatori alla nuova realtà di mercato in chiave competitiva e di sviluppo sostenibile (R35).
Ci sono inoltre notizie buone e altre meno buone per l’Italia dove, seppure la diffusione dei servizi di Ai è ancora limitata, si stima che il 12% delle imprese abbia attivato un progetto in questo campo, per la maggior negli assistenti virtuali. Un ecosistema ancora da mappare nel suo insieme “per formulare al meglio una strategia in un’ottica di smart specialisation e di politica industriale”. Ad esempio, da noi si prevede una crescita importante della robotica di servizio, in un mercato mondiale che supera gli 11 miliardi di dollari. Purtroppo secondo lo Studio dell’Osservatorio Ai del Politecnico di Milano la spesa per lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale in Italia nel 2018 è stata di solo 85 milioni di euro.
Secondo Marco Bentivogli, leader Cisl che ha contribuito al lavoro della commissione, il punto dolente rimane proprio questo: “L’Italia spenderà solo 48 milioni di euro nello sviluppo dell’Intelligenza artificiale a fronte dei miliardi investiti dagli altri Paesi”. E continua: “Se confermate, queste cifre rendono inutile il lavoro fatto. L’Ia è oggi il volano più interessante delle Pmi e delle microimprese che, se adeguatamente stimolate da politiche pubbliche di sostegno agli investimenti, potrebbero rappresentare un vantaggio competitivo”.
Ma qui un aiuto dovrebbe venire dall’Europa. Come ribadisce il rapporto, “a integrazione degli investimenti nazionali la Commissione investirà 1,5 miliardi di euro entro il 2020, ossia il 70 % in più rispetto al periodo 2014-2017. Per il prossimo bilancio dell’Ue a lungo termine (2021-2027) la proposta è di investire 9,2 miliardi di euro per il digitale, di cui almeno 2,5 miliardi per l’Ia.
Cosa resta da fare allora? Investire nella formazione ma a partire dalla scuola dell’obbligo, sviluppare progetti di testing su larga scala e mettere a sistema università, centri di ricerca e scuole di eccellenza. E poi puntare sui partenariati nel pubblico-privato ricordandoci, come fa il rapporto, che i dati usati per rendere le Ia efficienti sono nostri e che dobbiamo smettere di regalarli ai colonizzatori d’oltreoceano rendendoli “disponibili per l’addestramento dei sistemi, ma comunque proteggendoli e mantenendoli nel nostro territorio nazionale” (R59).
Il rapporto, che si spinge a suggerire di creare un Istituto Italiano per l’Intelligenza artificiale, una struttura di ricerca e trasferimento tecnologico capace di attrarre talenti di prima classe dal ‘mercato’ internazionale e diventare un faro per lo sviluppo dell’Ia in Italia (R38) chiede anche di investire in modo deciso su corsi di dottorato, ricercatori industriali e assunzione di professori universitari in settori scientifico disciplinari collegati alle applicazioni dell’Ia.
La chiave di volta di tutta la strategia potrebbe essere il diritto alla formazione insegnando nuove competenze e rimodellando quelle vecchie della forza lavoro. Va in questa direzione l’Ai Jobs law, una misura specifica per promuovere l’assunzione di esperti di Ia.
Interessante l’idea di campagne informative in italiano e in inglese per spiegare ai cittadini caratteristiche, opportunità e rischi dell’Intelligenza artificiale prevedendo un ruolo attivo della Rai nell’educazione digitale per usare in modo consapevole proprio l’Ia. Creando inoltre una “Accademia Digitale” in grado di sviluppare programmi e contenuti video fruibili on air e on demand per dare risposte semplici e pratiche alle domande dei cittadini.
Oltre ai dubbi che sollevano le onnipresenti proposte di ‘cabine di regia’ ad hoc bisognerebbe ricordare che un mese fa il presidente del Consiglio Conte aveva deciso la creazione di un dipartimento per il digitale di cui aveva tenuto le deleghe. Secondo Stefano Quintarelli, esperto per la Commissione Europea, “se il prossimo governo lo confermerà, potrebbe diventare quella la cabina di regia giusta per realizzare la strategia sull’intelligenza artificiale.”