Chi governa Internet, le aziende o i governi?

Atene, il Forum voluto dalle Nazioni Unite: 88 paesi e 500 delegati. Al centro del dibattito la libertà della Grande Rete
Arturo Di Corinto
Liberazione, 1 novembre 2006

Ma Internet è veramente libera? E’ uno strumento di partecipazione o di controllo? Chi deve decidere come funziona? Le aziende o i governi? Soprattutto, qual è il futuro della rete? Sono queste le domande a cui da due giorni, circa 500 delegati di 88 paesi riuniti all’Apolloni Palace di Atene, cercano di dare una risposta.

Il meeting, l’Internet Governance Forum, voluto dalle Nazioni Unite, dichiara infatti già nel titolo i suoi obiettivi: discutere del governo di Internet attraverso il concorso di tutti gli attori interessati. Si parla di governance perchè questa accezione di governo include tutte le iniziative e le componenti che concorrono al funzionamento di un oggetto complesso come Internet, nei suoi aspetti tecnici e infrastrutturali, legali, sociali e culturali, economici e politici. La governance di Internet, che per qualcuno può essere un fatto esoterico, ma non lo è, riguarda ciò che la rete abilita o impedisce: la libertà di comunicare e il commercio, l’emancipazione e la cooperazione, la concorrenza e i monopoli, la condivisione e l’autoritarismo. Un forum su questi temi quindi significa confrontarsi con i temi caldi della società dell’informazione globale: dai costi di accesso della rete al copyright, dallo spamming ai virus, dalla convergenza alla sicurezza, dalla libertà di espressione alla privacy. Ma vuol dire anche parlare del ruolo dei governi delle ONG e delle imprese nel mantenere la sua struttura stabile, renderla capillare e accessibile per i cinque miliardi di persone che ne sono escluse. In una parola significa affrontare il tema del digital divide, il divario digitale che spacca il mondo in due: gli inforicchi da una parte e gli infopoveri dall’altra.

Perciò dopo una giornata passata a delimitare il campo di discussione e a definire l’agenda del convegno, le tematiche su accennate hanno travolto tutti i convenuti in un vortice di discussioni, scontri e prese di posizione. Superato lo scoglio politico su chi debba gestire i nomi di dominio di Internet – oggi se ne occupa un organismo privato come l’Icann, sotto la supervisione del Governo Usa – anche grazie a un lavorio diplomatico che ha cominciato a prospettare una silenziosa uscita di scena degli Usa e una definitiva privatizzazione dell’ente, i partecipanti si sono concentrati sugli altri temi in discussione: la libertà di espressione, la sicurezza, il rispetto delle diversità e l’accesso alla rete.

La questione della libertà d’espressione in rete e il libero scambio di conoscenze, in particolare ha offerto la scena a un durissimo atto d’accusa contro tutti quei paesi che esercitano la censura su Internet, filtrando le informazioni, oscurando i siti web, arrestando i bloggers. Il tema, a cui Amnesty ha dedicato un dossier e una campagna «www. irrepressible. org» ha tenuto banco per tutta la mattinata di ieri e ha chiamato in causa il comportamento delle aziende che pur di fare profitti commerciano con paesi violenti e autoritari fornendoli di strumenti per individuare e reprimere le voci dissidenti. Il dossier di Amnesty è un j’accuse definitivo contro Yahoo!, Microsoft e Google che col loro comportamento minano la libertà di espressione in paesi come la Cina. Ma, siccome i cattivi non stanno tutti da una parte, nel corso del dibattito è emerso che anche nei paesi considerati democratici la repressione è frequente, mentre l’autocensura dettata dalla sorveglianza e dal timore di rappresaglia può essere ancora più dannosa per la crescita di un’opinione pubblica consapevole e informata. Libertà d’espressione a rischio quindi non solo per leggi illiberali, ma anche a causa dei monopoli del software, delle telecomunicazioni, o della miopia di paesi che non sanno e non vogliono valorizzare l’enorme patrimonio culturale generato, duplicato e diffuso dagli utenti della rete, e che tra l’altro, pone a rischio d’estinzione l’eredità culturale dei padri e delle madri.

Che fare? L’Italia sta lavorando a una proposta. Un gruppo di esperti, voluto dal ministro Nicolais e coordinato da Stefano Rodotà, è da tempo impegnato a definire la posizione italiana sugli argomenti del forum con un accento particolare sul tema dei diritti. Un tema che verrà discusso oggi, quando verrà presentata la Carta dei diritti della rete, finalizzata a stabilire diritti e doveri nel cyberspazio. L’Italia, attraverso il sottosegretario Beatrice Magnolfi presente al meeting, si è pure candidata ad ospitare in Italia nella prossima primavera, una Conferenza internazionale per meglio definire questo “Bill of rights” dell’era digitale che, come dice uno dei promotori, Fiorello Cortiana, ponga la questione dei diritti individuali come questione universale, quindi non relativizzabile. Se finora un risultato chiaro ha avuto il forum, è stato la presa di parola dei tanti attori della società civile su questi temi che riguardano tutti, nessuno escluso.

Atene 31 ottobre 2006