L’Espresso: Il web per Ai Weiwei libero

logo_espressoIl web per Ai Weiwei libero
di Arturo Di Corinto
per L’Espresso del (12 maggio 2011)

Dal 3 aprile il grande artista dissidente cinese è stato arrestato e non si più nulla di lui. In tutto il mondo si moltiplicano le iniziative in suo favore. E anche l’Italia sta facendo la sua parte, grazie a Internet. Ecco come far sentire la propria voce

Ai Wei Wei è un artista cinese. Uno che crede nell’arte come comunicazione. Ai Wei Wei é l’artista che ha portato alla Tate Modern di Londra gli zainetti degli scolari uccisi dal terremoto del Sichuan nel 2008. E’ anche l’artista che ha disegnato il famoso stadio a nido di rondine per le Olimpiadi del suo paese, la Cina. Ai Wei Wei è scomparso.
Arrestato il 3 aprile dalle autorità, da allora di lui non si ha più traccia. Per questo le istituzioni museali di mezzo mondo hanno lanciato un appello e una petizione per conoscere dove si trovi ora e quale sia il suo stato di salute. L’appello è stato ripreso e rilanciato dall’associazione Pulitzer, un’associazione italiana che si occupa di libertà d’espressione, quella libertà che il governo cinese non concede né a uno dei suoi figli più noti né a quanti, sconosciuti, si battono da anni nel paese dei mandarini per i diritti dei lavoratori, delle donne, dei contadini. Il governo cinese, forte del suo gigantismo economico ha finora ignorato gli appelli da tutto il mondo a una società più aperta, ma forse non potrà controllare ancora a lungo le voci dissidenti che nel paese si levano da ogni dove e che viaggiano sempre di più sul web.
La Cina di Hu Jintao è uno dei maggiori nemici di Internet secondo tutte le classifiche internazionali, da quella di Reporters sans frontiers ad Amnesty International fino a quella della Freedom House. Il suo pugno di ferro contro ogni cybercritica ha raggiunto l’apice con gli attacchi informatici a Google – che hanno indotto la compagnia americana a ritirarsi progressivamente dal suo lucroso mercato – ma ha dei brutti precedenti nelle delazioni di Yahoo! – che alle autorità ha consegnato il nome di un giornalista colpevole di aver parlato della rivolta di Tien An Men in una email privata – , e con la chiusura di migliaia di blog non allineati. Negli ultimi mesi l’apparato poliziesco cinese ha represso duramente ogni tentativo di libera manifestazione del pensiero sia nel cyberspazio che nelle strade, soprattutto dopo le insurrezioni africane guidate dal web e di cui temono un remake a casa propria. Per questo hanno irrigidito le misure di controllo sulla rete, secondo la dottrina del Peking consensus, una miscela di azioni repressive e filtri tecnologici che puntano a una sola cosa: silenziare ogni voce critica nel terreno “libero” di Internet. Ma il “Peking consensus” stavolta potrebbe non bastare. Ai Wei Wei è troppo noto e troppo amato per bloccare il buzzword che in rete e fuori lo circonda.
Il suo nome in questo momento sta facendo il giro della rete italiana grazie all’associazione Pulitzer che ha indirizzato l’appello per la sua liberazione, primo firmatario Umberto Eco, al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il presidente italiano è molto sensibile al tema della libertà d’informazione ma siamo certi che l’incorraggiamento di migliaia di firme inviate sul sito dell’associazione Pulitzer, gli offrirà un argomento in più per sollevare il velo di omertà che anche in Italia circonda la vicenda.

www.associazionepulitzer.it
www.freeaiweiwei.org
www.change.org

Lascia un commento