La guerra fredda cibernetica sta diventando calda
Hacker’s Dictionary. Mentre Trump alza barriere verso i cinesi per paura delle spie comuniste Zte inaugura un laboratorio di cybersecurity a Roma. L’Europa comunque non sta a guardare: si prepara alla rappresaglia cibernetica
di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 23 Maggio 2019
Mentre sono tutti concentrati sulla vicenda Google-Huawei nessuno guarda a cosa succede nei paesi alleati degli Usa. Il fatto è noto: Donald Trump non vuole tecnologie straniere in casa e non vuole che quelle di casa migrino all’estero: per questo Google ha deciso di interrompere la collaborazione con la cinese Huawei nella fornitura degli aggiornamenti del sistema operativo Android.
Alla decisione di Google si sono accodate molte aziende americane del silicio ma i cinesi hanno già fatto sapere che faranno da soli. Dietro alla decisione di Trump si dice che ci siano i timori dello spionaggio cinese le cui aziende però sono già leader di mercato nella produzione di telefonini e dispositivi per il 5G, le reti di nuova generazione che si stanno anche sperimentando in Italia, e la cui capacità è teoricamente in grado di consentire a singoli individui di condurre attacchi cibernetici rilevanti. I cinesi sono già tra i maggiori fornitori delle telco che operano nel Bel Paese.
Nel frattempo i cinesi di Zte hanno inaugurato un laboratorio di cybersecurity proprio a Roma. Hu Kun, presidente di Zte Italia, ha dichiarato: “Sarà una piattaforma per verificare i rapporti di collaborazione in materia di sicurezza. Non abbiamo nessun problema a mostrare in piena trasparenza la nostra tecnologia, siamo aperti a chiunque sia interessato.”
Secondo molti osservatori si tratta della fase più calda della contesa commerciale tra Usa e Cina dalla quale perfino gli americani potrebbero uscire con le ossa rotte, sia perché la Cina ha deciso da tempo una strategia di sviluppo autonomo nel campo dell’intelligenza artificiale, sia perché la guerra commerciale potrebbe favorire la creazione di una industria cinese autarchica con una base di consumatori più ampia di quella occidentale.
La paura del cyberspionaggio non è tuttavia da sottovalutare. E si capisce dalle mosse dell’Europa.
Il 13 maggio infatti gli ambasciatori dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo per introdurre un nuovo regime di sanzioni contro i responsabili di cyber-attacchi verso gli Stati membri e la stessa Ue. La proposta, avanzata dall’Olanda dopo un cyber-attacco nel 2018 contro l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche che ha sede all’Aia, era ipotizzata da tempo. Secondo le prime notizie e indiscrezioni l’Unione Europea vuole garantirsi il diritto di congelare i beni e impedire l’ingresso sul continente agli individui e alle organizzazioni considerati responsabili di cyber-attacchi volti a danneggiare gli interessi Ue.
A breve inoltre, i maggiori Paesi industrializzati terranno la loro prima simulazione di un attacco cibernetico transnazionale al settore finanziario. Ad annunciarlo è stata Nathalie Aufauvre, direttore generale per la stabilità finanziaria alla Banca di Francia, nel quadro della presidenza francese del G7. I test si baseranno su uno scenario che prevede un attacco malware a componenti tecnici ampiamente usati nel settore finanziario.
La Banca centrale europea e la Bank of England hanno già svolto esercitazioni simili, ma quello di giugno sarà il primo che si terrà a livello di G7, ha spiegato Aufauvre: “Le minacce cibernetiche sono la prova che abbiamo bisogno di più multilateralismo e cooperazione tra i nostri Paesi”, ha dichiarato il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire. L’esercitazione di tre giorni mira a dimostrare gli effetti transnazionali di un attacco cibernetico e coinvolgerà 24 istituzioni finanziarie dei sette Grandi, comprese banche e ministeri. Vi parteciperanno anche rappresentanti del settore privato italiano.