Interattività d’autore

Dalla Toy war alla guerriglia comunicativa. La net.art in un volume della Shake edizioni
ARTURO DI CORINTO
Il manifesto, 12 luglio 2003

«Ascii art», «Web art», «Software art», «Form art», «Art on the Net», «Net.art». Nomi, acronimi, sigle per l’arte in rete, dalla rete, per la rete. Parole più o meno comprensibili per i profani della tecnologia Internet, segnali di orientamento per chi la rete la pratica e la vive, categorie di nuove forme espressive fondate sul digitale. Un processo di selezione naturale ha portato il termine «net.art» ad affermarsi come la sintesi di quelle forme disparate. Parlando di «net.art« non è casuale che alcuni enfatizzino il primo termine del binomio, per indicarne il carattere interattivo e comunicativo. Chi enfatizza il secondo termine, arte, per sottolinearne il carattere estetico, espressivo, lo fa per dire che esso acquisisce un nuovo significato proprio accanto a quella parola, net, polivalente contrazione linguistica di Internet, ma finisce spesso per trascurare il vero carattere innovativo e i risvolti problematici della definizione. Secondo uno dei rari manifesti del movimento, Introduzione alla net.art di Alexei Shulgin e Natalie Bookchin (1999) la «Net.art è un termine autoreferenziale creato da un pezzo di software malfunzionante, originariamente utilizzato per descrivere un’attività estetica e comunicativa su Internet».

È in parte sulla falsariga di tale manifesto che due assidui frequentatori della rete, Marco Deseriis e Giuseppe Marano, partono alla ricerca del campo semantico di questa pratica, con un libro, Net.art. L’arte della connessione (Shake Edizioni, pp. 218, € 15. Sito internet: www.thething.it/netart. Il volume sarà presentato questa sera a Roma alle 21.30 all’interno della rassegna «Libri in campo»).

Il libro presenta decine di esempi di net.art intesa come artivism (art+activism), hacktivism (hacking+activism) e communicazione-guerrilla per una riflessione sulla natura della comunicazione che individua nell’estetica del macchinico, il gioco identitario e la manipolazione dei flussi informativi i tre filoni principali della net.art. Si naviga dalla ToyWar, il conflitto di un gruppo di musicisti e performer austriaci contro una multinazionale che cerca di appropriarsi del nome del loro dominio sul web, al Digital hijack (dirottamento digitale) che dal link alla parola Ferrari ti dirotta verso il sito di ciclisti-ecologisti, dal plagio dei siti del Wto a quello di George W. Bush finisce coi virus ricombinanti di Epidemic.

C’è chi, comunque, considera la net.art una curiosa e (in)offensiva evoluzione degli strumenti e dei luoghi di produzione dell’arte, in totale sintonia con un’idea di progresso lineare delle forme e dei mezzi della sperimentazione artistica. E in questo senso chi paventa il pericolo di una sussunzione operata dal sistema dell’arte che dedica ai net.artisti intere sezioni nei festival più paludati avrebbe ragione. Ma ci riesce veramente?

Probabilmente no. A uno sguardo ravvicinato quel binomio sottintende ed esplicita un radicale e controverso cambiamento del modo di intendere l’arte dove internet non è solo il mezzo neutro in cui essa si dà ma è la sua stessa sostanza, il brodo primordiale di un processo autopoietico, proteiforme e autonomo di valorizzazione e diffusione di una estetica che pone al centro del discorso la reinterpretazione funzionale degli strumenti della comunicazione e la bellezza del networking, la capacità del fare rete, la cooperazione, quell’elemento relazionale che sintetizza l’epoché culturale scaturita dall’interattività propria della rete. Per la prima volta l’opera e il suo luogo, la sua produzione e distribuzione coincidono, sono fatti della stessa materia secondo una modalità che dissolve le barriere tra autore e fruitore dell’opera d’arte, e permette di applicare categorie artistiche al comportamento di un prosumer (neologismo nato dalla contrazione delle parole produzione e consumatore) che crea ciò che non serve, e non si capisce se è o non è commerciabile.

E se la Net.Art è innanzitutto, ma non solo, arte relazionale costruita a partire dallo scambio paritario dentro la rete, essa è decisamente altro dai cataloghi digitali di quadri e sculture da inserire nel carrello virtuale dei supermercati online dei siti d’arte. La Net.art è una modalità espressiva che antepone la comunicazione alla rappresentazione, la creazione di circuiti e di interazioni ai significati, perchè è il fruitore stesso il suo contenuto.