Macintosh, ilcomputer è orfano

E’ morto Jeff Raskin, inventore del celebre “Mac” della Apple basato su un’interfaccia grafica. Scrittore e musicista, era un teorico dell’ibridazione uomo-macchina.

Arturo Di Corinto
Il Manifesto 02/03/05

Nel 1984 Steve Jobs e Steve Wozniack fondatori della Apple Computer, presentano il Macintosh, il primo computer sviluppato su un’interfaccia grafica. Responsabile e progettista del ”Mac” fu Jeff Raskin, che creò il gruppo di sviluppo nel 1979, ideò il nome, raccolse le migliori invenzioni della ricerca sulle interfacce come il “drag and drop”, il mouse, il concetto di interazione a oggetti, le finestre sovrapponibili e la metafora della scrivania.

Qualche anno dopo Steve Jobs litigò con Jeff Raskin e, rifugiatosi in una palazzina, issò una bandiera nera da pirati e prese il comando del gruppo di lavoro, costringendo Jeff Raskin a dimettersi nel 1982.
Jeff Raskin, lo sviluppatore dell’Apple Macintosh e inventore del mouse con un solo bottone è morto ieri all’età di 61 anni per un cancro al pancreas nella sua casa di Pacifica in California.
Laureato in matematica e filosofia, musicista e scrittore, era un teorico dell’interazione uomo-machina ed ha sempre privilegiato la sintesi di usabilità e versatilità nella progettazione delle interfacce informatiche, con l’obiettivo di rendere i computer sempre più facili da usare, “amichevoli” e poco costosi.
Se è lui che ha dato il nome al famoso Macintosh, cambiandone la pronuncia per motivi di copyright, suo il merito di aver convinto Steve Jobs ab abbandonare il progetto del computer Apple Lisa, a buon ragione si può considerare l’apripista di tutti i computer da tavolo, e uno dei pionieri della rivoluzione informatica.
Era un pallino fisso per lui che veniva dalle controculture degli anni ’70 e frequentava lo Xerox Parc Center (il famoso centro di ricerche vicino Palo Alto) trasformare i computer in oggetti usabili da tutti e non più da nerd capelloni o scienziati in camice bianco.
Il New York Times di ieri lo ricorda come un uomo dall’attitudine rinascimentale. E di fatto era un umanista, come si comprende leggendo il suo libro ”Interfacce a misura d’uomo” edito in Italia da Apogeo (2003, pp 255, euro 23), un saggio dove contesta la preferenza degli utenti per computer sempre più potenti che però ”non sanno fare quello che serve”.
Nel libro infatti Raskin affronta la grande questione della comunicazione mediata dalle tecnologie, cioè l’usabilità delle interfacce, luoghi di confine fra mondi che parlano linguaggi diversi e che spesso, invece di facilitare l’interazione con la tecnologia, la complicano. In estrema sintesi, la tesi del libro del creatore del Macintosh è che occorre un approccio completamente nuovo nel design delle interfacce uomo-macchina se vogliamo che gli infodomestici, le case domotiche, i computer stessi, diventino friendly, facili da usare, per tutti e non per i pochi, occidentali, acculturati, con del tempo da sprecare nello studio di voluminosi manuali d’istruzioni.
E infatti intorno all’anno 2000 Raskin avviò la costruzione di The, The Humane Environment, un sistema che incarnava la sua idea di interfaccia a misura d’uomo usando elementi a codice sorgente aperto.
Obiettivo dichiarato del progetto era di progettare un sistema software in grado di comprendere e sfruttare le modalità operative di base del sistema uomo secondo le più recenti acquisizioni della psicologia cognitiva, lavorando sui bisogni degli utenti piuttosto che sulle esigenze commerciali, ma con l’utopia di fornire un ambiente di lavoro e di apprendimento che fosse realmente ”inclusivo”, cioè adatto per tutti: giovani, anziani, luddisti e incapaci. Difficile dargli torto. A chi non è mai capitato di sentirsi disorientato davanti allo schermo di un computer senza sapere cosa fare? Come dice Jakob Nielsen, il decano dell’usabilità, se non riusciamo ad usare uno strumento, la colpa non è nostra, ma di chi l’ha progettato. Raskin ne era profondamente convinto.