Che c’entra il Bitcoin con le rivolte in Kazakistan e gli scontri in piazza
Aumenta il costo di energia elettrica, si rallenta la blockchain e i miner kazaki protestano con la gente comune. E forse è tempo di una regolazione di tutto il mondo cripto
di ARTURO DI CORINTO per ItalianTech/LaRepubblica del 10 Gennaio 2022
Il valore del Bitcoin è crollato a 36mila euro e forse c’entra pure la protesta kazaka: sono molti gli osservatori che hanno messo in relazione l’aumento della presenza di miner illegali di criptomonete nel Paese con la decisione del governo di tassare il consumo di energia e le rivolte di piazza.
Ma che c’entra il Bitcoin con le rivolte di piazza? Da quando la Cina ha messo fuorilegge la produzione e la commercializzazione di criptovalute, molte aziende del settore si sono spostate proprio in Kazakistan per sfruttare una regolamentazione favorevole e un basso costo dell’energia prodotta da fonti non rinnovabili. Questo ha contribuito a incrementare il consumo di energia elettrica del 10% e indotto il governo ad aumentare i prezzi dell’energia con l’imposizione di nuove tasse. Tasse che hanno determinato una vera e propria ribellione dei cittadini, con morti e feriti, cui si sono aggiunti i miner legali e illegali che avrebbero soffiato sul fuoco sulle rivolte.
Con un effetto boomerang: per silenziare le proteste, il governo ha bloccato Internet, allo stesso tempo bloccando la capacità dei miner di estrarre criptovalute, impedendo l’aggiornamento della blockchain. Risultato? La potenza di calcolo globale della rete di Bitcoin è di colpo crollata del 14%, con un rallentamento globale delle transazioni in Bitcoin e una sostanziale difficoltà di minarne di nuovi.