“Solo nel mese di ottobre ci sono stati blackout in 6 regioni del Paese – ha spiegato Sergio Bellucci, saggista ed esperto di tecnologie – e diverse analisi hanno fatto risalire i blackout all’aumento di richiesta di energia per lo più dei miner abusivi, che hanno impianti di estrazione nelle loro case o addirittura nelle fattorie. Il governo kazako aveva annunciato che avrebbe incrementato la produzione e implementato logiche distributive per fare fronte alla crisi energetica anche attraverso l’importazione di energia da una confinante società elettrica russa. Aveva anche annunciato per le attività di miner una tassa di 1 tenge (0,002 euro) per kWh di energia usata. Tuttavia, quest’ultima iniziativa sarebbe stata solo a carico dei miner regolari e non di quelli abusivi. Poi sono arrivati i tagli mirati alla distribuzione di energia per queste attività”.
Ancora: “La crisi energetica in Kazakistan si somma sicuramente a una crisi sociale e politica sottostante, ma la famosa scintilla va cercata negli enormi interessi del mondo del mining e delle criptovalute connesse, divenute un asset strutturale del mondo finanziario non solo in termini di speculazione delle criptovalute, ma per tutte le attività di smart contract ormai implementate dal sistema bancario e finanziario.”
Fino a pochi mesi fa, il 18% del mining mondiale avveniva in Kazakistan, facendone schizzare l’hashrate al secondo posto nel mondo: è il valore complessivo della potenza informatica necessaria al mining dei Bitcoin e al funzionamento della blockchain di cui le criptovalute sono il premio per l’aggiunta di nuovi blocchi alla blockchain che certifica le transazioni avvenute in Rete.
Secondo Daniele Monteleone, pioniere delle criptovalute e imprenditore, non è proprio così: “È vero, l’interruzione dovuta ai blackout unita all’aumento dei prezzi sta mandando al collasso i miner kazaki. Il protocollo Bitcoin impiega un paio di settimane ad autoaggiustarsi, cioè a correggere il livello di difficoltà. Quindi nel frattempo produrre blocchi richiederà più tempo con aumento del costo delle transazioni.Successivamente, venendo a mancare una quantità importante di hashrate, produrre un Bitcoin costerà meno, pertanto chi li produce può anche vendere a un prezzo inferiore, mantenendo il guadagno”.
Ma allora dipende da questo il crollo del Bitcoin? Che previsioni possiamo fare? “Chi può si rifugerà in alt-coin (alternative coin del tipo Pos o stable), facendo perdere ulteriore dominance al Bitcoin. Nel breve periodo, comunque, il mercato riassorbirà una parte di queste scosse, offrendo un’interessante volatilità. I miner kazaki dovranno valutare quanto convenga permanere nel business con le nuove condizioni di mercato nel medio termine”.
Il futuro del mining: che cosa potrebbe succedere?
Che scenari si aprono? “A questo punto: i miner restano nel Paese asiatico, anche se con costi maggiori, e questo comunque influenzerà il mercato con una leggera spinta al rialzo; i miner abbandonano, quindi inizieranno a svendere le loro infrastrutture a Paesi stranieri. Non è un fatto tragico in questo settore, dato che il costo dell’hardware di mining lo si è già recuperato nel primo anno di esercizio, e poi i miner possono rivendere l’hardware praticamente a qualsiasi prezzo. Anche in questo caso, in cui l’hashrate si sposta da un Paese che era più competitivo (il Kazakistan) a un altro Paese che lo è meno, influenza il mercato al rialzo”. Ancora: “Ecco perché in entrambi i casi il mercato riassorbirà il drop (limitatamente all’empasse kazako), senza considerare quindi anche altri fattori globali che ne stanno determinando l’andamento”.
Non tutti sono d’accordo sul futuro del mining e degli effetti di questa crisi. Altri analisti ritengono che il crollo di valore dei Bitcoin e dei criptoasset associati è più probabilmente una reazione degli investitori alla decisione della Fed di aumentare i tassi di interesse prima del previsto. Ma questa crisi fa pensare che servono correttivi, a cominciare dall’uso di energia pulita per il digitale e le blockchain pubbliche e private.
Sempre secondo Bellucci, “la crisi del Kazakistan sarà ricordata come la prima rivolta innescata direttamente dagli interessi del mondo digitale, che poi è parte sostanziale del mondo reale di oggi. Il mondo è ormai uno e, come per l’emigrazione, i confini nazionali e le responsabilità globali (si pensi al contributo alla produzione di CO2 di queste attività, ndr) non possono più poggiare su scelte locali”.
È chiaro che blockchain e criptovalute sono alla base di una rivoluzione che ha investito tutta la società, anche se non ce ne accorgiamo tutti: smart contract, mercato degli Nft, Web 3, risparmio e consumi. L’esempio perfetto sono i criptoasset alla base della finanza decentralizzata, che consente di ricreare servizi finanziari senza la necessità di coinvolgere una terza parte, come una banca.
Come ci ha detto Orlando Merone, country manager di Bitpanda, “la blockchain è essenziale per le criptovalute perché permette di mantenere un registro distribuito di dati contenenti le varie transazioni, un registro decentralizzato attraverso cui è possibile scambiare asset digitali, memorizzare ed elaborare informazioni sensibili. Bitcoin e le criptovalute rappresentano solo una delle tante applicazioni di questa tecnologia: con essa si possono sottoscrivere contratti, verificare identità digitali e tanto altro ancora”.
Forse anche per questo, quello che è accaduto potrebbe diventare la spinta per una migliore regolazione dei criptoasset, delle stablecoin e delle valute digitali su cui gli Stati cominciano a investire. Secondo Merone si tratta comunque di un argomento delicato: “Resta da verificare quale sarà la relazione tra quelle che dovrebbero essere le Central Bank Digital Currency e le altre stablecoin. Nel complesso, crediamo che l’Unione europea sia in una buona posizione per dare l’esempio e stabilire regole eque per creare un vero mercato unico delle criptovalute che salvaguardi gli interessi dei consumatori e la stabilità finanziaria. L’Ue dovrebbe accogliere e promuovere il potenziale innovativo della tecnologia Dlt, le opportunità che potrà creare così come la nuova generazione di investitori europei, sia individuali sia istituzionali”.
Stiamo parlando del Mica, Market in Crypto assets regulation? “Se legiferato bene, il Mica ha il potenziale per diventare un elemento vitale nella missione generale dell’Ue di preparare e attrezzare l’economia per l’era digitale. La cosa più importante è che il Mica fornirà una completa armonizzazione in tutta l’Ue. Il nuovo regolamento fornirà una classificazione legale dei cripto-asset e delle regole distinte per la loro emissione. Offrirà una licenza unica e un passaporto per fornire servizi in tutta Europa, facilitando così la crescita di un mercato unico dei cripto-asset”.
Considerando lo sviluppo dinamico della tecnologia blockchain e delle criptovalute stesse, un elemento importante della futura legislazione sarà la flessibilità dei suoi princìpi, permettendo alle regole comunitarie di adattarsi ai cambiamenti del mercato, sia nei suoi aspetti tecnologici sia legali: Questa è la principale richiesta sollevata dalle entità già attive sul mercato, inclusa Bitpanda – ha aggiunto Merone – La chiave per il successo del regolamento sarà trovare il giusto equilibrio tra gli obiettivi politici dichiarati, in particolare per quanto riguarda la promozione di un ambiente che rimane aperto e favorevole all’innovazione”.
Il mondo delle criptovalute è ancora un ecosistema in fase di maturazione, dunque è difficile prevedere in quale direzione e in che misura si svilupperà, ma l’emergere della finanza decentralizzata e la creatività dell’ecosistema sono, secondo Merone, un segnale positivo in termini di opportunità: “Una fra le principali sfide resta quella di garantire che l’ascesa delle criptovalute e della finanza decentralizzata contribuiscano all’efficacia e alla sicurezza del nostro sistema finanziario”.