Agenzia digitale italiana
Ragosa è il supercandidato
Pronta la nomina del nuovo direttore, in pole position l’ex Chief information officer di Poste Italiane. Dovrebbe essere formalizzata al consiglio dei ministri di domani. Una “candidatura di sistema” di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 29 ottobre 2012
QUASI accordo sulla nomina del direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale. Dopo molti ritardi e polemiche. Deciderà domani il Consiglio de Ministri. Il supercandidato è Agostino Ragosa, ingegnere, ex Chief information officer di Poste Italiane. Al tecnico quindi il compito di trasformare gli enti che vi sono confluiti in una macchina efficiente in grado di rispondere a un Paese che vuole fare dell’innovazione digitale il motore della propria economia. E così, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Crescita 2.0, contenente i provvedimenti per l’Agenda Digitale, pare in dirittura d’arrivo anche la nomina del direttore che avrà il compito di attuarla.
Il condizionale è d’obbligo perché nonostante la sua candidatura fosse rimbalzata in rete dai primi di ottobre, non c’è ancora stata la formalizzazione dell’incarico che dovrebbe arrivare dal Consiglio dei ministri di domani. Un fatto che non ha mancato di suscitare polemiche, più per la fuga di notizie dei giorni scorsi che per la persona, la quale, nonostante i molti ruoli di responsabilità ricoperti in importanti aziende di stato, non è molto conosciuto. Sessantaduenne, salernitano, laureato ingegnere in telecomunicazioni al Politecnico di Napoli, Agostino Ragosa ha ricoperto l’incarico di Cio di Poste Italiane e quello di consigliere di Postecom. La sua carriera in un certo senso sembra aver seguito gli alti e i bassi delle Tlc italiane. Dieci anni in Telecom Italia, dai servizi al retail fino alla Direzione della Società Learning Services finita tra le polemiche, consigliere di amministrazione in Telespazio, Telesoft, Atesia, è stato anche direttore operativo in Italcable prima di approdare alle Poste. Incarico che dovrebbe lasciare per il nuovo lavoro. Fu sua la scelta ardita, ma certo innovativa, di portare l’architettura informatica di Poste su Ip, cioè su Internet, appoggiandosi interamente a Telecom e Ibm. Una scelta pagata, dopo i fermi delle poste nel 2011 – due giorni in cui negli uffici non si potevano pagare i pensionati – con la “promozione” da responsabile IT a responsabile dei progetti speciali delle Poste italiane.
In seguito ai rumors dei giorni scorsi che avevano ristretto la lista dei papabili per l’Agenzia a soli quattro nomi, Danilo Broggi (Poste, ex Consip), Stefano De Capitani (Csi Piemonte), Maria Pia Sassano (Agenzia delle Entrate) e lo stesso Ragosa, alcuni ministri avevano fortemente insistito per nominare una donna con profilo internazionale e forti competenze manageriali. Ma così non è stato. Causa i veti incrociati tra Passera e Profumo che hanno bruciato il professor Calderini a cui veniva contrapposto Roberto Sambuco, si era aperta la caccia al direttore. I nomi fatti sono stati tanti. Tra i 260 curricula scrutinati quelli che sembravano avere i numeri per farcela erano Salvo Mizzi di Telecom Italia e Stefano Parisi di Confindustria Digitale.
Ma la nomina del direttore “non è un problema di nomi, quanto di strategia, che non c’è”, dice Carlo Mochi Sismondi di Forum PA.
È vero però che la governance di un ente come quello dell’Agenzia per l’Italia Digitale che ha inglobato per legge l’Agenzia per l’innovazione, il Dipartimento per la digitalizzazione del Consiglio dei Ministri, l’Iscom e la vecchia DigitPa, subendo il trasferimento di molti poteri a Consip, dipenderà molto da come il suo direttore ne interpreterà la governance.
Su questo Linda Lanzillotta (ex API), tra i parlamentari più attenti alle dinamiche dell’innovazione ci ha detto: “Io non giudico le persone. Ho criticato però fin dall’inizio l’idea di cercare il direttore tra i manager informatici del nostro paese. Quel ruolo implica la capacità di relazionarsi con l’amministrazione ad alti livelli e presuppone anche una vision politica”.
E infatti Ragosa è un tecnico. La sua scelta potrebbe essere interpretata come il sigillo definitivo alla scelta del Mise di avere nell’agenzia un organo di riferimento senza alcuna inflenza sui ministri competenti per l’agenda digitale. “Che non dia fastidio all’Agcom, non tocchi il tema frequenze e copyright e sulla rete lasci fare ai vecchi monopolisti”, ci dice l”ex Agcom Nicola D’Angelo.
Mentre la politica sta con la bocca cucita, su Twitter i pareri si scatenano: “Va bene che s’è inventato postepay e i servizi postali online, ma non era meglio uno magari più giovane e fuori dai soliti giri?”. “E’ un paese incapace di fare scelte in discontinuità”, si legge in un altro tweet.
Se è vero che la sua candidatura è stata fortemente opzionata dal Mise, ma originata nell’entourage berlusconiano di Catricalà, i più maligni dicono che uno dei criteri della scelta fosse che doveva essere qualcuno vicino alla pensione. “La cosa importante”, ci dice uno dei candidati che non vuole essere citato, “è capire cosa dovrà fare. E cioè fare standard e fare gare, rapportarsi con le amministrazioni regionali, conoscere i piani di sviluppo europei e rimettere il paese in corsa sul digitale affrontandone i ritardi”. “Ad esempio dovrà chiedersi perché il piano nazionale della banda larga, dal 2008 fino a oggi, non ha portato risultati lasciandoci alla stessa posizione in Europa”. Ve benissimo progettare le smart city, ma se non abbiamo la rete come si fa?
(29 ottobre 2012)