La Repubblica: Iperconnessi ma anche fragili Chi vince nel nuovo mondo?

Iperconnessi ma anche fragili
Chi vince nel nuovo mondo?

Una ricerca del Pew Internet Project e della Elon University riflette sul rischio di essere sempre connessi per giovani e adolescenti. E si divide di ARTURO DI CORINTO
per Repubblica del 13 Marzo

Giovani e adolescenti cresciuti con la presenza costante di Internet sono capaci di dedicare la propria attenzione a molte cose contemporaneamente. La rete è per loro una protesi cognitiva e la consuetudine al suo utilizzo fa in modo che imparino ad affrontare il mondo e i suoi problemi in maniera diversa dai genitori e dagli adulti. Una ricerca della Elon University e del Pew Internet Project sostiene che gli effetti dell’esposizione costante alle informazioni in rete influenza grandemente gli stili di vita dei giovani. In maniera positiva, almeno per ora. I 1000 esperti intervistati nella ricerca predicono infatti che la generazione cresciuta con Internet, i cosiddetti “Millennial” corre il rischio di non sapere esercitare l’attesa, la pazienza, e il pensiero critico, proprio a causa dell’ “iperconnessione”.
Che si tratti infatti di di twittare, googlare, likare o messaggiare, la generazione AO (Always On, “sempre connessa”), è costituita da un gran numero di collettori di informazione. Se sfruttano con competenza il potere dell’intelligenza connettiva, o rischiano di trasformarsi in “droni” manipolabili con scarsa capacità d’attenzione è un dibattito aperto.

I due think tank della ricerca scientifica su Internet hanno così intervistato via email, Facebook o Twitter oltre mille esperti – docenti, tecnologi, scienziati e filosofi – tra cui Clay Shirky (New York University), Hal Varian (Google), John Grudin (Microsoft) e Rebecca McKinnon (GlobalVoices), per capire cosa ci dobbiamo aspettare dalle generazioni del futuro che crescono a “pane e Internet”.
Le risposte ottimistiche della metà degli intervistati secondo cui i giovani stanno imparando un modo e utile modo di apprendere, attraverso la cooperazione, cambiando modelli di pensiero e schemi cognitivi, sono state quasi pari a quelle pessimistiche secondo cui la generazione iperconnessa manifesterà sempre di più scarsità d’attenzione e difficoltà di problem solving.
E in questo la ricerca riecheggia il carteggio sulle pagine di Repubblica fra le tesi di Alessandro Baricco, secondo cui i “nuovi barbari” sono capaci di surfare l’informazione e usarla pur senza approfondirla, ed Eugenio Scalfari che invece evidenziava i problemi dei giovani abituati all’informazione fast-food.

In sintesi quello che la ricerca evidenzia è che il nostro ambiente sarà per forza di cose sempre più “wired” e caratterizzato da un costante flussi di dati digitali. Quelli che lo sapranno padroneggiare meglio saranno i “vincitori” delle sfide del futuro.
Psicologi e scienziati ritengono che si modificheranno le connessioni cerebrali per imparare a sopravvivere a questo nuovo ambiente, soprattutto perchè i ricordi somiglieranno sempre di più a dei “link” verso memorie esterne recuperabili come indirizzi web e parole chiave, piuttosto che a percorsi di ricerca nella nostra stessa memoria. Con questo aiuto potente, dicono, riusciremo a svolgere meglio i compiti quotidiani. Ma c’è chi sostiene che i giovani abituati a una dieta informativa basata sul recupero di informazioni da usare subito per affrontare o risolvere un problema immediato saranno meno capaci di avviare un’analisi critica e profonda su temi e informazioni complesse. Col risultato di scelte approssimative, l’attesa di una gratificazione istantanea e poca pazienza, specie per quelli che non hanno un’adeguata motivazione e educazione per gestire il nuovo ambiente digitale. “Un possibile risultato è la stagnazione dell’innovazione.”
Guardando gli aspetti sociali più che quelli personali dell’ambiente digitale un’altra possibilità è però che, evolvendosi le strutture sociali si creerà una nuova divisione del lavoro fra quelli che danno risposte pronte e corrette perchè capaci di sfruttare i flussi di informazione e gli specialisti che basano le loro azioni sul pensiero lungo.

Vincitori e perdenti non sarebbero quindi divisi solo dalla velocità. Secondo la studiosa dei media Danah Boyd “ci saranno nuove e preoccupanti divisioni sociali di classe intorno a lavoro, capacità e attenzione”. Ma Tiffany Shlain, regista del film “Connected” e fondatrice dei Webby Awards dice che “quello che distinguerà perdenti e vincitori sarà la capacità di collocare l’attenzione in maniera bilanciata in questo nuovo ambiente digitale”. Per Jonathan Grudin, capo delle ricerche alla Microsoft, “le fondamentali capacità di ricerca rapida, navigazione, valutazione della qualità e sintesi delle informazioni saranno centrali, mentre la capacità di di leggere, ragionare e riflettere su una cosa alla volta, magari per ore, non farà la differenza.”. Qualcun altro, come Christopher J. Ferguson, professore all’università internazionale del Texas sostiene che “questo panico morale intorno agli effetti delle nuove tecnologia ce lo portiamo appresso da sempre ma, come altre rivoluzioni tecniche hanno dimostrato, non porterà alla fine della civiltà.” Gli fa eco il capo economista di Google, Hal Varian, che per l’occassione ha detto: “Il nuovo ambiente [iperconnesso] offrirà molte occasioni per risparmiare tempo e per perderlo e le persone si avvantaggeranno di tutt’e due le opportunità. Tuttavia mi sento ottimista nel constatare che una parte sempre più ampia del mondo potrà accedere a tutta la conoscenza umana. E deve per forza essere una cosa buona.”

Quello che chiaramenta emerge dalle risposte degli intervistati però, e non riguarda solo gli insegnanti, i più critici verso il nuovo ambiente digitale, è che sembra necessaria una solida riforma dei metodi educativi che insegnino come trarre il meglio dalle opportunità del digitale cominciando col riconoscere che oggi la distrazione è la norma e che gli educatori dovrebbero insegnare come gestire fonti di informazioni multiple enfatizzando le capacità di filtraggio, analisi e sintesi dell’informazione. Anche se, forse, come dice il futurista Marcel Bullinga, “bisognerebbe anche tornare ad imparare il valore del silenzio, della contemplazione e, qualche volta, a “ignorare le persone”.

1 – Sito del Pew Internet Project
http://pewinternet.org/topics/Future-of-the-internet.aspx

2 – Il progetto di ricerca della scuola di comunicazione della Elon University
http://imaginingtheinternet.org

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