Intervista Radiocorriere TV: Www compie 25 anni fa. Arturo Di Corinto, “Ha democratizzato l’accesso al sapere”

WWW compie 25 anni fa. Arturo Di Corinto, “Ha democratizzato l’accesso al sapere”

Intervista di Stefano Corradino ad Arturo Di Corinto

25 anni fa, nel novembre 1990 nasce la prima pagina “www”, quelle tre lettere che noi, allacciandoci ad internet, digitiamo prima dell’indirizzo al quale vogliamo collegarci. Queste tre doppie w hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione. Il Radiocorriere tv ne parla con Arturo Di Corinto, giornalista ed uno dei principali esperti italiani del web. “Le tre www – ci spiega in premessa Di Corinto – sono un protocollo di comunicazione. Ci spiegano che noi stiamo facendo una richiesta a un server che ci consente di visualizzare la parte grafica e multimediale delle informazioni che sono accessibili attraverso la rete internet. Grazie a un linguaggio di formattazione, ci consentono di vedere una pagina colorata, foto, video, caratteri piccoli o grandi e così via…”

E prima delle 3 www cosa c’era?
C’erano delle directory, create da appassionati ed esperti,  organizzate come una sequenza di link. Si cliccava su un “hyperlink” e attraverso il protocollo “http” arrivavi a una determinata pagina. Http, www o ftp non sono altro che protocolli di comunicazione grazie ai quali computer diversi, gestiti in modalità diverse e in luoghi diversi si parlano tra loro. Quando tu inoltri una richiesta attraverso internet di fatto stai andando a cercare un computer dove ci sono le informazioni che ti interessano.

Praticamente il concetto base è quello del telefono.
Esattamente, con la differenza che queste comunicazioni anziché veicolare voci trasportavano dati.

La prima comunicazione tra i computer quando avviene?
Si può far risalire al 1969 quando si sperimentò la prima connessione fra i computer di quattro università statunitensi: Stanford, Berkeley, Huta e Nevada. Quando si vide che questo progetto di collegamento funzionava e i dati si potevano trasferire in maniera agevole si capì che si potevano incrementare in modo esponenziale i nodi collegati.

In che modo il web ha cambiato la vita quotidiana?
Il vecchio adagio secondo lui l’informazione è potere ha un senso: la possibilità di accedere a una quantità di informazioni maggiore rispetto al passato, in maniera facile e veloce, ha trasformato in meglio la vita di tutti. Internet ha reso le società più trasparenti e informate, ha consentito a molte persone di appropriarsi (o riappropriarsi) della propria comunicazione saltando gli intermediari tradizionali costituti dai centri di diffusione delle informazioni. Ha democratizzato l’accesso al sapere. Prima dovevi andare a scuola, in biblioteca, in chiesa. Dovevi acquistare un giornale, ascoltare la radio, andare al cinema o guardare la tv. Con internet tutte queste attività vengono in qualche modo riorganizzate e assimiliate e tutto il sapere trasmesso da questi centri tradizionali è possibile trovarlo in internet in un formato grafico e multimediale. E’ ovvio però che ciò che si trova in internet è solo quello che ci viene messo…

Ci sono ancora molte realtà del mondo dove internet è scarsamente diffuso. Il superamento del cosiddetto “digital divide” – il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione – può consentire anche il miglioramento delle condizioni socioeconomiche?
Ovviamente sì. Avere l’accesso al web significa, ad esempio, per una comunità di agricoltori, poter conoscere in tempo reale le richieste dei mercati, quindi decidere se devono portare le loro derrate alimentari al mercato per venderle oppure se non vale la pena di spostarsi perché quel giorno il prezzo è troppo basso. O penso ad alcuni artigiani toscani che hanno reinventato la loro attività di costruzione di sede impagliate e grazie al web le vendono preferenzialmente in Giappone. O le donne del Marocco che hanno trovato una nuova autonomia sociale vendendo i loro tappeti attraverso internet. Ovvio che i tappeti li fanno loro nelle tende o in mezzo a zone semi deserte, però poi, grazie all’accesso al web possono comunicare con gli acquirenti, attraverso una piattaforma di commercio elettronico o magari con una banale casella di posta elettronica. Il web favorisce la disintermediazione.

In paesi come l’Afghanistan però questo ad esempio non è consentito.
O in Arabia Saudita dove i cyber cafè sono ancora preclusi alle donne e questo, in società fortemente patriarcali, non consente loro di emanciparsi adeguatamente.

Oggi si parla molto del rapporto fra internet e televisione. In che modo la tv deve reinventarsi per non essere obsoleta rispetto allo strumento più dinamico del web?
La tv deve giocare in sinergia con internet, con la qualità dei propri contenuti, l’etica dei propri valori e con l’approccio culturale, didattico, pedagogico e informativo che ha sempre avuto come prima industria culturale italiana. Non ci deve essere uno scontro o un conflitto ma una collaborazione sapendo che internet è una piattaforma su cui bisogna adattare i propri bersagli e linguaggi. La tv è “broadcast” parla da uno a molti, dal centro alla periferia. Internet invece è “multitask” o “narrowcast”. Si parla tutti con tutti e col proprio vicino. Se la tv è capace di ripensarsi può giocare un ruolo fondamentale. Se facesse un lavoro come quello fatto dal maestro Manzi per quanto riguarda l’alfabetizzazione degli italiani alla lingua la Rai riuscirebbe ad avere una posizione di assoluto rilievo nel panorama editoriale informazionale e comunicativo del web.

Nel mondo virtuale si possono determinare le stesse dinamiche dell’informazione tradizionale. Ivi compresi i tentativi di bavagli o censure.
Avviene fin dai suoi albori. C’è sempre qualcuno che è tentato di “spegnere le trasmissioni” perché  internet moltiplica la possibilità di produrre la propria informazione, sfuggendo ad ogni tipo di controllo economico, politico o industriale. Sono stati censurati i dissidenti politici, le opposizioni dentro stati autoritari, l’informazione indipendente…  La voglia di censura dipende da questo. Dal fatto che con spese ridottissime tutti hanno un palcoscenico per parlare con il mondo. E quando succede ciò qualcuno vorrebbe controllare quello che dicono…

Intervista di Stefano Corradino pubblicata sul Radiocorriere tv

 

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