Tor sciopera, l’anonimato in rete è a rischio per 24 ore
Un gruppo di autoconvocati ha deciso che il primo settembre spegnerà per un giorno la rete di anonimizzazione del progetto. E in rete scoppia il putiferio
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 25 agosto 2016
SCIOPERO a Tor, il servizio che consente di navigare in modo anonimo in Rete. Lo hanno indetto alcuni lavoratori del progetto per il primo settembre. Le ragioni sono due: la prima è che non condividono la scelta del licenziamento di Jacop Appelbaum, uno dei suoi più noti attivisti, in seguito a un’inchiesta interna per molestie sessuali, il secondo è che non accettano l’idea di assumere un ex-CIA nella gestione del progetto. L’annuncio è arrivato via Pastebin il giorno 22 agosto e da allora ha riscosso più di una dichiarazione di sostegno.
Pur nella differenza delle reazioni questo è uno dei momenti più difficili per il Tor Project che, lo ricordiamo, è un progetto di anonimizzazione in rete dedicato a chiunque voglia proteggere la propria privacy dalle ingerenze di governi, aziende, gruppi criminali o di pressione. È basato su un network di server, i relay Tor, che rimbalzano le comunicazioni cifrate con il software omonimo e in questo modo garantiscono la sicurezza degli scambi che sulla sua rete avvengono.
Come funzione TOR. Nonostante la sua funzionalità sia stata messa in discussione e in un paio di casi sono state trovate delle falle, subito corrette, nel software, Tor impedisce l’analisi del traffico delle comunicazioni via internet, dalla navigazione alle chat, proprio attraverso quei computer intermedi, gli onion router, gestiti dagli stessi volontari che adesso minacciano lo sciopero, che proteggono i dati trasmessi in rete rivestendoli con tre strati successivi di crittografia. Da qui il nome del progetto: onion in inglese vuol dire cipolla. E Tor è fatto a strati proprio come le cipolle. Da quando è stato “ceduto” dai militari a una fondazione indipendente, The Tor Project ha incarnato l’utopia dell’anonimato su Internet degli hacker delle origini per permettere agli attivisti per i diritti umani e civili, di potere esprimersi liberamente al riparo delle rappresaglie di ogni tipo di potere.
Negli anni Tor è stato utilizzato per diffondere in sicurezza le immagini delle torture siriane, degli sfollati dai campi profughi palestinesi, o per propagandare fedi e religioni fuorilegge come nel caso di Falun Gong in Cina. Ma Tor viene usato anche nei paesi democratici, come negli Usa, dove un anno fa la “rivolta delle biblioteche” impedì all’FBI di vietare l’uso del software Tor ai cittadini che grazie all’anonimato che garantisce possono ricercare liberamente informazioni su temi controversi o discutere di questioni delicate – ad esempio l’uso di droghe o le violenze domestiche – senza rischiare che qualcun altro lo sappia, esercitando un potere ricattatorio nei confronti di chi lo fa.
Cosa vogliono gli scioperanti. A questo punto, anche senza sapere se lo sciopero andrà a buon fine, è meglio che nessuno usi Tor il primo settembre. Come hanno detto gli autoconvocati su internet, per la propria sicurezza non bisogna usare Tor o altri network ad esso collegati e di avvertire quante più persone possibili di farlo per tutta la giornata dello sciopero. Ma l’appello è soprattutto rivolto a chi lavora pagato oppure contribuisce volontariamente al progetto, di spegnere l’infrastruttura, di smettere lo sviluppo o il mantenimento del software Tor. Ma anche di chiederlo a chiunque sia associato con Tails (The Incognito Live System) e il Library Freedom Project, chiedendogli solidarietà e di raccontare ogni cosa sulla vicenda e di comuncarlo con l’hashtag #jakegate per le accuse contro Appelbaum e #torgate per quanto riguarda le assunzioni di agenti CIA.
Gli operatori in rivolta chiedono anche di usare l’hashtag #torstrike e di spiegare a chiunque cosa sta accadendo con l’hashtag #torstory e di usare tutti gli strumenti tipici dell’attivismo in rete per contribuire alla protesta e animare il dibattito. Quindi di creare infografiche esplicative e volantini digitali fino alle lettere di protesta indirizzate al tor project ma, ribadiscono “in maniera costruttiva”, partecipando se possibile alle azioni dirette che saranno immaginate da qui a settembre.
Gli estensori del documento sono molto netti: “Per reinstaurare la fiducia perduta è necessario che tutta la vicenda relativa all’inchiesta su Applebaum sia resa pubblica e che chiunque coinvolto in questa vicenda, anche come accusatore, interrompa ogni legame col progetto Tor”. Ma sopratutto viene messo in discussione il rapporto col New York Times che per primo ha ricevuto le notizie dell’inchiesta interna sul comportamento di Appelbaum e che non avrebbe tenuto conto di voci diverse da quelle degli accusatori.
Secondo le stime di OnionView, un progetto web-based che mappa il numero di nodi Tor nel mondo e della loro collocazione geografica, in Italia sono potenzialmente interessati dallo sciopero quasi 30 nodi Tor da Milano a Catania.