La Corte dei conti bacchetta la cybersecurity europea
HACKER’S DICTIONARY. Gli attacchi gravi sono decuplicati tra il 2018 e il 2021, ma le paghe basse, la scarsa condivisione delle informazioni e il mancato rispetto dei controlli essenziali rendono l’Unione Europea vulnerabile agli attacchi informatici
di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 31 Marzo 2022
Stavolta lo schiaffo arriva direttamente dalla Corte dei Conti Europea, che in una relazione speciale lamenta l’impreparazione degli organismi europei di cybersicurezza di fronte alle minacce informatiche.
Affermazione grave, se consideriamo che molte ricerche indicano l’Europa come bersaglio privilegiato dei criminali e che, secondo Check Point Software, nella scorsa settimana la media degli attacchi in Europa è stata del 18% più alta rispetto a prima dell’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina.
Secondo i magistrati di Bruxelles, infatti, il numero di incidenti significativi registrati dagli organismi dell’Ue è più che decuplicato tra il 2018 e il 2021 e il telelavoro ha aumentato considerevolmente i potenziali punti di accesso per gli aggressori.
Tali incidenti sono generalmente causati da attacchi informatici sofisticati, che includono l’uso di nuovi metodi o tecnologie, per cui le indagini su tali incidenti e il ripristino del normale funzionamento possono richiedere settimane, a volte mesi.
Un esempio è stato il cyberattacco sferrato nei confronti dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema), che ha portato alla divulgazione di dati sensibili, poi manipolati per minare la fiducia nei vaccini.
La corte, che ha analizzato attraverso un audit dettagliato la capacità di cyber-resilienza di 65 organizzazioni dei paesi membri UE, raccomanda pertanto l’introduzione di norme vincolanti in materia di cybersicurezza e un aumento delle risorse della squadra di pronto intervento informatico (Cert-Ue), una maggiore cooperazione tra gli organismi dell’Ue e un maggiore sostegno agli organismi europei, che hanno minore esperienza nella gestione della cybersicurezza.
«Le istituzioni, organi e agenzie dell’Ue sono obiettivi interessanti per potenziali aggressori, in particolare per i gruppi in grado di attuare attacchi altamente sofisticati ed invisibili a fini di cyberspionaggio o altre finalità illecite» ha dichiarato Bettina Jakobsen, il membro della Corte responsabile dell’audit.
«Tali attacchi possono comportare significative implicazioni politiche, nuocere alla reputazione generale dell’Ue e minare la fiducia nelle sue istituzioni. L’Ue deve fare di più per proteggere i propri organismi».
La principale constatazione della Corte è che istituzioni, organi e agenzie dell’Ue non sono sempre adeguatamente protetti dalle minacce informatiche. E i motivi sono piuttosto gravi: «Non adottano un approccio uniforme alla cybersicurezza, non sempre applicano i controlli essenziali e le buone pratiche in materia e non forniscono formazione sistematica a tale riguardo, inoltre le risorse e le spese destinate alla cybersicurezza variano notevolmente tra enti omologhi di dimensioni analoghe».
Un altro difetto è l’assenza di una condivisione tempestiva delle comunicazioni sulle vulnerabilità e sugli incidenti significativi di cybersicurezza di cui gli enti europei sono stati vittime e che possono avere ripercussioni su altri organismi.
La Corte sottolinea infatti che le carenze della cybersicurezza in un organismo dell’Ue possono esporre numerose altre organizzazioni a minacce informatiche.
Perfino il Cert-Ue e l’Agenzia dell’Unione europea per la cybersicurezza (Enisa) a causa delle risorse limitate e della priorità attribuita ad altri ambiti, non sono state in grado di fornire tutto il sostegno di cui gli organismi dell’Ue necessitano.
Uno dei motivi è che oltre due terzi del personale esperto della Cert-Ue ha contratti temporanei con retribuzioni poco competitive sul mercato e non riescono a evitare che vadano a lavorare altrove. Parole sante.cybersecurity