Cybersecurity: L’ISIS è vivo e vegeto e usa Telegram, ecco perché

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L’ISIS è vivo e vegeto e usa Telegram, ecco perché

Secondo un rapporto del Memri Telegram è l’app preferita da molti affiliati all’Isis che avrebbero addirittura organizzato una migrazione di massa verso i suoi canali

Arturo Di Corinto per Cybersecurity del 28 dicembre 2016

L’Isis usa Telegram anche più di Twitter. L’allarme viene dal Memri, Middle East Media Research Institute, i cui ricercatori seguono da tempo l’andamento delle discussioni sui canali social intestati al sedicente stato islamico.

Il rapporto del Middle East Media Research Institute

Secondo l’ultimo rapporto dei ricercatori del Memri infatti, Telegram costituirebbe un luogo di incontro e indottrinamento privilegiato per i futuri jihadisti che lo usano per avvicinare i più giovani e reclutare nuovi “martiri”. Proprio come accaduto prima del Natale quando uno dei canali telegram dello stato islamico è stato usato per chiedere nuovi volontari pronti al martirio. Non solo, alcuni ricercatori sono riusciti a monitorare alcune delle conversazioni tra i potenziali terroristi simpatizzanti dell’Isis, a cogliere i dettagli di future operazioni e a catturare messaggi di questo tenore: “Natale e Capodanno sono vicini. Prepariamo un regalo per quegli sporchi maiali”.

Il 23 dicembre l’Isis ha anche rilasciato un video attraverso Telegram in cui Anis Amri, il tunisino ucciso dalla polizia italiana a Sesto San Giovanni dopo aver trucidato 12 persone a Berlino, dichiarava la sua appartenenza al gruppo.
Secondo Steven Stalinsky, tra gli estensori del report che sta allarmando intelligence e cancellerie, Telgram insomma non verrebbe usato solo per scambiarsi messaggi privati ma come mezzo di propaganda in chiaro.

Perchè i terroristi usano Telegram

Le ragioni del successo di Telegram tra affiliati e simpatizzanti jihadisti ha probabilmente diverse ragioni, sostengono i ricercatori, sia perché è facile da usare, sia perché, al contrario di Twitter e Facebook, Telegram non sta facendo niente per fermare la sua adozione da parte dei terroristi che incoraggiano i propri seguaci ad usarlo.
Ma per un funzionario dell’intelligence americana citato dal Washington Post l’uso di Telegram sarebbe anche la dimostrazione della flessibilità dell’organizzazione jihadista a sperimentare e adottare nuovi canali di comunicazione.
In seguito al report di Memri si sono quindi moltiplicati gli allarmi degli esperti sull’uso di Telegram da parte dei jihadisti che seppure ridimensionati costituiscono una minaccia costante. E sono in molti che incolpano la piattaforma di comunicazione creata da Pavel Durov della resilienza della loro comunicazione.

Durov non fa abbastanza contro il terrorismo

Secondo gli analisti Telegram infatti starebbe sottostimando l’uso che del suo potente software di cifratura può essere fatto per mandare messaggi segreti, al contrario di quando stanno facendo altre aziende. Durov ha contestato in varie occasioni le accuse a lui rivolte di non collaborare a sufficienza ricordando che proprio prima degli attacchi parigini Telegram aveva chiuso ben 78 canali usati dallo stato Islamico. Quindi anche se gli viene chiesto di fare di più il giovane russo che ha trasferito la sua azienda e le attività di Telegram in Germania risponde che va oltre le sue possibilità bloccare un servizio per 100 milioni di utenti e ha rigettato le accuse in un tweet.

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Una crittografia “military-grade”

Il punto è che la nuova cifratura end-to-end che Telegram implementa è assai difficile da violare e adesso che ne esiste anche una versione desktop sembra diventato lo strumento perfetto per i jihadisti che lo usano anche per inviare video e documenti corposi, non più solo messaggi.
Perciò, avvertono i ricercatori del Memri, il monitoraggio di questi canali diventa fondamentale. Anche se molte delle conversazioni sono spesso condotte in privato accade di frequente di vedere nelle chat dichiarazioni e proposte di attentati, liste di obiettivi da colpire e perfino istruzioni per costruire bombe. Segnali che, dicono i ricercatori, non possiamo permetterci di ignorare.

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