Benvenuti nell’era dell’invidia

Ma sono troppi gli utenti del Web che lo usano male.  La possibilità di dialogare alla pari con tutti ha prodotto una deriva per cui a troppi appare lecito insultare chiunque e pretendere, come dice il filosofo Maurizio Ferraris, di avere sempre ragione, assecondando un “istinto innato” (2017). Pescano nel senso comune frutto di conoscenze degradate e si atteggiano, in maniera violenta, a esperti o difensori della (loro) Verità.

Nel gergo di Internet queste persone erano conosciute come troll ma oggi si manifestano per quello che sono, fascisti, webeti e cyberbulli, propalatori di false informazioni. Sono ovunque, nella sezione dei commenti dei giornali online e dei blog.  Se c’è spazio per i commenti, indipendentemente dal contenuto, i troll, divenuti haters, saranno lì a frotte con i loro commenti scortesi, maleducati e irrispettosi.

Troveranno qualcosa di sbagliato in tutto e faranno il possibile affinché tu sappia delle loro opinioni negative per infettare come un virus la vita nel mondo reale, analogico, ormai interrelato e indistinguibile da quello virtuale delle nostre esistenze “onlife” come le chiama il professore di etica Luciano Floridi (2015).

Gli esempi delle loro aggressioni psicologiche, manifeste e mascherate, sono tantissimi, e i più giovani non ne sono immuni. Gli insulti sui gruppi di WhatsApp volano a grappoli, così come su Discord e Telegram, novella patria di gruppi organizzati di hater pronti a riversare le loro frustrazioni in luoghi più visibili come Twitter e Facebook.

Il loro unico contributo al discorso collettivo è quello di criticare commenti, opinioni o persone. Insistono a sostenere un punto di vista al di là di qualsiasi valore educativo per te o per “il pubblico” per il quale si agitano come su un palcoscenico. Non rispettano opinioni diverse e sostituiscono la logica e l’empatia con valanghe di parole, spesso insulti.

Gli attacchi dei troll spesso diventano attacchi personali al tuo modo di essere, alla famiglia, al lavoro e l’attacco diventa ad Hominem “contro l’uomo”. La maggior parte di costoro discutono con fervore di argomenti che non conoscono, anzi sembrano affetti dalla Sindrome di Dunning-Kruger: meno conoscono un argomento più si autovalutano come esperti di quell’argomento.

La violenza con cui cercano di affermarlo è spesso funzione del presunto anonimato dietro cui si nascondono. Ma le opinioni non sono fatti. E, come è stato notato, non sono mai i più bravi o i più meritevoli a diventare haters. Forse proprio perché non sono né bravi né meritevoli.