I militanti dell’etere

Telecamere e computer per fare politica. L’ultima generazione di attivisti mediatici ”
ARTURO DI CORINTO
ROMA
il manifesto 16 Marzo 2002

Tu sei il media, la tua testa la redazione, il tuo pc la tua sede” lo slogan che si legge nella firma digitale di un attivista di Indymedia sintetizza così il futuro dei media indipendenti. E ci dice che una nuova generazione di attivisti ha compreso che tutti possono fare informazione senza doverla delegare ad altri, attingendo alla propria rete di relazioni e a patto di avere un computer su cui mettere le mani. Utopico? Futuristico? No, se consideriamo lo scenario in cui i media indipendenti crescono.
Da una parte c’è la forte diffusione di tecnologie di comunicazione “personali”. Telecamere, cellulari, computer e macchine fotografiche, utilizzate all’interno dei cortei, delle manifestazioni politiche e delle iniziative culturali consentono a ciascuno di raccontare da un punto di vista interno gli eventi di cui sono protagonisti, e quindi di riappropriarsi della comunicazione che i gruppi sociali concretamente producono. Dall’altra parte, la convergenza multimediale dei contenuti della comunicazione che una volta digitalizzati possono essere riuniti dentro la scatola del computer, stare dentro una pagina web ed essere diffusi con la posta elettronica, ha fatto sì che essi possano convergere nella rete Internet e interagire con altre reti, tecniche, linguistiche e relazionali, ed essere poi ripresi da mezzi più tradizionali come radio, quotidiani, televisioni e di li’ ritornare alla Rete.
Una situazione favorita dall’adozione di piattaforme di open publishing delle informazioni, dalla diffusione di tecnologie peer to peer, di software libero e gratuito e dal carattere pubblico, universale e trasparente di Internet, che la rendono difficilmente monopolizzabile dal potere politico ed economico.
Ma questo scenario è incompleto se non si considera che alla base della diffusione dei media indipendenti c’è una cultura che considera il confronto, la condivisione e il rispetto reciproco gli elementi necessari della democrazia che si basa sulla comunicazione. In questo senso la convergenza delle attività di informazione dei video attivisti, degli hacker sociali e delle radio comunitarie in network ampi e delocalizzati, secondo un modello senza vertici né gerarchie, è stata favorita dalla creazione di comunità basate sulla fiducia e sulla reciprocità. Il Belpaese è stato la culla delle radio libere degli anni `70, ha conosciuto l’esplosione delle fanzine autoprodotte e delle case editrici indipendenti, ed ha importato con successo la cultura dei Bulletin Board Systems e delle freenet americane. Ma è anche il territorio dei centri sociali autogestiti, luoghi di contaminazione delle identità, spazi di produzione di soggettività politica, di culture e stili di vita con una naturale vocazione alla comunicazione fatta di concerti, mostre, dibattiti e rassegne teatrali, riviste e libri autoprodotti, che li configura come luoghi mediali per eccellenza (www.ecn.org) perché senza l’attitudine a comunicare il solo accesso alle tecnologie della distanza è inutile.
Ma è soprattutto il comune riconoscimento dell’importanza dell’informazione come elemento di una comunicazione che costruisce scenari di senso e contesti di azione in una società dove essa sempre di più si intreccia con le forme dell’economia e della democrazia che ha determinato il passaggio dalla “comunicazione della politica” alla “politica della comunicazione”. Di sicuro l’informazione libera e alternativa veicolata dalle reti telematiche è essenziale per costruire dal basso l’agenda politica dei movimenti e organizzare lotte e mobilitazioni consentendo la partecipazione di chi non può essere fisicamente presente lì dove le cose accadono. Ma è l’uscita della rete dal monitor con i volantini diffusi in rete e attaccati nei mercati (www.print.indymedia.org), i videowalls nelle piazze (www.strano.net), i cortei in bici dei mediattivisti (www.makaja.org), le web-radio ritramesse nell’etere (www.radiogap.net) che ne rappresenta la novità. Però si sbaglia chi considera la produzione di informazione alternativa sufficiente a modificare gli effetti del mediascape sulla società e non solo perché i mass media hanno ampiezze di pubblico incomparabili coi media alternativi ma perché più che i telegiornali sono i nani e le ballerine che producono l’immaginario influenzando i comportamenti. E la produzione di immaginario, quella bestia strana che presiede alla formazione di contenuti e di relazioni attraverso associazioni regolate dalla logica dell’emozione e del desiderio, è l’obiettivo dei videoattivisti di Candida Tv che fanno dell’ironia, del plagio dell’immediatezza delle immagini, la forza della loro “televisione fatta in casa”. http://candida.kyuzz.org. E siccome sono le immagini e la testimonianza diretta che parla con la forza e l’intensità delle emozioni vissute a scuotere gli spettatori, Indymedia usa proprio i linguaggi della multimedialità per la sua informazione www.italy.indymedia.org
La forza della comunicazione indipendente ha creato un immaginario che dice “si può fare”, proponendo stili di vita alieni alla passività e al conformismo della pubblicità e dell’industria dell’infotainment attraverso l’introduzione di un forte elemento soggettivo e di autonomia nella produzione di significati che dimostra che non è necessario usare i codici dell’informazione paludata per essere autorevoli, e che per questo il diario di viaggio di un media-attivista in Palestina può essere più importante della velina d’agenzia a titoli cubitali. www.tmcrew.org. Forse anche per questo succede che dalla guerra dell’informazione per accapparrarsi fette di audience, siamo passati alla “guerra all’informazione” libera e plurale; perciò nell’agenda dei media indipendenti c’è oggi una battaglia di civiltà, per la libertà di informazione, che aggira volentieri i girotondi e pensa a nuove modalità di moltiplicazione e diffusione dell’informazione autogestita. Come? Con la Media Parade di oggi, in solidarietà con Indymedia e Radio Onda Rossa, e per il diritto a comunicare. www.altremappe.org.