Una cyber eruzione

ARTURO DI CORINTO
Il manifesto 19 Giugno 2001

” Quello sguardo fisso sul monitor, le mani che viaggiano veloci sulla tastiera le parole centellinate al compagno di fianco – lunghi discorsi con un delay minimo di 10 minuti tra una frase e l’altra, eppure coerenti – quel modo di fissare l’interlocutore dritto negli occhi mentre le mani continuano a correre sulla tastiera a ritmo costante, pause sigaretta tutt’attorno con discussioni portate avanti in strane lingue che pochi sembrano capire ma chi le capisce annuisce solenne, gruppetti di persone davanti a un solo monitor dai quali arrivano, tendendo l’orecchio, sordi sintagmi: arp!, awk!, sed!, visux!. Verità matematiche enunciate tra cospiratori anonimi, capelloni-drogati-comunisti-gay-negri e persone normalissime che maneggiano hardware come prestigiatori e scopri che sono loro i root della backbone che ti passa sotto al culo, loro che escono da un mutismo stralunato – autismo violento risucchiati nel loro monitor lì accanto a te – solo per indicarti il modulo giusto da compilare dentro al kernel per liberare la tua macchina dal giogo microshit – aiutarti in quel primo piccolo passetto e imparerai un giorno a correre anche tu – ovunque tendi l’orecchio per sapere che non ha prezzo e aspetta solo di essere compreso. Karma e concentrazione, e i fratelli tutt’attorno”.

Una bussola per i non addetti ai lavori
Tutto chiaro? Beh, questo è l’hackmeeting nelle parole di un hacker chiamato Jaromil. Ma per i non addetti ai lavori c’è ovviamente anche dell’altro. L’hackmeeting è l’incontro degli hackers italiani che una volta l’anno si ritrovano in un open festival a scambiarsi notizie, condividere conoscenze e vivere un momento di intima convivialità fuori dalla rete.
Nato da una proposta iniziale del collettivo di Isole nella Rete (www.ecn.org) l’hackmeeting da quattro anni viene organizzato in rete dai partecipanti alla lista hackmeeting con il supporto di tutti gli hacklab italiani (www.hackmeeting.org). Dopo quelli di Firenze, Milano e Roma quello che si terrà a Catania dal 22 al 24 giugno presso il centro sociale Auro è il quarto della serie.
Sono attesi circa trecento cyberattivisti, che arriveranno in treno, in barca e in aereo per tre giorni intensi di incontri e dibattiti. E la scelta del luogo non è certo causale, un po’ per la continuità fra la cultura hacker e quella dell’autogestione propria dei centri sociali, un po’ per una questione logistica.
I centri sociali sono infatti luoghi aperti sottratti alla cultura del profitto dove tutti possono partecipare alla costruzione dell’evento senza portare un cartellino e senza pagare l’ingresso. Ma sono anche posti dove è possibile accamparsi in tenda, cucinare per tutti e dormire accanto alla propria workstation.

Anche l’hackmeeting di quest’anno sarà un importante momento di riflessione per militanti computerizzati e hackers puristi riuniti a discutere le questioni della libertà di informazione, dell’incrocio fra hacking e politica e delle tecniche di infowar (information warfare) ma anche delle ultime frontiere della programmazione, dei sistemi di comunicazione wireless dei dati, di computer quantistici e chip biologici.
E’ un’alchimia che da sempre mette insieme i programmatori più appassionati e chi ha a cuore i temi dei diritti umani, civili e dell’ambiente. Obiettivo? Creare unnetwork di persone capaci di produrre autonomamente l’informazione e diffonderla in maniera veloce e capillare, che possa contribuire a una società più giusta e trasparente. Secondo l’adagio dei primi hackers “information wants to be free”
Uno degli argomenti caldi del meeting di Catania riguarderà proprio la questione del diritto a fare informazione. L’ultimo spunto da cui partire è un attacco giudiziario. Il 15 maggio scorso, a due giorni dalla vittoria elettorale della Casa delle Libertà, l’ex deputato missino Giulio Caradonna cita a giudizio il sito di Isole Nella Rete chiedendo un risarcimento milionario. L’accusa? Aver consentito al centro sociale romano “La Strada” la pubblicazione sul web di un dossier in cui viene ricordato il suo passato di squadrista, documentato da numerose fonti storiche e giornalistiche (http://www.ecn.org/inr/caradonna).
Insomma un brutto segnale che fa il paio con una già confusa legge sull’editoria, con la stretta legislativa sul copyright e con la vicenda dei nomi a dominio (http://www.peacelink.it/censura). Problemi molto differenti fra di loro che però hanno in comune la pretesa di limitare la libertà e il pluralismo dell’informazione di cui la rete è il territorio elettivo. E, forse, proprio per questo considerato pericoloso per chi vuole conservare un controllo corporativo dei mezzi di comunicazione.

Come lavorare contro i “parassiti”?
Altro tema controverso dell’hackmeeting di Catania sarà quello del lavoro. Poiché i partecipanti non saranno solo singoli curiosi e autodidatti o presunti pirati informatici, ma programmatori professionisti, gestori di siti web, redattori di portali, addetti alla sicurezza informatica, laureati in attesa del primo impiego, questa volta è stato deciso di affrontare le questioni del reddito e del lavoro nella net-economy, perché – dopo la sbornia iniziale della caccia agli esperti e dei megacontratti – il mercato in assestamento rivela in realtà nei loro confronti una situazione di sfruttamento intellettuale, di lavoro sottopagato, di solitudine lavorativa e assenza di tutele. E siccome la vita non è facile neppure per quelli che della loro passione vogliono campare, gli hackers presenti a Catania ragioneranno su come fare a garantirsi un reddito non accettando la tassazione Siae sulle loro creazioni.
Anche perché ciò che vogliono è rilasciare il software libero ad uso e consumo della comunità. Senza fare ingrassare i mediatori commerciali e le multinazionali, “parassiti” di un sapere costruito collettivamente e detenuto individualmente: il linguaggio.