La Repubblica: Al via il Live Performers Meeting. All’Alpheus un’altra cultura della rete

Al via il Live Performers Meeting
all’Alpheus un’altra cultura della rete

L’undicesimo festival internazionale delle tecnologie della visione stava per saltare, ma si farà. Artisti provenienti da Francia, Brasile, Giappone e altri 40 paesi si incontreranno a Roma per un evento di rilevanza internazionale
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 29 maggio 2012

Il 31 maggio comincia a Roma il Live Performers Meeting, in un’altra sede. Dopo il rifiuto del Comune di Roma di concedergli come promesso gli spazi della Pelanda, il meeting è stato spostato all’Alpheus all’ultimo minuto. Quest’anno è gemellato col Messico, ed ha messo insieme oltre 500 artisti, videojockey, videomakers, performers e “thinkers” da 43 paesi diversi. LPM, Live Performers Meeting, è un evento nato dal basso, a Roma, grazie a FLxER, un free software creato nel 2000 che ha aggregato intorno a sè artisti e creativi in tutto il mondo in un social network in carne ed ossa diventando il più importante evento del Progetto Cultura della EU che lo finanzia con un contributo a cinque cifre.

Eppure aveva corso il rischio di saltare per la lentezza della burocrazia e per le indecisioni della politica. “Eravamo in attesa di un’assegnazione gratuita e quindi abbiamo investito tutti i fondi nell’ospitalità degli artisti e anticipato molte spese. Poi ci hanno chiesto dei soldi che non avevamo per affittare gli spazi comunali e stava per saltare tutto”, ha dichiarato Gianluca del Gobbo, l’ideatore del meeting. “ Per fortuna abbiamo trovato la disponibilità dell’Alpheus a ospitarci e dovuto ripensare tutta la logistica. Ma ce l’abbiamo fatta”.

Il programma è pronto. Performance audiovideo, vjing, workshop, panel di discussione, esposizioni, incontri con decine di vjs, artisti audiovisivi, professionisti e filosofi dei nuovi media. Il meeting ripete la stessa formula ogni anno ma, pur essendo sempre lo stesso, è sempre diverso perchè animato da una comunità di artisti che sperimentano le possibilità della tecnica portando all’estremo gli incroci tra cultura e tecnologia, fra tecnica e antropologia. Molti sono i progetti innovativi intrapresi dai partecipanti a cavallo dei confini europei ed è uno dei motivi per cui il festival è finanziato dalla Commissione Europea, per “contribuire a un’identità europea basata sulle ibridazioni culturali”. Le performance audiovisive sperimentali, gli spettacoli di mapping architetturale e DJVJ set, i workshop, le tavole rotonde, avranno un occhio di riguardo per i progetti basati su software libero, open source e open hardware.

I partecipanti potranno sperimentare il Video Mapping, una tecnica di video-proiezione in grado di animare volumi architetturali; la stereoscopia, che permette una visione tridimensionale dei contenuti video per una completa immersione percettiva, software e tecniche per manipolare la percezione visiva e creare spazi visuali “aumentati”, ma potranno anche discutere di “estetica dei database” e visualizzazione di dati pubblici o privati, interpretati come forme di espressione artistica. Si parlerà anche di “visual gender”, e quindi di visione del corpo, identità sessuale e emancipazione di genere.

Riassumendo, un festival di 500 artisti da 43 paesi, supportato dall’Unione Europea e da 150 importanti partner internazionali e nazionali come Telecom, l’Ambasciata di Francia a Roma, il Museo Arte Alameda del Messico, l’Ambasciata del Messico a Roma, e l’Istituto Europeo di Design poteva saltare per colpa della politica. A molti é sembrata una forma di boicottaggio nei confronti dei progetti culturali indipendenti, soprattutto dopo la minaccia di sgombero della Città dell’Altreconomia e dei giochetti intorno alla gestione del Teatro Valle. Di certo non è comprensibile per una città, Roma, che aspira a diventare capitale dell’innovazione culturale.

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