A due anni dalla sua creazione, Wired ricostruisce con documenti esclusivi il lavoro dell’Agenzia italiana per il digitale che il parlamento ha dichiarato fallimentare. E oggi il M5S presenta un’interrogazione a Montecitorio
Arturo di Corinto per Wired del 26 giugno 2014
La settimana prossima l’Italia assumerà la presidenza dell’Unione Europea. Tra i dossier chiave c’è il digitale. Cosa intende fare l’Italia su questo fronte? La domanda è anche al centro dell’interrogazione parlamentare che il M5S solleverà oggi a Montecitorio. Il digitale, infatti, è la vera grande opera di cui ha bisogno l’Italia: da solo potrebbe valere due punti di Pil, secondo le stime emerse a fine 2013 dal Forum Ambrosetti di Cernobbio.
Ecco allora una ricostruzione, con documenti finora mai pubblicati, dei 24 mesi in cui tre diversi primi ministri si sono esercitati nello sviluppo dell’Agenzia italiana per il digitale (Agid), un ente che raramente compare nella cronaca politica ma che doveva essere, di fatto, il regista della digitalizzazione del Belpaese. La sua missione, infatti, è realizzare l’Agenda digitale europea per favorire sviluppo, competitività, occupazione e democrazia usando la leva della modernizzazione informatica. Purtroppo, i risultati del lavoro di Agid sono stati definiti fallimentari da un recente rapporto parlamentare. Un esito che non pare dovuto alla mancanza di risorse: l’Agenzia oggi ha a disposizione 350 milioni di euro, ma 40 delle 130 posizioni previste nel suo organico sono ancora vacanti. Non ha mai avuto, invece, un comitato di indirizzo strategico e delle linee programmatiche. Il 3 giugno scorso il direttore dell’Agid, Agostino Ragosa, si è dimesso dall’incarico. La nomina di un nuovo direttore (si scommette su Stefano Quintarelli e Alfonso Fugetta) e attesa a brevissimo. Speriamo prima di Digital Venice, il summit europeo sull’Agenda digitale.
In ogni caso, l’abbandono di Ragosa, richiesto dal Ministro Marianna Madia, segna la fine di una fase storica del digitale italiano. Ecco com’è andata.
Marzo 2012- Monti promette il decreto Digitalia entro l’estate
Tutto era cominciato con le migliori intenzioni. Il decreto Digitalia annunciato dal governo Monti stava per diventare realtà: il ministro/banchiere Corrado Passera l’aveva promesso a Neelie Kroes e la Commissione trasporti della Camera gli aveva offerto un assist a larga maggioranza con una serie di obiettivi: dematerializzazione della PA, banda larga, servizi digitali e soldi alle startup: di fatto l’ossatura del futuro decreto. Poi tutto si è complicato.
Giugno 2012 Il decreto sviluppo e la nascita dell’agenzia e Agid
A giugno 2012 arriva, finalmente, il Decreto Sviluppo (22 giugno 2012, n. 83) e nasce l’agenzia (26 giugno 2012) che deve attuare l’agenda digitale italiana coerentemente con i dettami dell’agenda digitale europea. L’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), questo il nome, deve prendere il posto di tre enti nel frattempo soppressi e le cui spoglie sono divise tra Agid, Consip e Sogei, e di un pezzo di Iscom, l’istituto superiore delle comunicazioni, per favorire risparmi ed efficienza nella spesa pubblica per l’informatica e promuovere la digitalizzazione del paese: i tre enti sono DigitPa, l’Agenzia per l’innovazione, il Dipartimento per la Digitalizzazione e l’Innovazione della Presidenza del consiglio. Iscom non passerà mai sotto l’Agenzia.
Luglio 2012 – Chi comanda in Agid?
Tra le funzioni attribuite per decreto all’Agenzia ci sono la progettazione e il coordinamento dell’erogazione dei servizi in rete della pubblica amministrazione a cittadini e imprese; l’attuazione di programmi europei, la promozione di protocolli di intesa e accordi interistituzionali. Ma anche l’adozione degli indirizzi e dei pareri circa la congruità tecnica ed economica dei contratti relativi all’acquisizione di beni e servizi informatici e telematici nella PA, ruolo che prima era esercitato prevalentemente da DigitPa. Sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio, o del ministro delegato, ma indirizzata dai ministeri dello Sviluppo Economico, della Funzione Pubblica, del Tesoro, dell’Università e della Ricerca, l’Agid si deve dotare di uno statuto, definire gli organi e assumere non più di 150 persone. Il primo scoglio è la nomina del direttore, da completare entro il 27 luglio.
Ottobre 2012 – Braccio di ferro sulla nomina del direttore
La nomina del direttore di Agid subisce ben due slittamenti per motivi politici e organizzativi. L’enorme quantità di funzioni che sta accentrando l’Agenzia che ingloba tre enti preesistenti, e l’interessamento di ben quattro ministeri alla nomina del direttore che dovrà però essere fatta dal Presidente del consiglio sulla base di una short-list fornita da una società di head hunters. Ulteriore complicazione sono le pressioni di vari pezzi del Parlamento e del mondo industriale che attraverso quella funzione vogliono controllare ingenti comesse pubbliche. Dallo scontro finale tra Profumo e Passera passa Agostino Ragosa. Il 30 ottobre Ragosa è nominato direttore con Decreto del Presidente del Consiglio firmato oltre che da Mario Monti anche dai ministri Passera, Profumo, Patroni Griffi e Grilli (in base al decreto 83/2012). Ragosa è un tecnico, proviene dalle Poste dove gli rimproverano ancora il blocco dei servizi informatici che non consentirono per due giorni il pagamento delle pensioni agli sportelli. Sessantaduenne, avellinese, è stato Cio di Poste Italiane e consigliere di Postecom, dieci anni in Telecom Italia, direttore operativo in Italcable e consigliere di amministrazione in Telespazio, Telesoft, Atesia, un manager di stato, insomma. Sarebbe stato scelto fra 239 candidati a margine di una riunione del Consiglio dei ministri, ma sia i parlamentari 5 Stelle che SEL non ci credono e chiedono di conoscerne i criteri di nomina in due distinte interrogazioni. Non avranno risposta.
Dicembre 2012 – Una direzione con più conflitti che collaborazione
Il 20 dicembre 2012 arriva il decreto dalla Corte dei conti che nomina Ragosa commissario con pieni poteri per gli enti che Agid deve assorbire (tecnicamente diventerà direttore solo nel 2014 con l’approvazione dello statuto). Il 15 gennaio 2013 Ragosa si insedia, dopo una schermaglia col Presidente di DigitPa Francesco Beltrame. Il nuovo direttore si mette al lavoro ma non incontra mai i vertici uscenti. Anzi, mette alla porta Giorgio De Rita, direttore generale dell’accorpata DigitPa perchè secondo lui con la soppressione dell’ente verrebbe a decadere non solo l’incarico ma anche il rapporto di lavoro. Stessa dinamica otto mesi più tardi con Mario Dal Cò, direttore dell’Agenzia per l’Innovazione. Entrambi gli faranno causa per interruzione anticipata del rapporto di lavoro e mancati pagamenti di stipendio. Le prime critiche esplicite vengono però dal sindacato Ugl interno all’Agid che chiede in una nota scritta (11 marzo) perchè il nuovo direttore usi il suo vecchio ufficio di Poste italiane invece che quello dell’ex CNIPA traslocato dai costosi uffici del centro (Via Isonzo a Roma, oggi costosissima sede Agcom per quasi 4 milioni di euro l’anno di affitto) a quelli di viale Marx, nella periferia di Roma. Si comincia a vociferare di suoi collaboratori a Poste Italiane e di consulenti esterni non inquadrati contrattualmente in Agenzia che accederebbero ad atti riservati.
Marzo 2013 – Passera lo twitta, ma lo statuto non c’è
Il 9 marzo, il ministro Corrado Passera annuncia con un tweet il varo dello statuto dell’agenzia. Purtroppo il testo viene bocciato dalla Corte dei Conti. La stroncatura genera diverse interpellanze parlamentari perché senza statuto l’Agenzia non potrebbe essere operativa. Il direttore Ragosa dichiara che sia accaduto per un vizio di procedura, i suoi detrattori invece per la commistione fra i ruoli esecutivi e quelli di indirizzo e di vigilanza riassunti nella sua stessa persona. Il direttore avrebbe scritto materialmente lo statuto con l’obiettivo di creare delle società di scopo venendo meno allo spirito di indirizzo e controllo dell’agenzia. Vorrebbe portare in agenzia 20 nuovi dirigenti. Ci aveva già provato. Un dirigente che vuole rimanere anonimo dice che è la prima cosa che chiede al capo del personale appena arriva in Agid ancora Digitpa.
Maggio 2013 – Agid appalta il suo lavoro all’esterno
Il 15 maggio Agid e la Fondazione Ugo Bordoni firmano una convenzione quadro a valere fino al 31 dicembre 2015, ma che potrà essere prorogata, il supporto di natura tecnica e scientifica relativamente a una serie di azioni relative alla missione dell’Agid: a cominciare dal censimento dei Ced, i centri elaborazione dati della Pubblica Amministrazione e l’elaborazione di linee guida per la loro razionalizzazione e risparmiare soldi pubblici. Gli accordi esecutivi che preciseranno l’onere per il rimborso delle spese sostenute dalla Fondazione, personale impiegato compreso non sono ancora note.
Giugno 2013 – Ragosa denunciato per danno erariale
La prima denuncia, contenuta in una missiva del 12 giugno 2013 e inviata alla procura della Repubblica, ai revisori dei conti dell’Agid, alla Consip e alla Presidenza del Consiglio con raccomandata a ricevuta di ritorno, riguarda direttamente l’operato del commissario dell’Agenzia per l’Italia digitale, Agostino Ragosa e due fiduciari: Gianluca Polifrone già capo della segreteria del senatore di Forza Italia Mario Greco, “assunto come impiegato dalla società Consip”, e AttilioNertempi di Poste Italiane, che “intrattengono rapporti professionali presso la presidenza del consiglio dei ministri, i ministeri e le regioni in nome e per conto sia del direttore generale sia della stessa Agenzia per l’Italia Digitale”. Poi si legge che “il fiduciario Polifrone accompagna stabilmente il direttore Generale Ragosa nei suddetti rapporti, qualificandosi con titoli che non rispondono al vero“. “Gli stessi in nome e per conto del direttore generale conducono e dirigono le attività del direttore generale, svolgendo affari diretti con fornitori e operatori del mercato delle telecomunicazioni e dei servizi”. Ma l’accusa più infamante riguarda un altro passaggio: “il fiduciario Nertempi intrattiene rapporti con il mercato del quale è il collettore”. Ragosa viene anche accusato di usare uffici, beni e servizi di Poste Italiane Spa, “ente di provenienza (ed ente fornitore di uno degli enti soppressi Digitpa che l’Agenzia ha sostituito) senza averne più titolo e utilizzando quei locali e quelle strutture per svolgere riunioni con personale dell’Agenzia”. Nell’esposto-denuncia, il mittente, che si firma come dott. Francesco Torre, residente in via Palermo 52 a Roma, chiede espressamente l’interessamento della magistratura contabile per accertare le violazioni di norme penali e amministrative nei fatti descritti, con conseguente ipotesi di danno erariale, come aveva fatto Gennaro Migliore, capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà a Montecitorio, in un’interrogazione parlamentare al governo Letta rimasta senza risposta. Nelle interrogazioni parlamentari si paventa non solo che lui sia “incapace” ma anche che abbia procurato un danno erariale per la sua inattività. Gennaro Migliore, fra i destinatari della missiva di denuncia, la spedisce al procuratore di Roma Pignatone.
Il direttore Ragosa da noi interpellato per due volte non ha mai voluto commentare sul tema. Tuttavia, dopo le notizie di stampa, l’allora segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dott. Garofoli, scrive a tutti i ministeri di “vigilare subito” in merito all’esposto.
Giugno 2013 – Arriva Mr Agenda Digitale, Francesco Caio
Il 13 giugno 2013, un giorno dopo la missiva di Torre, con un tweet, Enrico Letta rende nota la nomina di Mr Agenda Digitale. È Francesco Caio, manager di Avio che, a titolo gratuito, avrà il compito di supercommissario all’agenda digitale. La sincronia tra la denuncia e l’incarico a Caio è singolare: prima il Ministro Zanonato aveva giustificato il ritiro dello statuto dell’agenzia dalla Corte dei Conti “per un vizio di trasmissione”, poi all’interno della Presidenza del Consiglio si era ipotizzata la ricostituzione della DDI sottraendola all’Agid, poi le interrogazioni parlamentari di Migliore (Sel), Palmieri (Fi) e Toninelli (M5s) e il pressing della maggioranza per un nuovo “commissario politico”, infine l’individuazione di Francesco Caio.
Caio dovrà operare come raccordo politico tra Agid e presidenza del consiglio per l’attuazione dell’agenda digitale e superare almeno in parte il problema costituito dalla chiassosa cabina di regia di ben cinque ministeri: un giorno dopo. “Con la scelta Caio ci aspettiamo comunque un nuovo impulso all’agenda digitale, è troppo importante per l’economia del nostro paese”. Dice Letta. Caio deve attuare il famoso decreto Sviluppo bis e dare quindi risposta al tema degli standard aperti e degli open data, ridurre il digital divide, realizzare il fisco elettronico e le identità digitali. Affiancato da un comitato di esperti, Francesco Sacco della Bocconi, Luca De Biase della Fondazione Ahref, Benedetta Rizzo, assistente di Enrico Letta, Alfonso Fuggetta del Cefriel, l’avvocato Guido Scorza, ed altri, riuscirà con molta fatica dopo nove mesi a dare lo status di decreto a tre vecchi provvedimenti anagrafe nazionale, identità digitale e fatturazione elettronica. Solo quest’ultimo è partito tra le polemiche il 6 di giugno 2014, gli altri aspettano ancora. Il servigio gratuito al paese gli tirerà la volata verso l’amministrazione di Poste Italiane poco dopo il varo del Governo Renzi.
Nell’ambito del cosiddetto “Decreto del fare”, approvato in occasione del Consiglio dei ministri del 15 giugno 2013, viene ridefinita la governance dell’Agenda digitale italiana: Francesco Caio presiederà l’istituenda cabina di regia dell’Agenda digitale italiana. Il 18 giugno 2013, con un’interrogazione parlamentare, Sel chiede quali siano le modifiche al decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, concernenti non solo l’organizzazione dell’Agenzia per l’Italia digitale, ma anche le modalità di nomina del direttore generale e dell’emanazione dello statuto dell’Agenzia.
Luglio 2013 - Seconda denuncia per Ragosa
Con data 2 luglio 2013, arriva la seconda lettera di denuncia di Torre: è più pesante della prima. Parla di affidamenti diretti e allude a gare pilotate. Ma cosa c’è di “pesante” in seno all’agenzia? Dopo aver “devoluto” all’ufficio legale della Consip la gestione dei pareri sulle gare pubbliche, c’è la grande incompiuta dell’SPC, il sistema pubblico di connettività (va avanti dal 2005), un progetto che come ci dice il suo architetto, Sandro Osnaghi “andava bene 15 anni fa, adesso si può fare tutto su internet”. La partita dell’SPC vale 2 miliardi e mezzo di euro, ma a fine maggio del 2014 se la aggiudica Tiscali con un ribasso del 92%. Il 26 luglio Wired chiede un accesso agli atti perché non si trovano sul sito dell’agenzia curricula e dati retributivi, incarichi politici, professionali, l’elenco delle procedure per l’acquisizione di beni e serivi. La risposta dell’Agenzia rimanda a visionare la sezione trasparenza, dove però i dati richiesti da Wired non compaiono.
Agosto-dicembre 2013 – Ernst & Young prepara la strategia per l’agenda digitale in Agid
Tra agosto e dicembre una serie di soggetti privati come Ernst & Young, e rappresentanti del Ministero per lo sviluppo economico si incontrano presso l’Agid e lavorano alla stesura del documento strategico per l’agenda digitale italiana. Il lavoro è coordinato da Attilio Nertempi che nel frattempo, pur senza un incarico presso l’Agid – e senza stipendio, – continua a svolgere il ruolo di referente del direttore Ragosa e ad avvalersi di beni strumentali dell’agenzia.
Mentre accade tutto questo, i Revisori dei conti dell’Agenzia, in una serie di riunioni mensili messe ogni volta a verbale (i verbali n. 9, 10, 11, 12 e 13 del 2013), e inoltrate per i canali ufficiali, stigmatizzano il comportanto dei vertici dell’Agenzia, fino a denunciare la mancata adozione dei piani relativi a trasparenza e anticorruzione, (10 marzo 2014), l’affidamento diretto in economia di servizi (13 gennaio), incarichi di lavoro in assenza dei presupposti di legge (9 settembre 2013) e soprattutto un affidamento diretto a Consip per un milione e mezzo di euro, senza gara pubblica (18 giugno 2013).
Marzo 2014 – La Camera certifica il fallimento dell’Agenda digitale
Con data 5 marzo 2014 un rapporto del Servizio Studi del Dipartimento Trasporti della Camera dei Deputati certifica le inadempienze dell’Agenzia e i ritardi dell’Agenda digitale. Si legge nello studio che in materia di Agenda digitale italiana (decreti legge “Crescita” “Crescita 2.0″, “del Fare”), dei 55 adempimenti previsti solo 17 sono stati adottati e per quelli non adottati di ben 21 risultano già scaduti i termini. Lo studio è stato fatto su input del parlamentare democratico Paolo Coppola. Tra i settori strategici non disciplinati ci sono il riordino del sistema statistico nazionale, la bigliettazione elettronica, la misurazione dei campi elettromagnetici e la trasparenza dell’attività parlamentare.
Nello studio viene sottolineato che l’Agenzia non ha trasmesso al Presidente del consiglio o ministro delegato, l’Agenda nazionale dei contenuti e degli obiettivi delle politiche di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, e di non aver predisposto organizzazione, pianta organica, e bilancio. Alcune di queste mancanze hanno larga descrizione nei verbali dei Revisori dei Conti della stessa Agenzia inviati dal numero 17 alla Procura Regionale della Corte dei Conti del Lazio. Inadempienze stigmatizzate dal sindacato UGL che chiede l’intervento della Presidenza del Consiglio per accertamenti e ispezioni. Secondo i sostenitori di Ragosa, in assenza di uno statuto che doveva definire i poteri e l’organizzazione dell’Agenzia – che, definitivo, arriva solo nel gennaio 2014 – il direttore dall’agenzia non poteva fare molto, secondo la legge istitutiva dell’Agenzia, in qualità di commissario, avrebbe potuto fare molto di più.
Aprile 2014 – L’era Renzi – Madia
Le riforme attribuite a Francesco Caio in qualità di commissario diventano operative all’agenda digitale e cioè: fatturazione elettronica, anagrafe nazionale, identità digitale. Garantirebbero risparmi notevoli contabilizzati nella spending review di Cottarelli ma i sindacati non sono d’accordo e, fino ad allora silenti, denunciano come illusori i risparmi previsti (3,6 miliardi) in assenza di nuovi investimenti per la digitalizzazione e modernizzazione degli apparati dello Stato. E per la prima volta denunciano una struttura ombra dentro l’Agid dando concretezza all’allarme di personale e Ugl e poi alle lettere di denuncia di Francesco Torre.
Il Ragioniere generale dello stato chiede con una missiva alla Presidenza del Consiglio di intervenire sull’Agid per irregolarità amministrative, ma Matteo Renzi ha già delegato con un decreto il Ministro Marianna Madia per la funzione pubblica sia a vigilare sull’Agenzia per l’Italia digitale che a lavorare per l’attuazione degli impegni per l’innovazione digitale dello Stato e quindi ci deve pensare lei. Il timbro sul decreto di nomina è del 23 aprile, ma il decreto è retroattivo e rimanda al giorno successivo all’insediamento di Marianna Madia. Il ministro interveniene sulle irregolarità denunciate da sindacati, parlamentari, revisori dei conti e singoli dipendenti in particolare relativamente all’affidamento di incarichi dirigenziali e forniture in violazione della legge. Intanto il primo maggio il direttore dell’Agenzia è decaduto per non aver presentato né il bilancio di previsione nei termini stabiliti dalle norme, né il rendiconto generale a fine aprile. Si tratta di una sanzione automatica prevista dalla legge 98/2011, e ribadita dalla circolare n. 33 del 28 dicembre 2011 del Ministero Economia e Finanze, avendo messo di fatto l’Agenzia nell’impossibilità di operare anche se nel verbale dei Revisori dei Conti della seduta del 23 aprile risulta prevista una spesa di 292,000 per lo stipendio del direttore e di circa 120.000 euro la parte variabili insieme ad altre spese per cinque dirigenti a tempo determinato da assumere al di fuori dei casi previsti dalla normativa vigente (165/2001).
Maggio 2014 – Ragosa non vuole lasciare
Dopo ripetute richieste di incontrare il ministro, Ragosa viene sentito il 30 maggio. Madia gli anticipa la volontà di sostituirlo senza fare troppo rumore. Ragosa capisce che la situazione è seria. Avverte dei giornalisti amici che l’incontro è stato conflittuale e che lui potrebbe lasciare. In realtà non ha nessuna intenzione di farlo. Tre giorni dopo gli viene però paventato un decreto commissariale per dare a Elisa Grande, proveniente dai ranghi dell’amministrazione, il compito di fare ordine nel più breve tempo possibile in Agid prima che venga bandita la selezione che per legge dovrà individuarne il nuovo direttore. Ragosa si arrende. La decadenza del direttore, ribadita anche da una nota sindacale dell’UGL, è il motivo principale dell’imminente cambio ai vertici. Dal primo maggio ogni determinazione del DG è infatti impugnabile, come l’organizzazione provvisoria dell’agenzia che entrerebbe in vigore dal 9 giugno e che prevede 19 dirigenti di seconda fascia. Ragosa quindi non è rimosso in base alla logica dello spoil system per cui Renzi avrebbe avuto tempo fino al 25 maggio ma perchè decaduto dalla funzione, nonostante il comunicato del ministro che dà notizia delle sue dimissioni sia insolitamente diplomatico. Nel comunicato Ragosa viene ringraziato per il lavoro svolto e ne giustifica le dimissioni con la necessità di dare discontinuità alle politiche dell’agenda digitale.
Giugno 2014 – Il nuovo bando e il totonomine
Venerdì 6 giugno 2014, con un tweet (ormai è di rigore) Marianna Madia rende noto che sta per uscire il bando di selezione per il nuovo direttore dell’Agid. Il bando esce un’ora dopo. Poche righe sul tipo di incarico e sulle qualità dei candidati che potranno chiedere la valutazione del proprio curriculum vitae in formato europeo entro la mezzanotte del 15 giugno. Secondo gli esperti il bando tuttavia non sarebbe coerente con la norma. Il dl 83 prevede esplicitamente che la selezione del DG debba avvenire con procedura ad evidenza pubblica, mentre il bando parla di un avviso per la raccolta di candidature e lascia ferma la discrezionalità di scelta alla amministrazione (cosa che evidentemente la legge non consente). La fretta è cattiva consigliera. Il totonomine vorrebbe che il supercandidato sia un giovane manager vicino a Renzi, e nel rondò dei nomi solo due appaiono credibili nel momento in cui scriviamo: Angelo Falchetti e Stefano Pileri.
Oggi, 26 giugno, gli eletti del M5S presentano un’interrogazione parlamentare per chiedere al governo “quali iniziative urgenti intenda assumere (…), anche in vista del prossimo semestre di presidenza italiana dell’Unione europea, per assicurare una più rapida attuazione dell’Agenda digitale italiana in modo da colmare il gap di sviluppo rispetto agli altri Paesi europei testimoniato dai dati diffusi di recente dalla Commissione europea”.
Come ripartire?
A due anni dalla nascita dell’Agenzia per l’Italia digitale non si può far altro che certificare il fallimento del lavoro dei ministri “tecnici” del governo Monti che in materia digitale hanno realizzato solo la loro agenda personale, facendola pagare a carissimo prezzo ai cittadini italiani. A questo punto tutti si aspettano che Renzi e Madia dimostrino che, oltre a cambiare un direttore generale rivelatosi inadeguato, sappiano definire strategie e modalità operative per uscire dalla palude digitale nella quale ci siano andati a impantanare. Si scelga un manager onesto, capace, competente, e al di sopra di ogni sospetto, venga nominato il nuovo Comitato di indirizzo, si predisponga la Convenzione tra Agenzia e Presidenza del Consiglio (sarebbe dovuta arrivare 90 giorni dopo lo Statuto), si spedisca al Parlamento la relazione sulla agenda digitale italiana (in ritardo da oltre un anno); si dica come usare i soldi che l’Agenzia ha sul proprio conto e che dovrebbero essere superiori ai 350 milioni di euro. Così, tanto per ripartire e dare all’Italia la visione e il posto che le compete nell’economia europea.