Wired: Ambasciatori digitali, una bella scommessa che deve vedersela con la crisi

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Al tempio di Adriano a Roma, Luna e Renzi presentano i primi 100 degli ottomila ambasciatori digitali dell’Italia. In platea il ministro Madia.

di Arturo Di Corinto per Wired del 20 Novembre 2014

L’idea è buona, non c’è che dire. 8054 ambasciatori digitali per l’Italia. Uno per ogni comune. 8054 persone che parlano coi sindaci, che diffondono idee, fanno progetti, proposte, insegnano e imparano da altri cittadini. Oggi i primi 100 sono stati presentati a Roma, da Riccardo Luna, nel Tempio di Adriano, alla presenza di Matteo Renzi.

L’evento comincia con l’inno di Mameli suonato con la frutta. Sì avete capito bene, con mele e banane commestibili, attaccate a un sistema di amplificazione. A suonare l’inno – tutti in piedi – è una bimba di otto anni, Benedetta Vingeli, istruita dal papà informatico. Sui pannelli che decorano il suggestivo ambiente del tempio, Luna ha voluto il premio nobel Levi Montalcini e Fabiola Giannotti del Cern proprio a significare una sfida i cui numi tutelari sono quelli che non si sono mai arresi e che hanno messo le proprie competenze al servizio del paese. Sul grande schermo invece videoclip di un’Italia che impara e poi insegna, simbolizzata appunto dal maestro Manzi, quello di “non è mai troppo tardi.”

Riccardo Luna dice alla folta platea che questi digital champions “sono i Medici senza frontiere dell’innovazione”, aggiungendo che “l’agenda digitale oggi coincide con l’agenda di governo”, ma anche che “questi ottomila sono l’esempio di come vede l’innovazione il paese: senza stipendio, senza uffici, senza staff.”

Ma allora di che parliamo? Come si riesce in un compito così difficile senza soldi? Non c’è contraddizione tra l’importanza della missione e la sua fattibilità? È lo stesso Luna a chiarire che questi digital champions continueranno a fare quello che già fanno: parlare agli altri, progettare strumenti nei FabLab, trasformare i vicini in makers, raccontare le virtù del digitale nelle scuole.
A noi però spiega nei dettagli che costituiranno un’associazione, si autotasseranno a 30 euro e con quei soldi organizzeranno le prime attività, già a gennaio.

Il sostegno di Matteo Renzi all’iniziativa è plateale: nella sua consueta veste di mattatore col microfono, il presidente del consiglio si dichiara pronto a prendersi le colpe di un eventuale fallimento di questo enorme sforzo orientato all’innovazione digitale del paese e di cui Riccardo Luna è l’alfiere per il governo. “Abbiamo una squadra fortissima, se falliamo vuol dire che siamo dei caproni”. Sembra mettere le mani avanti citando i componenti della squadra come Riccardo Luna e Alessandra Poggiani, direttrice di Agid. E poi giù pesante su fisco elettronico e riforma della giustizia “perchè non vadano più prescritti i colpevoli”, e la grande scommessa della Pa digitale per cui chiama in causa il ministro Madia, discosta, ma in prima fila.

L’entusiasmo di Riccardo Luna è contagioso. È stato lui, dopo aver lasciato la direzione di Wired a candidare Internet a nobel per la pace, perchè come è stato detto, “Internet è la più grande arma di cosruzione di massa” mai esistita. Non si può dargli torto.

Ma di fronte a una crisi che morde e che obbliga i talenti ad emigrare, con una politica miope, sorda e certo non meritocratica, i ritardi accumulati in vent’anni, che effetto potranno avere gli ambasciatori italiani del digitale? Ma la domanda insoddisfatta è se possiamo permetterci di andare avanti col volontariato per qualcosa che dovrebbe fare il governo mettendoci dei soldi.

Il democratico Paolo Coppola non ne è preoccupato e ci dice, sereno, faccia a faccia: “I soldi ci sono. È che finora sono stati spesi male. Ci impegneremo a usarli e bene”. Condivisibile l’opinione che ci offre Marianna Madia: “Basta con le politiche calate dall’alto. Stiamo provando a scardinare dei meccanismi obsoleti invertendo il processo, dalla periferia vengono idee e suggerimenti per noi che siamo solo il collettore delle istanze dei cittadini.” Il tempo è galantuomo, staremo a vedere.

 

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