Il Manifesto: Giocare alla cybersecurity è una cosa seria

Giocare alla cybersecurity è una cosa seria

Hacker’s Dictionary. I servizi segreti presentano in una scuola romana Cybercity Chronicles, un videogame per apprendere le nozioni di base della sicurezza informatica. Presente Giuseppe Conte che pontifica sul diritto alla rete

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 18 Aprile 2019

La sicurezza si impara giocando. Dopo l’avvio in pompa magna il 4 dicembre 2017 “Be Aware, Be Digital”, la campagna di comunicazione sulla cybersecurity della Presidenza del Consiglio, sembrava finita nel dimenticatoio. E invece è ripartita con un gioco per ragazzi.

Presentato nientemeno che dal Presidente Giuseppe Conte in una scuola romana, il videogioco Cybercity Chronicles ha l’obbiettivo di insegnare ai più giovani e alle loro famiglie le basi della sicurezza informatica, il suo vocabolario, le trappole e i comportamenti virtuosi da tenere in rete. Il gioco, che riprende il mito di Teseo e Arianna, è ambientato in un futuro cyberpunk e, proprio come nei romanzi distopici di William Gibson, fa muovere i personaggi in un mondo underground pieno di pericoli informatici.

 

La città, Cybercity, è infatti nelle mani di un brutto ceffo, Asterio Taur, diventato governatore grazie all’uso spregiudicato e criminale della rete. Contro di lui si battono dei giovani agenti che con l’aiuto di una intelligenza artificiale vogliono restituire a tutti i cittadini la libertà digitale perduta. Tattiche di collaborazione e armi cibernetiche vengono usate dai giovani eroi nelle sfide contro Mr. Spam, Rambot, Troll, H4t3r, Flamer, nomi allegorici di comportamenti odiosi come lo spamming, il bullismo e le molestie online. Più simile a Supermario che a Fortnite, nel gioco a punti dove si conquistano ‘Bytecoin’ non si deve sparare a tutto quello che si muove.

Insomma, un bell’esempio di gamification per imparare le basi della sicurezza informatica. L’utilizzo di metodologie ludiche e videoludiche in contesti di apprendimento è notoriamente utile a stimolare il coinvolgimento in compiti che possono essere percepiti come noiosi o difficili. Per questo il meccanismo psicologico sfruttato dal gioco è quello di fare leva su sfide e ricompense per mantenere alta l’attenzione e favorire la memorizzazione di concetti e comportamenti.

Non è la prima volta che la gamification viene utilizzata nell’addestramento alla cybersecurity: banche come BNL la usano per preparare gli impiegati contro i cybercriminali, ma è sicuramente la prima volta che la strada viene tentata dai Servizi segreti. La campagna è stata pensata all’interno del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, il nostro DIS, il cui direttore, il generale Gennaro Vecchione, presentandola col videogioco, ha voluto ricordare che “la sicurezza è una responsabilità di tutti”.

Durante la presentazione il presidente Conte ha dialogato con gli studenti della scuola ospitante e ne ha approfittato per ribadire alcuni concetti: il rischio della dipendenza da Internet e dai social, la difesa dei compagni tiranneggiati dai bulli, il diritto di tutti di accedere alla rete, ma anche la sua necessaria regolamentazione.

A parte un piccolo scivolone quando ha confuso la data di nascita di Internet con quella del Web, e l’inquietudine ‘storica’ provocata nel cronista dai piccoli alunni appollaiati per la scale a salutarlo, il presidente ha sfoggiato grande simpatia e disponibilità con gli studenti che sembravano abbastanza edotti sul tema. Al presidente hanno domandato “Come sono fatti i cattivi di Internet?”, “Con quali armi si combatteranno le guerre del futuro?”, ma gli hanno anche fatto una domanda da giornalisti in erba: “In Parlamento a cosa servono i social?”. “A comunicarne meglio le attività”, ha risposto lui. A patto di non confondere la comunicazione istituzionale con la propaganda politica, diciamo noi.