Il Manifesto: Toc, toc: chi possiede i miei dati?

 
Toc, toc: chi possiede i miei dati?

Hacker’s dictionary. Per sapere cosa sanno di noi i singoli siti che usiamo, oggi è possibile consultare My Data Request

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 2 Agosto 2018

Gli scandali relativi all’uso improprio dei nostri dati personali sono destinati a continuare. Non li conosceremo mai tutti quanti, non ci saranno sempre audizioni parlamentari a imbarazzare chi non ha vigilato sulla nostra privacy, e non ci sarà sempre la stessa copertura mediatica dell’affaire Cambridge Analytica, perciò è bene correre subito ai ripari.

I dati sono il petrolio della società dell’informazione e sotto forma di profili personali e big data sono le miniere da cui le aziende high tech estraggono il plusvalore che gli consente di orientare politiche e consumi. Ma, senza fare troppi discorsi, è bene ricordare che dalla cattiva gestione dei dati in possesso delle piattaforme a vedersi negata l’assunzione o bloccato un affare il passo è breve.

Dopo gli scandali Facebook ha attivato una funzione speciale per recuperare tutti i dati che ci riguardano. E gli altri? Come si sono regolati? Come facciamo a sapere che uso fanno dei dati che produciamo?

Per sapere subito cosa sanno di noi i singoli siti che usiamo, da LInkedin a Starbucks, da Instagram a TripAdvisor, da Ikea a GoogleMaps, oggi è possibile consultare una sorta di metasito dal nome evocativo: My Data Request. Il sito contiene un link alle app o ai siti web a cui abbiamo consegnato negli anni i nostri dati personali e cliccandoci sopra diventa facile richiedere l’archivio dei dati che ci riguardano in maniera compatibile con le leggi vigenti.

My Data Request offre anche di più. Dopo aver analizzato le pratiche di gestione della privacy e le regole legali di circa cento app e portali ha predisposto una serie di lettere standardizzate che possono essere usate per richiedere i dati in archivio senza ricorrere a un avvocato. Per gli europei le lettere sono formulate in base alla normativa europea sul trattamento dei dati, la GDPR, e contengono domande circa le finalità del trattamento; le categorie di dati personali interessati; a chi saranno comunicati; il periodo di conservazione, eccetera.

Informazioni importanti, perché se in alcuni casi si tratta di dati come l’email e altri dati identificativi quali l’età, il sesso, il paese di provenienza, in altri parliamo di foto, chat e download. In certi casi poi si tratta di metadati, cioè i dati che definiscono le relazioni tra i dati stessi: dove, come, quando, con chi, per quanto tempo abbiamo fatto questo o quest’altro. Spesso queste informazioni sono già organizzate come profili che ci identificano in base a gusti, tendenze e attitudini ed è giusto sapere se esistono e come vengono gestiti.

Il sito My Data Request offre insomma un modo semplice e veloce per capire quali dati vengono raccolti su di noi, dove e come è possibile scaricare tali dati per sapere in dettaglio quali e quante informazioni personali ogni determinata azienda con cui abbiamo interagito possiede su ciascuno.

Il sito offre anche un comodo motore di ricerca interno per verificare la presenza nel loro database dell’azienda che vogliamo interpellare.

Molte di quelle censite, come Badoo, Skype e DropBox, purtroppo sono state bucate nel passato da hacker malevoli che hanno poi condiviso profili e account nel web profondo, e questo significa che quelle aziende non sono le sole ad averli. Altre hanno a che fare con giochi online per bambini e adolescenti, da Angry Birds al successo del momento, il videogame sparatutto Fortnite.
Per questo motivo il sito può essere usato anche per fare un’altra semplice verifica: che cosa queste aziende sanno dei nostri figli.