La Repubblica: Fake news, ecco il progetto per monitorare le pagine dei politici su Wikipedia

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Fake news, ecco il progetto per monitorare le pagine dei politici su Wikipedia

Per contrastare le bufale non basta risalire alle fonti. Un gruppo di attivisti ha iniziato a vigilare per sapere chi è responsabile delle modifiche dei profili dei rappresentanti delle istituzioni

di ARTURO DI CORINTO per La Repubbica del 29 Novembre 2017

ROMA – Per diffondere le bufale online adesso si usano chatbots e political bots, sistemi sviluppati con tecniche dell’intelligenza artificiale e capaci di spacciarsi per giornalisti, scrittori e politici. Questi programmi informatici sono in grado di comporre e tradurre articoli politicamente orientati per influenzare l’opinione pubblica. Si tratta spesso di social bots e hanno come bersaglio gli account più popolari usati come vettori per propagarsi in maniera virale.

I social bots sono spesso alla base delle fake news, storie verosimili ma non veritiere, composte in un linguaggio sgrammaticato e con tutti gli indicatori delle bufale, a cominciare dai titoli “sparati” ed eclatanti. Per capire la loro importanza basta considerare che sono stati alla base della falsa notizia per cui Hillary Clinton avrebbe gestito un giro di pedofilia nel sottoscala di una pizzeria dell’Indiana. Ma esistono anche i “bots” che scoprono da dove originano notizie e narrazioni fasulle, come nel caso dei bots di Wikipedia. Vediamo come funzionano.

Il 2 agosto 2013 un utente anonimo di Wikipedia ha editato la voce relativa ad Edward Snowden, il whistleblower della Nsa, modificando la sua descrizione da “dissidente” a “traditore”. Nel 2014 è stato fatto lo stesso modificando la pagina dell’Alto commissario per i diritti umani Navi Pillay. Nel 2011 era accaduto il contrario con Mike Pence: una manina su Wikipedia aveva improvvisamente reso la sua pagina un capolavoro di adulazione.

Niente di male si dirà. Wikipedia, l’enciclopedia collaborativa online è fatta per essere aggiornata  da chiunque, in forma anonima oppure previa registrazione, sempre però lasciando come impronta digitale dell’avvenuta modifica il proprio IP, l’etichetta univoca che identifica ogni computer collegato a una determinata rete. Un fatto che nei casi citati ha permesso di attibuire le modifiche ai computer della rete del Senato americano.

Successive analisi di Wikipedia hanno dimostrato che erano migliaia i computer del Senato e del Congresso che avevano modificato biografie di onorevoli, proposte di legge e rapporti parlamentari. Molti in “buona fede”, alcuni no e altri che avevano fatto bloccare dallo staff dell’enciclopedia i loro autori per aver modificato non tanto i fatti, ma la loro descrizione rendendoli più accettabili e meno pericolosi per l’opinone pubblica. Un caso eclatante si era verificato nel dicembre 2014 quando, dallo stesso Senato Usa, qualcuno aveva modificato le conclusioni del Comitato senatoriale sulle torture della Cia rimuovendo la parola tortura e preferendogli solo la dizione di “tecniche avanzate di interrogatorio”.

La scoperta di casi come questi è stata resa possibile da un “bot”, un software automatico che registra i cambiamenti anche minori delle singole voci di Wikipedia e le pubblica in tempo reale su Twitter. Nel caso delle modifiche americane l’account che le pubblica è @congressedits account che twitta solo i cambiamenti originati da un indirizzo IP che appartenga al congresso.

Da allora, però un gruppo di attivisti sparsi ai quattro angoli del pianeta si è preso l’incarico di monitorare queste modifiche nella maggior parte dei paesi occidentali: Spagna, Irlanda, Regno Unito e altri. In Italia è @ItaGovEdits a pubblicare le modifiche anonime su Wikipedia dalla Camera, dal Senato, dalla presidenza del Consiglio e dalla presidenza della Repubblica. L’idea iniziale di Tom Scott, tradotta in codice, per l’Italia è gestita da Renato Gabriele, un informatico bolognese.

E proprio riguardo al nostro paese sono di ieri sono le modifiche fatte da un computer della presidenza del Consiglio alla biografia di Alessandro Leogrande, collega giornalista morto prematuramente. Modifiche certo non allarmanti, come non lo sono quelle della voce “Ettore Rosato” o “Giordano Bruno Guerri”, “Felice Casson”, ma che assumono invece un altro significato quando riguardano il ministro della Difesa Roberta Pinotti e le dotazioni d’arma dell’esercito Italiano. In quel caso le modifiche sono state successive all’ipotesi di mandare le nostre truppe in Libia e forse avevano come obiettivo nascondere quante più informazioni possibile a occhi e orecchie indiscreti.

Oggi il tema torna alla ribalta con le fake news. Gli esperti dicono che per contrastarle un mezzo c’è ed è l’educazione alla ricerca delle fonti. Ma, appunto, se la fonte ultima anche per i giornalisti è Wikipedia e dai più considerata affidabile, cosa accade quando riporta versioni “modificate” su tematiche di stretta attualità e oggetto di battaglia politica? In fondo è normale che ogni politico voglia apparire quello che è rimuovendo informazioni indesiderate come dichiarazioni intempestive o promesse non mantenute, ma cosa accade quando la manina anonima modifica le biografie e le scelte politiche degli avversari?

Un articolo di PLOSone, la libreria scientifica open source, ha dimostrato nel 2015 che le biografie e le scelte poltiche dei parlamentari attivi hanno un vizio di base, sono state per la maggior parte editate dai loro staff.
Wikipedia ha il suo modo di controllarle e rimuoverle se sono orientate ma quanti di noi se ne accorgeranno? E sopratutto, quando?