Cybersecurity: Trump ha scelto Giuliani per combattere il crimine informatico ma è solo un contentino

Trump ha scelto Giuliani per combattere il crimine informatico ma è solo un contentino

La scelta di Giuliani appare come un segnale di interesse verso il mondo delle imprese di cui Giuliani è consulente, ma il task è mal definito e Giuliani non sarebbe competente, dicono i detrattori

Arturo Di Corinto per Cybersecurity del 14 gennaio 2017

Con lo stile che lo ha sempre distinto, ha detto che il cybercrime è come il cancro e che gli hacker sono come la Mafia. Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York, è stato scelto da Donald Trump come consulente contro lo spionaggio informatico nel settore privato. Lo ha annunciato lo staff del presidente eletto degli Stati Uniti, il quale ha dichiarato di voler definire un progetto per la sicurezza informatica nazionale entro 90 giorni dall’inizio del suo mandato. Per farlo ha deciso anche di creare una sorta di task force che parli col mondo delle imprese e a guidarla sarà appunto Giuliani, scelto, dicono, per via delle sue competenze.

Che cosa significa la scelta di Giuliani per la cybersecurity Usa

Giuliani, politico navigato, era stato già indicato come possibile Ministro della giustizia, capo della Homeland security, e direttore dell’intelligence nazionale, ma voleva per sé il ruolo di segretario di stato che non è riuscito però a conquistare.

Perciò adesso “condividerà la sua competenza e le sue idee” per affrontare, si legge nel comunicato diffuso dal transition team, i problemi legati alla cyber security. E visto che si tratta di un problema destinato a evolvere, lo staff del presidente eletto ha annunciato che Trump con lui ha in mente di organizzare una serie di incontri con i manager delle grandi aziende che hanno subito attacchi informatici.

Ma i detrattori di questa scelta sostengono che non si capisce bene quali siano le reali competenze dell’ex sindaco e cosa facciano lui e il suo studio di consulenza, GiulianiSecurity, che dalle pagine del sito omonimo dice di occuparsi non solo dei temi della sicurezza informatica, ma di sicurezza in generale. Lo studio, o meglio l’azienda di consulenza da lui guidata era stata già precedentemente criticata per aver assunto esperti di dubbia fama e per aver lavorato con imprese molto discusse. Ma è difficile farne un riassunto. Nel momento in cui scriviamo il sito web di Giulianisecurity è down.

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Tuttavia l’obiettivo di Trump di coinvolgere anche il settore privato nella strategia cyber nazionale, all’interno di un’ampia revisione del settore della sicurezza informatica degli Usa appare condivisibile da più parti. Considerata l’amicizia con Giuliani, l’unico che ha difeso Trump negli scandali sessuali, potrebbe essere il segno di un rinnovato reale interesse verso le tematiche della cybersicurezza dopo gli svarioni accumulati nei mesi precedenti, come quando aveva suggerito di chiudere Internet per fermare il terrorismo.

Oppure potrebbe significare il contrario come sostiene il New York Times, e cioé che un ruolo così mal definito (ill-defined) per Giuliani potrebbe essere la dimostrazione che Trump non mira davvero a fare della cybersecurity un settore di punta delle politiche nazionali.

La svolta di Trump

E tuttavia Trump adesso non nega più le interferenze russe nella campagna e nelle votazioni presidenziali americane che gli hanno fatto conquistare la Casa Bianca; ha subito a più riprese l’attacco degli hacktivisti legati ad Anonymous, ha, secondo gli analisti, dei siti colabrodo, è consapevole che le minacce informatiche alla sicurezza nazionale non vengono solo dalla Russia ma anche dalla Cina.

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In campagna elettorale Trump aveva promesso di istituire un Cyber review team per rafforzare la sicurezza informatica delle agenzie federali con esperti di cyber security del mondo militare, civile e privato per controllare la sicurezza delle agenzie federali, indagare sui cybercriminali e prevenire gli attacchi.

Da un punto di vista mediatico, il comunicato sulla scelta di Giuliani punta a far dimenticare le polemiche con Barack Obama che gli rimproverava l’esplicito rifiuto a farsi debriefare dai servizi di intelligence ogni mattina come è abitudine di ogni (buon) presidente americano.

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