L’analisi, realizzata a partire da fonti aperte, non contempla tutti gli incidenti di sicurezza che banche, assicurazioni, industria e big tech tengono nascosti per paura di ulteriori danni reputazionali e operativi, ma le tendenze rilevate sono più che plausibili. D’altra parte i rapporti delle singole aziende di cybersecurity sono anch’esse spesso realizzati sulla base degli attacchi e degli incidenti che cadono sotto il perimetro d’interesse delle aziende che difendono, e vanno quindi presi con le molle, senza pretesa di esaustività.
Tuttavia, insieme alle brutte notizie del Rapporto 2020, Clusit ce ne ha data una buona: la nascita di Women for Security, la community rosa della cybersecurity italiana che mira a coinvolgere tutte le professioniste italiane della sicurezza cyber.
L’associazione, costituita nel marzo scorso dalle professioniste dell’associazione, oggi conta una cinquantina di membri. La fondatrice, Cinzia Ercolano, Ceo di Astrea e membro dell’Advisory Board di Women For Security, ha radunato intorno a sé donne esperte in vari ambiti professionali: dalla ricerca, alle tecnologie, alla divulgazione scientifica e culturale, fino a quelli legale, della comunicazione e del marketing.
Del board fanno parte altre due manager, Cristina Gaia di CyberArk e Carmen Palumbo di F-Secure. Si tratta di una buona notizia perché come dicono loro stesse, la cyber security è oggi un’emergenza anche a causa della scarsa rappresentanza femminile all’interno del settore.
I dati rilevati da Women in Cybersecurity, hanno evidenziato come il campo della sicurezza informatica soffre di un’enorme carenza di competenze: 1,8 milioni di profili a livello globale entro il 2022, e 350.000 solo in Europa, un gap aggravato dall’assenza di profili femminili, con le cyberladies che sono solo il 7% della forza lavoro europea. Motivo per cui l’Organizzazione europea per la cybersecurity, Ecso, ha inaugurato a luglio il primo database delle donne europee nella cybersecurity.
Women For Security – la community si ritrova su LinkedIn – ha avviato per le sue socie attività di formazione a livello professionale e previsto iniziative di sensibilizzazione su temi di attualità per favorire un ruolo sempre più attivo della donna nella cyber società.
E per contribuire a diffondere la cultura della cybersecurity tra le fasce più giovani della popolazione incoraggiando altresì le giovani donne ad abbracciare le discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) dove eccellono, e le nuove professioni digitali.
Avevamo già notato su queste pagine che la “femminilizzazione del lavoro” riguarda l’importanza crescente nell’ambito della produzione immateriale di certe caratteristiche femminili storicamente collegate all’attenzione dedicata alla cura, al multitasking, alla flessibilità e capacità di pensiero creativo, le ultime tipiche della mentalità hacker che guarda alle cose da una prospettiva diversa e imprevista. Perciò, benvenute.