Sono facce diverse della stessa storia: la trasformazione di Internet in arma di guerra. Negli ultimi mesi abbiamo assistito al coinvolgimento della società civile nella guerra russo-ucraina. Il governo ucraino ha chiamato i cittadini a difendere le infrastrutture critiche del paese con mezzi informatici e a bersagliare con attacchi DDoS quelli russi e i russi hanno agito nello stesso modo mentre diffondevano malware distruttivi dentro e fuori il paese invaso.
Per prevenire propaganda e disinformazione i governi occidentali hanno bandito social e media russi dai propri territori e la Russia ha fatto lo stesso in ritorsione. Intanto però prima dell’ingresso delle truppe russe in Ucraina, i modem della rete Internet satellitare KA-SAT di Viasat sono stati disabilitati in massa e poi sono arrivati gli attacchi informatici veri e propri.
In aggiunta a questo i servizi segreti di Putin hanno sfruttato i gruppi ransomware filorussi per attaccare la supply chain di aziende dei paesi Nato con l’obbiettivo di interferire con la produzione di armi e l’erogazione di servizi essenziali come acqua e servizi sanitari.
Motivo per cui gli Usa sono intervenuti nel conflitto coi loro cybersoldiers. Come era già successo nel 2015, le forze russe hanno anche occupato i principali Internet service provider della Crimea, interrotto i collegamenti con l’Ucraina, costruito un nuovo cavo sottomarino in fibra ottica e reindirizzato il traffico Internet attraverso Miranda Media, sede a Mosca, per consentire a Roskomnadzor, l’autorità russa di regolamentazione delle telecomunicazioni, di controllarlo e obbligare i residenti della penisola a rispettare le draconiane normative russe.
Un modello replicato nei territori occupati di Kherson e altre città che ha indotto gli ucraini in ritirata a distruggere le loro stesse infrastrutture di comunicazione. Mosca ha pure tentato di vietare l’uso di Tor e reti private (Vpn), usate per aggirare la censura del governo, minacciando perfino di staccarsi dall’Internet globale col progetto RuNet.
Nel frattempo Elon Musk offriva a Zelensky il suo sistema satellitare per garantire agli ucraini la possibilità di comunicare via Internet e diverse aziende private mettevano a disposizione le immagini dei propri satelliti per dirimere la responsabilità di eccidi come quello di Bucha, mentre ClearView, la famigerata azienda americana di sorveglianza, gli offriva sistemi di riconoscimento facciale per identificare i soldati russi, usati anche per minacciare le loro famiglie.
Insomma il coinvolgimento di attori non statali, la censura dei media e la crescente importanza militare delle telecomunicazioni sta portando a un’accelerazione della balcanizzazione di Internet e alla fine dell’utopia di un mondo pacifico perché iperconnesso e interdipendente grazie alla Rete.
E questo è un problema per tutti.