Però. Adesso che anche i politici parlano della cyberwar in Ucraina rimbalzando i tweet di Anonymous «finalmente dalla parte giusta», e perfino i giornalisti da cronaca rosa copiano gli articoli sulla cyberwar invece di capire che sta succedendo, è arrivata l’ora di ricordarsi che senza Internet la sollevazione globale contro l’aggressione di Putin non potrebbe continuare.
Non se ne dolgano. Apparentemente non l’hanno capito neanche i funzionari ucraini che hanno scritto all’Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) di disconnettere tutti i siti russi dalla rete informatica globale come rappresaglia per l’invasione militare. Come?
Revocando i domini emessi in Russia e chiudendo i server DNS primari del paese (una sorta di elenco telefonico di Internet), una mossa che di fatto bloccherebbe l’accesso internazionale ai siti Internet russi, ma non all’interno della Russia che ha i suoi Dns indipendenti.
Mossa sciocca quindi, perché la maggioranza dei cittadini russi non saprebbe dove trovare notizie e narrative diverse da quelle di regime, come esprimere il proprio dissenso, raccontarci che succede e restare collegati con parenti, amici e cugini ucraini.
Icann, sede in California e responsabile della “stabilità operativa di Internet”, ha confermato come autentica la richiesta di disconnessione inviata da Andrii Nabok, rappresentante ucraino del Comitato consultivo governativo dell’Icann, ma non ha né commentato né dato una risposta.
Pare ovvio il perché. La rimozione dell’accesso della Russia dal Dns principale impatterebbe la funzionalità complessiva di Internet e la gestione delle query dei domini di primo livello, dai .com, al .ru russo, impedendo ai fornitori di servizi Internet russi di comunicare col resto del mondo.
Nella sua email Nabok fa anche riferimento alla revoca delle firme digitali che autenticano i nomi di dominio, che però renderebbe la Russia vulnerabile a vari abusi, compresi gli attacchi al personal banking dei cittadini.
Chi vorrebbe far intervenire l’Icann in questa disputa non considera che una mossa del genere giustificherebbe la scelta, già possibile, di assoggettare l’Internet russa al Cremlino proprio grazie alla “Legge Sovrana”, che prevede la creazione di un Dns nazionale che consentirebbe alla
Russia di mantenere comunque la connettività Internet territoriale in caso di interferenze esterne.
In aggiunta, se l’ICANN creasse un tale pericoloso precedente come la revoca di interi domini di un paese sovrano potrebbe legittimare le spinte autarchiche già manifestate da paesi come Cina, Iran e Turchia che hanno a più riprese minacciato la disconnessione dalla rete globale per protesta contro il “dominio americano dell’Icann”.
Il risultato sarebbe di non avere più una Internet globalmente interoperabile.