slogan

SLOGAN

Voglio il software libero in Regione Lazio per garantire risparmio, efficacia e trasparenza dell’azione amministrativa

Voglio il reddito di cittadinanza nel Lazio per progettare il mio futuro

Voglio cinema, teatri, centri sociali e biblioteche in tutto il Lazio perché la cultura mi fa crescere e diventare indipendente

Voglio le piste ciclabili in tutto il Lazio perché non voglio inquinare

Voglio la raccolta differenziata per tenere le mafie lontane dalla Regione e tutelare la salute di tutti

Voglio musei e aree archeologiche aperti e sicuri in tutto il Lazio per salvaguardare la mia identità e la nostra storia

Voglio che talento, merito e competenze siano al primo posto nel Lazio

Manifesto per l’Innovazione

L’INNOVAZIONE NECESSARIA

“In questi anni abbiamo assistito a innumerevoli attacchi contro la libertà in rete, dalla repressione dell’informazione online alle norme che violano la privacy degli utenti, dalla criminalizzazione del p2p alla demonizzazione della stessa Internet, mentre la società civile dimostrava, attraverso la rete, un’inedita capacità di proporre e promuovere azioni comuni, connettersi consapevolmente e sviluppare una progettualità sociale di una ricchezza tale da non poter più essere ignorata.

Contemporaneamente, alle dinamiche di rete e all’uso delle nuove tecnologie, nel recente passato, è stata spesso associata la parola innovazione, come a intendere che ogni scelta, ogni opzione, ogni politica fosse giustificata dagli elementi di novità che la rete e la tecnologia portavano nell’organizzazione dei modelli produttivi, negli assetti sociali, nella gestione della cosa pubblica.

Ma la parola innovazione non è una parola neutra. Innovazione per noi vuol dire partecipazione consapevole, libertà di cultura, condivisione di conoscenza, creatività responsabile, valorizzazione delle differenze, trasparenza ed efficienza nella gestione della cosa pubblica e dei processi produttivi. Elementi senza i quali non può darsi alcuna innovazione.

Fare innovazione è fantasia e fatica che durano nel tempo, intelligenza di tanti, capacità di immaginare e realizzare nuovi modi di produrre, cooperare, conoscere e conoscersi, mobilitazione larga e duratura di teste e di corpi.

L’innovazione necessaria non la fanno i monopolisti dell’informatica, ma i tanti che aggiungono valore al software libero.

L’innovazione necessaria non la fanno le multinazionali dell’editoria, che proteggono con il copyright la rendita del loro patrimonio informativo, ma gli autori e le amministrazioni che quel patrimonio rendono liberamente disponibile e accessibile.

L’innovazione necessaria non si fa vendendo cellulari e suonerie, ma portando connettività a basso costo nelle aree marginali del paese.

L’innovazione necessaria non sono i luoghi della flessibilità senza prospettive come i call center, ma nuovi diritti e nuova partecipazione sul lavoro.

L’innovazione necessaria non la fanno quelli che usano le università unicamente come aziende di consulenza, né un governo che taglia indiscriminatamente le risorse sulla ricerca pubblica, ma quelli che diffondono conoscenza e fanno ricerca nelle reti sociali e professionali di cooperazione.

L’innovazione necessaria non è mera conservazione del patrimonio culturale in un museo virtuale, né ricerca di un’estetica
autoreferenziale, ma impegno sui processi di creatività responsabile.

L’innovazione necessaria non la fa chi usa il digital divide per fare dei paesi in via di sviluppo discariche informatiche di prodotti scaduti, ma chi in quei paesi lavora per trasferire competenza e saperi liberi.

L’innovazione necessaria non la fa chi pensa che la funzione pubblica sia un ministero, ma i tanti che negli uffici del nostro paese quella funzione quotidianamente assolvono, cercando gli strumenti per migliorare processi e servizi.

L’innovazione necessaria non la fa chi usa la rete come una televisione, ma chi usando la rete ha costruito una cultura politica basata sul rispetto dell’autonomia, sul libero accesso ai contenuti, sul potere della cooperazione.

L’innovazione necessaria non la fanno solo le imprese che discutono su come usare la rete per aumentare i propri profitti, ma anche chi si impegna per declinare i diritti umani nell’era di Internet.

Per fare dell’innovazione un processo di cambiamento e non uno slogan, per organizzare i processi di cambiamento e non la spartizione dei ministeri, per dare forza e rappresentanza a chi ha imparato a fare innovazione nei mille contesti della rete, per discutere insieme le nostre proposte, siamo tutti necessari.”