“Gli accertamenti sono ancora in corso” ha dichiarato Papamiltiadis, ma ha dovuto ammettere che nonostante Facebook avesse già apportato alcune limitazioni nelle policy di condivisione dei dati con gli sviluppatori esterni proprio dopo la rivelazione dello scandalo Cambridge Analytica del 2018 – raccogliendo in maniera illegittima i dati di 87 milioni di utenti -, questi stessi sviluppatori hanno mantenuto “la possibilità di accedere alle informazioni sui membri dei gruppi più a lungo di quanto l’azienda intendesse”.
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La società ha assicurato ai suoi utenti di aver bloccato tutti gli accessi non autorizzati ai dati e di non aver trovato prove evidenti di abusi però non ha rivelato il numero totale di utenti interessati e se i dati accessibili agli sviluppatori di app riguardassero anche altre informazioni oltre ai nomi e alle immagini del profilo.
“Sebbene non abbiamo riscontrato alcuna prova di abuso, chiederemo loro di eliminare tutti i dati dei membri che potrebbero aver conservato e condurremo delle indagini per confermare che sono stati eliminati”, ha dichiarato la società, aggiungendo che “almeno 11 partner hanno effettuato l’accesso al gruppo informazioni sui membri negli ultimi 60 giorni”.
Proprio nel luglio scorso Facebook aveva accettato di pagare una multa di 5 miliardi di dollari a titolo di accordo con la Federal Trade Commission (FTC) per la truffa di Cambridge Analytica e aveva anche accettato un accordo di 20 anni con la FTC per l’elaborazione di nuove linee guida sulla gestione della privacy dei propri utenti.
In un blog post il direttore dei programmi per gli sviluppatori del social blu ha ammesso la possibilità che terze parti “abbiano avuto accesso alle informazioni più a lungo di quanto l’azienda intendesse”
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 6 Novembre 2019