Assemblea dei CdR della RAI proclama lo stato di agitazione e affida a Usigrai un pacchetto di 5 giorni di sciopero

L’Assemblea dei Cdr e dei fiduciari della Rai proclama a larghissima maggioranza (8 voti contrari e un astenuto) lo stato di agitazione e affida a Usigrai un pacchetto di 5 giorni di sciopero.

L’Assemblea contesta la volontà di trasformare il Servizio Pubblico nel megafono dei partiti, e all’azienda gli accorpamenti di testate calati dall’alto che svuoterebbero Radio1 della sua vocazione all news, la mancata volontà di indire una selezione pubblica per sostituire gli oltre 100 colleghi usciti dalla Rai negli ultimi anni, il mancato rispetto degli accordi sindacali sugli organici nella Tgr, l’assenza di risorse per stabilizzare i precari che lavorano nelle reti, i tagli alle troupe e la disdetta da parte del vertice del premio di risultato.

Il documento approvato:

L’Assemblea dei Cdr e dei fiduciari della Rai, convocata online da Usigrai, esprime fortissima preoccupazione per la situazione di stallo in cui versa l’azienda.

Mentre da un lato si registra la fuga di alcuni dei volti noti della Rai verso altri competitor – con inevitabili ripercussioni anche sugli ascolti e sui bilanci aziendali – dall’altro non si difende l’autonomia del Servizio Pubblico dalla politica. L’Assemblea dei Cdr concorda con l’Usigrai: il Servizio Pubblico non può essere il megafono dei partiti. Una presa di posizione del sindacato che ha avuto eco anche al di fuori dei confini nazionali: è infatti indispensabile una missione internazionale sulla libertà di stampa nel nostro paese.

Non solo, l’informazione risulta la grande assente nel Piano Industriale. Non esistono linee guida sull’impatto che la trasformazione in digital media company avrà sul settore giornalistico. Nei gruppi di lavoro “Ottimizzazione offerta editoriale” e “Evoluzione competenze ed interventi organizzativi” non ci sono giornalisti, e per ora gli unici interventi, calati dall’alto senza alcun confronto con il sindacato, sono quelli che prevedono lo smembramento della Radio, con Gr Parlamento e la redazione sportiva che verrebbero assegnati rispettivamente a Rai Parlamento e Rai Sport, svuotando di fatto Radio1 dalla sua vocazione all news basata su informazione e sport, senza alcuna ragionevole motivazione organizzativa o industriale, senza alcun vantaggio per la testata o per l’azienda.

Tutto questo in un quadro di mancato rispetto degli accordi sindacali sugli organici della testata giornalistica regionale e di mancato turn over nelle testate nazionali, che di fatto producono una riduzione del perimetro occupazionale. Sono oltre 100 le uscite non sostituite negli ultimi anni, con conseguenti maggiori carichi di lavoro a fronte di un aumento dei prodotti informativi. Tutto questo con continui tagli al budget per le troupe e la mancanza di risorse per procedere alla stabilizzazione dei colleghi precari che lavorano nei programmi, come la Rai si è impegnata a fare con la cosiddetta fase 2.

Inoltre, il fatto che la Rai abbia più volte ribadito di non voler procedere ad una selezione pubblica – l’unica che permette un accesso trasparente in azienda – impedisce alle colleghe e ai colleghi della Tgr di potersi trasferire per ricongiungersi con i familiari o per legittime ambizioni professionali. Al contempo i trasferimenti delle colleghe e dei colleghi dai generi ai nazionali, in assenza di graduatorie concorsuali, agevolano le cosiddette “prime utilizzazioni” a chiamata diretta nei programmi, mentre il codice etico Rai impone “il ricorso a procedure concorsuali o comunque a criteri oggettivi di selezione” e di fatto creano nuovo precariato.

Non solo. Da anni l’azienda non sostituisce le colleghe in maternità, ottenendo indirettamente un vantaggio economico e aumentando, anche in questo caso, il carico di lavoro delle redazioni.

Da ultimo, in questo quadro preoccupante, si inserisce la disdetta dell’accordo sul premio di risultato, con la motivazione di volerlo allineare a quello delle altre categorie professionali. L’assemblea trova inaccettabile quanto prospettato dall’azienda al sindacato, di non voler prevedere, cioè, una parte fissa come per gli altri dipendenti e di voler legare l’erogazione ai risultati di ascolto generali della Rai e non più a quelli delle maggiori edizioni dei telegiornali, come da precedente accordo. Di fatto facendo pagare con un taglio alle retribuzioni dei giornalisti gli sprechi e le eventuali scelte editoriali sbagliate dei vertici, che non sono chiamati invece a risponderne.

Per tutte queste motivazioni l’Assemblea dei Cdr e dei fiduciari della Rai proclama lo stato di agitazione che segna l’avvio di una mobilitazione e affida all’Usigrai un pacchetto fino a 5 giorni di sciopero.

Il Manifesto: Tra bufale e software spia, sicuri di WhatsApp?

Tra bufale e software spia, sicuri di WhatsApp?

Hacker’s Dictionary . Nso Group, azienda israeliana di software spia, utilizza WhatsApp per pedinare i difensori dei diritti umani. Aavaz chiede di diventare fact-checkers per impedire la propagazione di bufale via chat

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 16 Maggio 2019

Ci sono due notizie che riguardano WhatsApp questa settimana. La prima è che l’azienda di proprietà di Facebook ha rilevato una falla di sicurezza nel suo software che permette di rubarci i dati con una semplice telefonata. La seconda è che Aavaz, network mondiale di attivisti, ha chiesto a tutti di trasformarci in cacciatori di bufale affinché non si propaghino via cellulare.

La prima notizia è abbastanza brutta. Pare che Nso Group, società israeliana entrata in Novalpina, e specializzata nei software spia, sia riuscita a sfruttare una vulnerabilità del servizio di messaggistica per mettere sotto controllo un’attivista per i diritti umani, un avvocato che fa base a Londra. L’avvocato, insospettito da strane telefonate notturne, ha chiesto ad alcuni esperti di verificargli il telefono e ha scoperto di essere sotto controllo. Continua a leggere Il Manifesto: Tra bufale e software spia, sicuri di WhatsApp?