La Repubblica: Internet Governance Forum, i cittadini possono disegnare il futuro della rete

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Internet Governance Forum, i cittadini possono disegnare il futuro della rete

È online la call per partecipare alla definizione dei temi e delle proposte da portare a Berlino all’Internet Governance Forum, il “parlamento” che ogni anno discute a livello mondiale la direzione dello sviluppo della rete. E l’Italia prova a organizzarsi

di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 9 Dicembre 2019

ROMA –  “Limitare gli usi negativi di Internet e incrementare le opportunità che offre senza lasciare indietro nessuno”. In un momento in cui ci sentiamo travolti da notizie false, furti di dati, software spia e troll che impazzano sui social, suona strano, ma si può fare. E si può fare con il contributo di tutti, nonostante lo strapotere di Big Tech, il terrorismo che ritorna online e le accuse di Trump a Internet, che considera responsabile dell’immigrazione illegale negli Usa? Ma come? Ad esempio attraverso la partecipazione alle consultazioni online sul futuro di Internet.

Volute dal comitato promotore dell’Internet Governance Forum globale (Igf) le consultazioni, che terminano il 15 e il 24 gennaio, rendono possibile a chiunque segnalare quello che riteniamo importante fare per mantenere Internet un luogo aperto, accogliente e utile. O almeno questo è quello che crede l’Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite che dal 2006 è impegnata a promuovere l’Igf nei cinque continenti e a livello locale in ogni nazione, Italia compresa. Non è un’utopia. Nei tredici summit che si sono finora susseguiti, da Atene a Parigi, passando per Dubai e Rio de Janeiro, questi incontri sono serviti a far maturare tecnologie, usi e standard di comunicazione per la rete Internet favorendo il dialogo fra tutti i portatori d’interesse “per sviluppare il potenziale umano” attraverso la rete mondiale.

Per capirci, prima della nascita dell’Igf non era possibile usare i caratteri cirillici per cercare un sito attraverso la barra del browser, alle donne di alcuni paesi mediorientali non era possibile accedere alla rete e gli indirizzi Internet (Ipv4) per dare un nome ai siti erano quasi finiti. È stata la comunità internazionale riunita nel parlamentino dell’Igf a sviluppare la moral suasion necessaria per una rete più sicura al servizio della diversità, della pace e della democrazia. Partecipare alla definizione dei temi e delle proposte da discutere per il futuro di Internet è sempre stato l’obbiettivo dell’Igf, portando a convegno tutti quelli che ne fanno uso, gli ‘stakeholder’, in rappresentanza di governi, imprese e società civile insieme all’Icann, all’Internet Engineering Task Force, al W3C e alla Internet Society. Un obbiettivo ribadito ancora nel 2018 dal segretario delle Nazioni Unite, il portoghese António Guterres, che ne ha organizzato l’ultima edizione insieme alla Francia nella città di Parigi proprio il novembre scorso.

I temi su cui applicarsi nella call tematica sono quasi gli stessi da tredici anni: privacy e cybersecurity, diritti umani, libertà d’espressione e accesso all’informazione, protezione delle minoranze, stimolo alla diversità linguistica e culturale, sviluppo del commercio e dell’industria. Tutti però declinati in ragione delle novità via via introdotte dalla tecnologia: dal web 2.0 al ruolo dei social network fino alla blockchain e all’etica dell’Intelligenza Artificiale. Con un’aggiunta importante che nell’anno appena concluso è emersa con forza, la consapevolezza comune della necessità di dominare le tecnologie e di non esserne dominati, coinvolgendo psicologi e antropologi nella riflessione globale, come ha detto a Parigi il segretario Onu António Guterres, ampliando la platea degli attori interessati, facendo partecipare giovani e minoranze a scegliere la direzione che vogliamo dare a questa straordinaria invenzione che è la Rete. Una Rete che oggi diamo per scontata e della cui importanza ci accorgiamo solo quando non funziona. Una riflessione che il presidente francese Emmanuel Macron vorrebbe propedeutica a politiche internazionali di regolazione di Internet suscitando il sospetto di volergli mettere un cappello per spostare sull’asse franco-tedesco l’influenza che l’Igf può esercitare sul futuro della politica e del commercio mondiali.

E l’Italia in questa sfida come è messa? Dal ruolo di primo piano avuto alle origini dell’Igf grazie al contributo di Stefano Rodotà, e all’idea della “Costituzione di Internet”, secondo Stefano Trumpy, presidente di Isoc, primo attore delle precedenti nove edizioni dell’Igf Italia, il nostro paese conta sempre di meno nei contesti internazionali. Ma le cose potrebbero cambiare presto. Nei corridoi dei ministeri si registra un rinnovato interesse verso l’Igf italiano e quello globale, che si terrà a Berlino nel novembre 2019. In gioco c’è il dividendo politico che i diversi ministri vorrebbero ottenere controllandone i processi. Così mentre nell’ultimo Igf Italia è stata l’Agid, l’Agenzia per l’Italia digitale, ad avere il ruolo organizzativo principale della convention tenutasi due mesi fa all’Università Luiss per preparare la posizione italiana, secondo Trumpy senza essere all’altezza delle aspettative, adesso il Mise, attraverso l’Istituto superiore per le comunicazioni, l’Iscom, rivendica il ruolo che per statuto gli compete nel seguire i lavori Igf a livello internazionale.

Da noi interpellati, all’Agid negano che ci sia un qualsivoglia conflitto sul tema: “Iscom e AgID lavorano congiuntamente nel Comitato di Programma Igf Italia, un gruppo di lavoro multistakeholder attivato per la preparazione annuale dell’evento”, mentre il Mise non ha voluto rispondere alle nostre domande. Su una cosa però l’Agid e Trumpy sono d’accordo: “Istituzionalizzare il dibattito Internet Governance mediante l’avvio di un organismo consultivo multistakeholder in via permanente, analogamente a quanto accade negli altri paesi del mondo”, come afferma Agid. A cui Trumpy ribatte: “Proposte in questo senso sono state avanzate ai governi che si sono succeduti dall’Igf 2014 in poi, sin qui senza successo. L’Igf è di tutti i cittadini, non può essere soltanto affare dei governi”.