Partito pirata sogna il boom
“Noi piccoli, servono soldi”
NatI in Italia sulla scia del partito svedese, ora festeggiano la vittoria di Berlino e a sorpresa difendono il diritto d’autore. Ecco chi sono e cosa vogliono di ARTURO DI CORINTO
Repubblica del 22 settembre 2011
Categoria: Testate giornalistiche
Emergency: Il web 2.0 controlla tutti
Privacy per finta. Il web 2.0 controlla tutti
Arturo Di Corinto
per Emergency – il mensile, settembre 2011
Abbiamo creduto a lungo che sul web fosse tutto gratis, invece lo paghiamo coi nostri dati personali. E non stiamo parlando dei dati ottenuti in maniera fraudolenta attraverso il phishing o il furto di identità online – al mercato nero questi dati valgono fino a un centesimo di euro per un indirizzo email, 2 euro per i dati anagrafici completi, e 750 per la carta di credito con data di scadenza e pin – ma delle informazioni che generosamente e volontariamente cediamo durante le nostre interazioni in rete per avere in cambio dei servizi.
Il commercio di dati personali è il senso profondo del Web 2.0, l’evoluzione in senso partecipativo del web che si fonda su un modello di business che unisce gratuità e pubblicità. Le aziende offrono gratuitamente email, spazio web, piattaforme di blogging, servizi di traduzione e motori di ricerca e in cambio veicolano pubblicità. Più esattamente vendono spazi pubblicitari, tanto più costosi per gli inserzionisti quanto più sono mirati, cioè ritagliati sulla conoscenza di chi li vedrà. Non è diverso da quello che fa l’Auditel per la televisione tradizionale. Ma con Internet cambia tutto. Ogni volta che visitiamo un sito, che inviamo una email, che compriamo un biglietto del treno o dell’aereo, i nostri dati vengono registrati e collegati a potenti database da cui una manciata di aziende ricostruisce i gusti, i desideri, le inclinazioni personali e la nostra capacità di spesa.
Si chiama data-mining il processo per cui i nostri dati vengono trasformati in informazioni commerciali. La maggior parte dei siti che visitiamo infila dei tracking files, file di tracciamento, nel nostro browser. Ma per farci cosa? Per ritagliare su questi profili delle offerte commerciali da visualizzare sullo schermo del pc. E allora? Che c’è di sbagliato? Beh, pensate che è come quando in seguito a un acquisto il commesso di un centro commerciale comincia a seguirci e ad annotare quello che compriamo negli altri negozi per aspettarci all’uscita e farci un’offerta che proprio non possiamo rifiutare. Inquietante, no? Quindi attenzione alla privacy e a non cedere troppo facilmente i propri dati personali. Intanto per sapere chi ci segue online si può installare il software offerto da ghostery.com, almeno saprai sempre chi ti insegue online.
L’Espresso: Aiuto: anche internet inquina
Il nuovo data center di Apple consuma come 250 mila case. Ma anche Facebook e Twitter divorano energia. Così ora parte la sfida per un web pulito.
Arturo Di Corinto per L’Espresso del 22 luglio 2011
Apple inquina. Facebook e Twitter pure, Yahoo un po’ di meno. Le aziende più moderne del mondo vanno a carbone e contribuiscono pesantemente al riscaldamento globale. E come se non bastasse mantengono uno spesso velo di segretezza intorno all’uso che fanno dell’energia necessaria a veicolarci da remoto quelle meraviglie che sono la musica digitale, i cinguettii delle nostre conversazioni e gli aggiornamenti di status. Sembra incredibile ma è proprio così. […]
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Emergency: L’internazionale Hacker
L’internazionale Hacker
Arturo Di Corinto
per Emergency – il mensile, agosto 2011
Hacker di tutto il mondo, unitevi!
Arturo Di Corinto per Emergency – il mensile
Il Chaos Computer Club è il circolo di hacker più antico del vecchio continente. Fondato nel 1981, ha compiuto 30 anni quest’anno e un ulteriore occasione per festeggiarli è data dal “Chaos Communication Camp”, un evento internazionale, lungo 5 giorni, all’aria aperta, per hacker e affini, che anche questa volta si tiene vicino a Berlino dove il gruppo é nato. L’incontro, che dura dal 10 al 14 agosto e si ripete ogni quattro anni, é un momento di condivisione in stile hacker di metodi, strumenti e conoscenze su informatica, hardware e telecomunicazioni. Se siete saltati sulla sedia a leggere di un campeggio di hacker vicino alla capitale della fortezza Europa, rilassatevi. Non è l’unico e non sarà l’ultimo, e ricordate che gli hacker non sono quelli che vi raccontano al telegiornale. Continua a leggere Emergency: L’internazionale Hacker
Emergency: Più verde nei computer
Più verde nei computer
Arturo Di Corinto
per Emergency – il mensile, luglio 2011
L’Agcom e il diritto d’autore
L’Agcom e il diritto d’autore
Arturo di Corinto*
per Articolo 21 del 4 luglio 2011
Il giorno 6 di luglio verrà messa in consultazione la delibera Agcom che prevede la rimozione selettiva e la eventuale chiusura di siti sospettati di violazione del diritto d’autore. Dopo le note vicende, le pressioni del governo americano, la rimozione del relatore progressista della delibera, le chiusure dei membri dell’Agcom verso gli oppositori all’iniziativa, continua una guerra ideologica e molto poco pratica intorno a un tema cruciale per una società che si dice della conoscenza.
In realtà, gran parte del can can intorno alla questione ha una doppia origine: il carattere autoritario della delibera che prevede di intervenire per via amministrativa e non giudiziaria nei casi di presunta violazione del copyright; la scarsa conoscenza del diritto d’autore da parte dell’opinione pubblica che consente ai contendenti di mistificarne le ragioni. Cominciamo col fare chiarezza?
Se pensate di sapere cos’é il diritto d’autore saltate i prossimi paragrafi, se no, andate avanti. Continua a leggere L’Agcom e il diritto d’autore
La Repubblica: Stallman, hacker e indignati “Società digitale, quanti rischi”
Stallman, hacker e indignati
“Società digitale, quanti rischi”
A Firenze il 14esimo Hackmeeting italiano. Con il filosofo del software libero, i contestatori informatici e gli animatori della protesta spagnola. A parlare delle incognite del cloud, di mondo del lavoro digitale, di primato del business sulla persona e di politica di ARTURO DI CORINTO
La Repubblica del 25 giugno 2011
Quando entra scatta l’ovazione. Richard Stallman, instancabile e ombroso portavoce della libertà del software è arrivato all’hackmeeting di Firenze. L’occasione è il quattordicesimo incontro degli hacker italiani. Lui, il “nonno” del movimento riunito al centro sociale Next Emerson, parte subito all’attacco contro cloud computing, software chiuso e intercettazioni. Non vuole le sue foto su Facebook, “non è nostro amico” dice, “e se fate riprese non usate tecnologie proprietarie”. Il suo intervento è sulla libertà nella società digitale. “La tecnologia digitale può essere uno strumento oppressivo e le multinazionali lavorano per ridurre i diritti delle persone”. “Ma sono stupide. Si può fare business anche senza togliere a nessuno la libertà di parola”. Il suo intervento riassume bene la maggior parte degli incontri del convegno: privacy, sicurezza, copyright, Gnu/Linux. Per Stallman “il primo pericolo è la sorveglianza digitale fatta coi nostri computer quando hanno software che non controlliamo. Ma accade soprattutto con Internet e la violazione sistematica della nostra privacy”. “Questa è tirannia”, dice. Continua a leggere La Repubblica: Stallman, hacker e indignati “Società digitale, quanti rischi”
L’Espresso: Attenti, il Web non è un alibi
Attenti, il Web non è un alibi
di Arturo Di Corinto
per L’Espresso del 17 giugno 2011
Dopo i referendum è un luogo comune dire che ‘ha vinto la rete’. Ma gli spettatori del Tg1 sono dieci volte tanto rispetto a quelli si informano sui social network. E il rischio è che Internet diventi una scusa per non affrontare il conflitto di interessi
Siamo in molti a voler credere che il web abbia vinto sulla tv offrendosi come medium privilegiato per l’informazione legata alle amministrative e ai referendum, ma non ne abbiamo le prove.
E cercarle non è irrilevante per due motivi opposti eppure complementari. Il primo è che il conflitto d’interessi che coinvolge il Presidente del consiglio e il suo entourage non è acqua passata, e quindi dobbiamo continuare a occuparci della qualità e del pluralismo dell’informazione radiotelevisiva. Il secondo motivo è che se crediamo nel potenziale democratico della rete è ora di smettere di farci il tiro al bersaglio con leggi e leggine che puntano a imbrigliarla e a consegnarla al mercato.
Il rapporto fra Internet e informazione è un rapporto complesso. Nell’ultima indagine sull’evoluzione dell’informazione online in Italia realizzata da Human Highway e commissionata da Liquida, emerge che la fonte d’informazione primaria per gli italiani rimangono i media tradizionali.
Per il 58 per cento dei 25 milioni di italiani che usano Internet almeno una volta alla settimana, la tv, le radio e i quotidiani restano la prima fonte d’informazione. Motori di ricerca e siti di attualità soddisfano questa esigenza per il 26 per cento dei fruitori d’informazione onl ine, mentre l’8 per cento si affida al passaparola e solo il 5 per cento usa i social network come Facebook e Twitter. Ripetiamolo: il cinque per cento di metà della popolazione italiana, quindi circa mezzo milione di persone, pari a un decimo degli spettatori medi che fanno ogni sera il Tg1 o del Tg5. Continua a leggere L’Espresso: Attenti, il Web non è un alibi
Articolo 21 – Osservatorio TG: Archiviati i referendum i Tg riprendono a raccontare “storie”, cominciando dal fisco
Archiviati i referendum i Tg riprendono a raccontare “storie”, cominciando dal fisco
Il Commento di Arturo Di Corinto, esperto di web e autore de “I nemici della rete”
(Intervista di Alberto Baldazzi per Articolo 21 – Osservatorio TG)
Arturo Di Corinto, come esperto teorico del web, di internet e di tutte le sue diverse manifestazioni, qual è la sua opinione su questa querelle sul rapporto tra informazione Tv e rete, relazionata ai risultati dei ballottaggi e, soprattutto, quelli dei referendum? Chi ha ragione? Continua a leggere Articolo 21 – Osservatorio TG: Archiviati i referendum i Tg riprendono a raccontare “storie”, cominciando dal fisco
Loop: Rete, rivolta e democrazia
Democrazia e rete
Il ruolo del web nelle rivoluzioni maghrebine, tra dinamiche locali e influenze esterne
Arturo Di Corinto per Loop n.13 di maggio 2011
Da Pericle in poi le forme della comunicazione si sono intrecciate costantemente con le forme della democrazia ed è forse per questo che con l’avvento della comunicazione di massa abbiamo creduto che ogni nuovo mezzo di comunicazione potesse prefigurare una nuova alba della democrazia. Basta ricordare come sono stati salutati la comparsa della radio prima, del cinema e della televisione dopo. Ma sappiamo come è andata a finire: prima l’uso propagandistico e goebbelsiano di questi mezzi, poi le concentrazioni e le fusioni editoriali che hanno creato conglomerati mediatici a guardia di ciò era utile comunicare alle masse e come, infine l’occupazione dello spazio mediatico da parte di tycoon candidati a ricoprire le più alte cariche dello stato dalla Thailandia all’Italia passando per il Messico. Continua a leggere Loop: Rete, rivolta e democrazia
Punto-Informatico: LPM, l’Internazionale delle Visioni
LPM, l’Internazionale delle Visioni
di A. Di Corinto – per Punto Informatico
Arte e tecnologia, in tutte le sfaccettature del connubio. Quattro giorni di sinestesie nel corso del Live Performers Meeting, a Roma
Roma – E’ stato detto e ripetuto: la rivoluzione digitale ha cambiato per sempre i concetti di autore, opera e creatività. Software potenti e nuovi linguaggi visuali nelle mani di tanti virtuosi del computer (e della consolle), consentono di mettere in forma idee e talenti come mai era successo prima. Nonostante le accuse di pirateria l’attitudine al remix delle giovani generazioni sta producendo una nuova cultura del do it yourself che usa codici software, immagini e megaschermi per comunicare visioni, sensazioni e immaginari. Un assaggio appetitoso di questa cultura visuale transnazionale ci viene dall’evento annuale del Live Performers Meeting, incontro decennale dei patiti del campionamento visivo che non si limitano però a mostrare il proprio virtuosismo, ma lo condividono sia a livello tecnico che teorico.
Quest’anno i quattro giorni tradizionali del meeting, fatti di performance audiovideo, vjing, workshop, seminari e product showcase si terrà al Cinema Aquila di Roma, uno spazio culturale dedicato al cinema e alle arti visive. La call for partecipation ha registrato uno score di 484 presenze ed è già un risultato. Continua a leggere Punto-Informatico: LPM, l’Internazionale delle Visioni
Punto-Informatico: Voi siete qui, la rivoluzione della trasparenza
Voi siete qui, la rivoluzione della trasparenza
di A. Di Corinto per Punto Informatico
– Sul web il sogno di ogni elettore: sapere chi lo rappresenta meglio. Strumenti aperti, liberi e gratuiti per aprire la politica alla partecipazione
Le elezioni amministrative sono alle porte e come al solito abbondano le risse in tv, le bugie da comizio elettorale, le promesse che non saranno mai mantenute. Però adesso il web e la trasparenza che si porta appresso potrebbero fare la differenza tra un politico imbroglione e un serio rappresentante dei cittadini. In fondo se Internet è la più grande agorà pubblica della storia perché non usare internet per confrontare sul web i programmi dei politici? E perchè non usarla per monitorare l’attuazione del programma di governo dei candidati? Non è un’idea nuova ma l’associazione Openpolis ha escogitato un sistema per farlo bene, velocemente e con l’ausilio di una grafica a prova di incapace: si chiama Voi siete qui Continua a leggere Punto-Informatico: Voi siete qui, la rivoluzione della trasparenza
L’Espresso: Il web per Ai Weiwei libero
Il web per Ai Weiwei libero
di Arturo Di Corinto
per L’Espresso del (12 maggio 2011)
Dal 3 aprile il grande artista dissidente cinese è stato arrestato e non si più nulla di lui. In tutto il mondo si moltiplicano le iniziative in suo favore. E anche l’Italia sta facendo la sua parte, grazie a Internet. Ecco come far sentire la propria voce
Ai Wei Wei è un artista cinese. Uno che crede nell’arte come comunicazione. Ai Wei Wei é l’artista che ha portato alla Tate Modern di Londra gli zainetti degli scolari uccisi dal terremoto del Sichuan nel 2008. E’ anche l’artista che ha disegnato il famoso stadio a nido di rondine per le Olimpiadi del suo paese, la Cina. Ai Wei Wei è scomparso.
Arrestato il 3 aprile dalle autorità, da allora di lui non si ha più traccia. Per questo le istituzioni museali di mezzo mondo hanno lanciato un appello e una petizione per conoscere dove si trovi ora e quale sia il suo stato di salute. L’appello è stato ripreso e rilanciato dall’associazione Pulitzer, un’associazione italiana che si occupa di libertà d’espressione, quella libertà che il governo cinese non concede né a uno dei suoi figli più noti né a quanti, sconosciuti, si battono da anni nel paese dei mandarini per i diritti dei lavoratori, delle donne, dei contadini. Il governo cinese, forte del suo gigantismo economico ha finora ignorato gli appelli da tutto il mondo a una società più aperta, ma forse non potrà controllare ancora a lungo le voci dissidenti che nel paese si levano da ogni dove e che viaggiano sempre di più sul web.
La Cina di Hu Jintao è uno dei maggiori nemici di Internet secondo tutte le classifiche internazionali, da quella di Reporters sans frontiers ad Amnesty International fino a quella della Freedom House. Il suo pugno di ferro contro ogni cybercritica ha raggiunto l’apice con gli attacchi informatici a Google – che hanno indotto la compagnia americana a ritirarsi progressivamente dal suo lucroso mercato – ma ha dei brutti precedenti nelle delazioni di Yahoo! – che alle autorità ha consegnato il nome di un giornalista colpevole di aver parlato della rivolta di Tien An Men in una email privata – , e con la chiusura di migliaia di blog non allineati. Negli ultimi mesi l’apparato poliziesco cinese ha represso duramente ogni tentativo di libera manifestazione del pensiero sia nel cyberspazio che nelle strade, soprattutto dopo le insurrezioni africane guidate dal web e di cui temono un remake a casa propria. Per questo hanno irrigidito le misure di controllo sulla rete, secondo la dottrina del Peking consensus, una miscela di azioni repressive e filtri tecnologici che puntano a una sola cosa: silenziare ogni voce critica nel terreno “libero” di Internet. Ma il “Peking consensus” stavolta potrebbe non bastare. Ai Wei Wei è troppo noto e troppo amato per bloccare il buzzword che in rete e fuori lo circonda.
Il suo nome in questo momento sta facendo il giro della rete italiana grazie all’associazione Pulitzer che ha indirizzato l’appello per la sua liberazione, primo firmatario Umberto Eco, al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il presidente italiano è molto sensibile al tema della libertà d’informazione ma siamo certi che l’incorraggiamento di migliaia di firme inviate sul sito dell’associazione Pulitzer, gli offrirà un argomento in più per sollevare il velo di omertà che anche in Italia circonda la vicenda.
www.associazionepulitzer.it
www.freeaiweiwei.org
www.change.org
Repubblica: Il vertice G8 voluto da Sarkozy per riscrivere le regole del web
Il vertice G8 voluto da Sarkozy
per riscrivere le regole del web
Il presidente francese lo ha lanciato. L’obiettivo è quello di favorire l’economia e la democrazia digitali, ma ci sono anche tanti rischi. Eccoli
Arturo Di Corinto per Repubblica.it
Sarkozy vuole un G8 dedicato ad Internet prima del vertice dei capi di Stato e di Governo (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti ) che si terrà in Francia, a Deauville, il 26 e il 27 maggio. (1-2)
L’obiettivo dichiarato del summit è quello di favorire l’economia e la democrazia digitali, ma l’intenzione stride con la sua idea di “civilizzare Internet” regolamentandola in senso restrittivo “per correggerne gli eccessi e gli abusi che vengono dalla totale assenza di regole”. Fatto sta che nonostante la valanga di critiche ricevute e la sconfessione della dottrina dei three strikes da parte della Corte Costituzionale francese adesso il capo dell’Eliseo ci riprova, sostenuto dalle major della proprietà intellettuale e scippando di fatto il primato finora conquistato dall’Onu nel dibattito sulla governance di Internet. Continua a leggere Repubblica: Il vertice G8 voluto da Sarkozy per riscrivere le regole del web
Emergency: Cittadino digitale
La diaspora africana e Internet
Arturo Di Corinto
per Emergency – il mensile, Maggio 2011
Le rivolte africane hanno portato alla ribalta il protagonismo delle giovani generazioni che grazie al web hanno individuato nuove modalità di azione politica. Discutere dell’operato del governo, criticarlo, fare proposte e chiedere sostegno a specifiche iniziative di protesta su Internet è però qualcosa che esisteva da tempo. Come appare da un bel documentario di Carolina Popolani è il caso dei blogger egiziani, che da diversi anni sono impegnati a raccontare e raccontarsi desideri, bisogni e voglia di futuro. Perseguitati a casa hanno creato reti transanazionali con altri blogger e attivisti in diversi paesi con gli africani della “diaspora” stimolando nuove forme di partecipazione e mobilitazione nello spazio pubblico online e offline. A dimostrazione di questo una ricerca del Forum Europeo sull’Immigrazione (fieri.it) trova che i giovani italiani di origine immigrata (e i nativi digitali) assumono sempre più un ruolo di netizens, ossia cittadini digitali che, esclusi dai canali tradizionali di partecipazione trovano nel web uno spazio pubblico, un luogo di cittadinanza e di partecipazione politica non convenzionale, da esercitare singolarmente o in forme associative. Se dalla sponda sud del Mediterraneo emerge la voglia di superare gli spazi angusti del proprio paese di residenza, dall’altra cova la voglia di riscatto di chi è coinvolto suo malgrado in un difficile processo di cittadinizzazione. Una simile contaminazione non poteva non produrre idee e rivendicazioni di libertà e dignità da un lato, di diritti e opportunità dall’altro. I network sociali hanno offerto un’occasione di “riscatto” anche agli immigrati di seconda generazione. Facebook e Youtube da soli non fanno la democrazia ma di certo hanno stimolato una consapevolezza politica i cui esiti futuri non sono per niente scontati.
Se la musica è indipendente le netlabel vivono senza Siae
COPYLEFT
Se la musica è indipendente le netlabel vivono senza Siae
Si autoproducono, sono slegate dai vincoli che regolano il mercato delle major e delle indies, distribuiscono le opere degli artisti sul web con Creative Commons o con chiavette usb. Viaggio nell’universo della musica online che vive e si sviluppa grazie ai circuiti alternativi
di ARTURO DI CORINTO per Repubblica.it del 6 aprile 2011
L’avevano detto in molti, l’ha confermato la Corte dei Conti degli Stati Uniti: “le stime sui danni della pirateria sono false”. Nuovi studi hanno dimostrato che gli artisti fanno soldi col file sharing e nel mondo si moltiplicano le iniziative di open music libraries. In Brasile, in seguito alla consultazione pubblica per la riforma della legge sul copyright si è fatta la proposta di rendere legale il filesharing non commerciale pagando un canone fisso come incentivo alla banda larga. E in Italia si prova a fare a meno degli intermediari tradizionali per produrre musica indipendente da scaricare e ascoltare online senza pagare.
Tutta la musica online dell’italianissima BuskerLabel (buskerlabel.it), è gratuita e legale perché pubblicata con licenze Creative Commons . Lo stesso vale per Sub Terra – netlabel nata nei boschi della Tuscia – che fa del copyleft la sua missione. Che vuol dire che un’etichetta è copyleft è facile immaginarlo: tutti i dischi prodotti e distribuiti sono rilasciati sotto licenze Creative Commons o similari che ne permettono il download gratuito e legale e ne incoraggiano la copia e la condivisione. A Subterra sono convinti che “la libera versione digitale disponibile in rete non toglie nulla al fascino del supporto fisico, che è possibile acquistare on-line e ricevere tramite spedizione.” Queste etichette si affidano spesso a una distribuzione dei propri lavori attraverso i circuiti alternativi come i centri sociali o i banchetti degli eventi e dei concerti dal vivo in cui distribuiscono musica e cataloghi usando le pen-drive (le “chiavette” usb). Ma fanno anche di più insieme ai loro autori. Con il progetto “Oscena. Musica altrove”, Hyaena Reading, ImagoSound e il Fronte popolare per la musica libera hanno creato un circuito di piccoli luoghi inusuali, osceni (cioè fuori scena), e altrove rispetto al consueto, nei quali è possibile suonare dal vivo. I luoghi possono essere case di città, ville private, casolari, librerie, gallerie d’arte, piccoli e grandi locali sensibili al concetto di open e copyleft, per aggiungere alle performance il valore della condivisione umana e culturale, offrendo una reale alternativa al tradizionale circuito musicale. Luoghi osceni insomma per concerti intesi come eventi molto intimi e informali. Continua a leggere Se la musica è indipendente le netlabel vivono senza Siae
Il nostro tempo è adesso. La comunicazione e la fabbrica del precariato
Il nostro tempo è adesso. La comunicazione e la fabbrica del precariato
Arturo Di Corinto
per Articolo 21 del 31 marzo 2011
Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno modificato profondamente il modo di produrre ricchezza da parte dell’industria, hanno consentito una maggiore automazione dei comparti produttivi tradizionali e la dematerializzazione di prodotti di consumo, prevalentemente ludici, scientifici e culturali, ma soprattutto hanno modificato il mondo dei media e della comunicazione e il ruolo loro attribuito nella società.
Nella società digitale si è ampliato a dismisura il ruolo dei media e della comunicazione e lì dove c’è comunicazione, produzione di sapere e di discorso, lì c’è il potere. Un potere nomadico, che non risiede in strutture stabili e definite e che non è un semplice fatto, una struttura che si conserva e che viene annientata, ma un sistema di relazioni che decide di volta in volta chi ha potere di parola e chi no, determinando l’agenda setting – ciò di cui si parla e che richiede il formarsi di un’opinione – dando un ruolo cruciale agli stregoni della notizia – gli spin doctors – e che determina nuove forme di esclusione rendendo il sapere inaccessibile. Proprio oggi che la mancanza di accesso al sapere e alla comunicazione equivale sempre di più all’esclusione dal lavoro e dai diritti.
E’ in questo rapporto fra il potere e la comunicazione che va sviluppata la nostra critica. La produzione controllata di sapere oggi è tutt’uno con la condizione di assoggettamento dei nuovi schiavi della comunicazione che svolgono vecchie e nuove professioni: nella formazione, nel giornalismo, nelle pubbliche relazioni, nel marketing e nella pubblicità, siano essi designer, copywriter, fotografi, registi, o che lavorino negli uffici stampa, nell’editoria cartacea e nelle professioni Internet. Continua a leggere Il nostro tempo è adesso. La comunicazione e la fabbrica del precariato
Emergency: Il declino del copyright
Un diritto d’autore per tutti?
Arturo Di Corinto
per Emergency – il mensile, aprile 2011
L’impalcatura a difesa del diritto d’autore non regge più. Il motivo è questo: le stesse tecnologie che consentono alle industrie di trovare nuovi talenti (i social network), l’ubiquità di una rete che consente di vendere file commerciali anche dove i negozi non ci sono, la digitalizzazione delle opere che permette di ridurne i costi di duplicazione e distribuzione, sono tutti fattori che consentono di scambiarsi in rete ciò che è digitale anche aggirando le leggi. C’è un’intera industria del falso che prospera su questo business e sono tanti, giovani e meno giovani, attratti da ciò che si può ottenere senza pagare, un po’ per necessità un po’ per ideologia. Per questo motivo con la delibera AgCom 668 del 2010 in Italia si è pensato di trovare una soluzione al dilemma chiudendo d’autorità i siti web segnalati per presunta violazione del copyright, disattendendo però sia la Costituzione che il diritto comunitario che lo permettono solo dietro disposizione della magistratura e con l’intervento del Ministero dell’Interno. L’iniziativa ha trovato la fiera opposizione dei consumatori e dei provider che hanno lanciato l’iniziativa sitononraggiungibile.it per denunciare la logica e l’impianto di una proposta troppo simile a una legge presentata nel settembre 2010 al Congresso americano. Forse non ci voleva Wikileaks per dimostrarci che major e governo americano brigano da tempo per influenzare il quadro regolatorio italiano ed europeo, bastava fare due più due. In attesa che l’industria individui nuovi modelli di business capaci di garantire i ritorni necessari a pagare il lavoro degli addetti del settore, le major potrebbero però valutare l’adozione di licenze flessibili come le creative commons e una ripartizione dei proventi della connettività con gli operatori di telecomunicazione. Oppure abbassare i prezzi.
Wired: Il politico è trasparente sul Web
Il politico è trasparente sul Web Monitorare l’attività dei parlamentari? Un buon metodo per giudicare il lavoro di chi ci governa. Per questo c’è l’associazione OpenPolis.
Arturo Di Corinto per Wired.it
28 febbraio 2011 di Arturo Di Corinto
Nell’Atene di Pericle la democrazia era visibile perché si esercitava in pubblico, nell’agorà e nell’ecclesia, e ricordando quel modello, Norberto Bobbio poté dire che la democrazia è “governo pubblico in pubblico”. Voleva dire che l’esercizio della democrazia dovrebbe essere partecipato, trasparente e noto a tutti. Ma oggi non è così. O almeno questo non accade in Italia dove non si sa ciò che accade nelle Commissioni parlamentari, primo e importante passaggio del processo di elaborazione delle leggi: non c’è resoconto stenografico, tranne casi particolari, e, soprattutto, non c’è pubblicità dei voti e delle presenze. Le votazioni in Parlamento invece sono pubbliche, le discussioni sono trasmesse in televisione, ma quanti cittadini riescono a seguirle, impegnati come siamo tutti con famiglia, lavoro e traffico? I giornalisti parlamentari le sintetizzano per i lettori, ma quale è il loro grado di pubblicità?
Se è vero che Internet è la più grande agorà pubblica della storia, per riportare la democrazia in pubblico si può usare la rete. L’associazione OpenPolis usando i mezzi che la tecnologia oggi ci dà, offre ai cittadini l’opportunità di monitorare l’attività dei parlamentari che, nonostante l’assenza di vincolo di mandato, non hanno una delega in bianco, ma devono rispondere di quello che fanno agli elettori e al paese. Openpolis riunisce diversi progetti in rete (openpolis.it, openparlamento.it, voisietequi.it), per garantire a tutti i cittadini la possibilità di fruire in maniera diretta di un patrimonio di informazioni pubbliche che ha un impatto diretto sulla loro stessa vita.
Grazie alla rete, alle tecnologie open source e una comunità di oltre 10 mila utenti l’associazione registra sul proprio sito web il comportamento di 130 mila politici italiani e sulla base di dati oggettivi disponibili tra Camera e Senato stila le classifiche dell’attività parlamentare usando gli strumenti di OpenParlamento. Così è possibile scoprire che i deputati Ghedini e Angelucci del PdL, sono i meno produttivi del Parlamento e che Rosy Bindi è il deputato PD con maggiori presenze a Montecitorio.
In openparlamento.it ad esempio, ogni atto presentato in Parlamento ha una pagina dedicata dov’è possibile seguirne i passaggi, gli emendamenti e le votazioni e dove i cittadini possono esprimere i loro commenti, voti o proposte.
Fra le proposte del progetto, la piena pubblicità delle dichiarazioni dei redditi, dei patrimoni e delle spese elettorali che i parlamentari sono tenuti a depositare ogni anno presso gli uffici di Camera e Senato, per metterli online, in formati standard e aperti, in modo da poter essere effettivamente consultabili dai cittadini interessati.
Dicono i promotori: “la nostra sfida è quella di raccogliere l’adesione di tutti coloro che pensano sia urgente in Italia diffondere la rivoluzione della trasparenza, far penetrare la luce in ogni istituzione, ufficio e consiglio di amministrazione dove si gestiscono risorse pubbliche e dove si prendono decisioni che riguardano tutti.”
Da quando per primo Giulio Cesare volle registrare e pubblicare le sedute del Senato, scrivendole negli Acta Diurna (il primo giornale della storia) con l’intento di sottrarre al Senato quell’aurea di segretezza che ne contribuiva al potere, quello di Open Parlamento è forse l’esperimento più avanzato per riportare il governo della democrazia in pubblico. Non è l’unico: in Inghilterra esiste The Public Whip (“La frusta pubblica”), grazie al quale gli inglesi possono sapere come i loro rappresentanti votano per cambiare le leggi alla camera bassa e in quella alta. Quindi, poiché come ha detto il presidente Caianello è opinione largamente condivisa che la democrazia sia da intendere come il governo del “potere visibile”, e lo stesso diritto di informazione deve considerarsi non fine a sé stesso, ma in senso strumentale per la realizzazione della democrazia, Open Polis mette in piazza l’attività del Parlamento con il suo rapporto annuale.
Camere Aperte 2011, che sarà presentato al Senato della Repubblica (lunedì 28 febbraio, ore 17, Sala Nassirya), è il nuovo rapporto pubblicato annualmente da Openpolis, che dal 2008 si propone l’obiettivo di fornire ai cittadini un’informazione trasparente e un monitoraggio attento dell’attività politica. Il rapporto è scaricabile qui: http://indice.openpolis.it
L’importanza dell’iniziativa è evidente: nel rapporto si evince che In Italia l’82,7% delle leggi approvate è d’iniziativa governativa e solo il 37% delle interrogazioni parlamentari ha avuto risposta. E’ forse il segno di un progressivo svuotamento del senso e del ruolo del Parlamento nella produzione delle leggi? E’ questa la malattia di una politica che ha smarrito il senso della rappresentanza? Per curarla si può ricominciare da qui, dalla trasparenza: la luce del sole può essere il miglior disinfettante anche di questa malattia della nostra democrazia.
Wired: WikiLeaks sul copyright: gli Usa influenzano le leggi europee
WikiLeaks sul copyright: gli Usa influenzano le leggi europee
WikiLeaks sul copyright: gli Usa influenzano le leggi europee
Un intrico di interferenze e pressioni di governo e aziende americane per ottenere regole repressive, andando contro i diritti fondamentali dei cittadini. L’accusa dai cablogrammi dell’organizzazione di Assange
Arturo Di Corinto per Wired.it
del 25 febbraio 2011
Grazie ai cablogrammi pubblicati finora da WikiLeaks emerge un quadro in cui sia il governo americano sia aziende americane da almeno cinque anni a questa parte hanno influenzato i processi legislativi di Spagna, Francia e Unione Europea sulle tematiche del copyright, spesso in contrasto con i diritti fondamentali dei cittadini europei.
E’ difficile pensare che questo atteggiamento non avrebbe avuto ripercussioni sul contesto italiano, come infatti emerge dai colloqui fra l’ex ambasciatore Ronald Spogli ed esponenti del nostrto ministero degli Affari Esteri.
http://racconta.repubblica.it/wikileaks-cablegate/dettaglio.php?id=08ROME1337
Ed era anche impensabile che non ci sarebbero state reazioni a queste iniziative. Non è un caso che quelli di Anonymous, responsabili degli attacchi informatici a difesa di Wikileaks, siano anche gli autori di una serie di denial of services contro l’industria delle major del disco fra settembre e ottobre denominata “Operation payback”.
C’è un legame fra i due fatti. La schiera dei sostenitori del lavoro di Assange vive con insofferenza ogni tentativo di limitare la circolazione di sapere e informazioni, come è considerato un copyright che invece di tutelare gli autori e i fruitori difende solo gli interessi degli editori, e c’è un retroterra comune nell’atteggiamento critico e irriverente verso le istituzioni considerate corrotte e prone ai desideri delle major, di qui gli attacchi a loro e ai siti parlamentari decidendo quali attaccare con un sondaggio: http://modpoll.com/preview/agdwb2xsMmdvcg0LEgRQb2xsGPTc6wYM
Ora un documentato dossier di Scambio Etico ricostruisce la storia di queste influenze e ci aiuta a capire forse, dove Anonymous raccoglie i suoi consensi.
Nel 2006 La Commissione Europea apre il processo di consultazione per la riforma del quadro regolatorio delle comunicazioni, il Pacchetto Telecom, e la Creative Media Business Alliance (CMBA), un’alleanza fra The Walt Disney Company, Time Warner, Sony Corporation, Universal Media Group, IFPI, MPA, Mediaset, ed altri, (http://www.cmba-alliance.eu/members.htm) trasmette alla Commissione un policy paper in cui per la prima volta si auspica che i diritti fondamentali non siano validi in Internet tramite eccezioni ad hoc. Nel documento si chiede la sospensione del diritto alla privacy e si chiede ai fornitori di accesso a Internet di farsi parte attiva nella sorveglianza dei contenuti in transito sulla Rete e nell’imposizione del copyright, ponendoli sotto pressione tramite l’attribuzione di responsabilità per le violazioni commesse in Rete. Nel paper sono presenti in nuce la disconnessione dei clienti da parte degli Isp, l’intercettazione sistematica delle comunicazioni elettroniche senza autorizzazione dei magistrati, la creazione di milizie private del copyright e l’attribuzione di responsabilità ai fornitori di accesso.
http://ec.europa.eu/avpolicy/docs/other_actions/contributions/cmba_col_en.pdf
Nel 2007 Viene ideato negli Stati Uniti l’Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA), un trattato segreto contro l’industria del falso, di cui il pubblico e i parlamenti nazionali verranno a conoscenza solo un anno dopo e solo tramite documenti trapelati che comprende tutte le richieste avanzate dalle major del disco, del cinema, e della tv, alla Commissione Europea.
Nel 2008 Nella fase di Prima lettura del Telecom Package si registrano pressioni per l’inserimento di emendamenti che concernono i contenuti che transitano in Internet. Il Parlamento si mostra sensibile a queste pressioni e il pacchetto comincia ad “inquinarsi”, cioè a mischiare riforma tecnica delle reti di telecomunicazione con il tema del copyright.
Nel frattempo in Francia il Presidente Sarkozy sostiene fortemente la necessità di una nuova legge che possa consentire rapidamente e senza supervisione della magistratura l’espulsione da Internet dei cittadini sospettati di violazioni del copyright.
Intanto al Parlamento Europeo il Pacchetto Telecom continua il suo iter e i parlamentari elaborano l’emendamento 138 alla Direttiva Quadro, che stabilisce, appellandosi ai diritti fondamentali e al diritto comunitario, che l’accesso a Internet può essere negato ad un cittadino solo in seguito alla sentenza di un magistrato, cui si aggiunge l’emendamento 166 alla Direttiva Servizio Universale e che considera l’accesso a Internet uno strumento essenziale per l’esercizio effettivo di alcuni diritti fondamentali. I due emendamenti sono incompatibili con le intenzioni del presidente francese che scrive personalmente al presidente della Commissione Europea Barroso per far ritirare gli emendamenti installati dal Parlamento al Pacchetto Telecom, senza successo. E’ “lo schiaffo a Sarkozy”.
Nel 2009, grazie a ulteriori documenti trapelati, si scopre che “ACTA è finalizzata ad imporre un controllo forzato sui fornitori di accesso Internet da parte dell’industria del copyright, tramite collaborazioni obbligatorie, responsabilità penale in caso di rifiuto, obbligo di intercettazione delle comunicazioni elettroniche senza mandato di un magistrato”. In pratica si vuole trasformare Internet in una grande piattaforma distributiva in cui circolano solo contenuti commerciali certificati e a pagamento e allo stesso tempo in una gigantesca macchina di intercettazione delle comunicazioni.
Nello stesso tempo in Francia viene approvata (dopo una prima bocciatura) la legge Olivennes-
Sarkozy, ma il Consiglio Costituzionale la giudica incostituzionale e tramite un giudizio storico equipara l’accesso a Internet a diritto fondamentale.
http://blog.tntvillage.scambioetico.org/?p=6063.
Il Ministro della Cultura Albanel presenta le dimissioni, accettate. Il governo francese annuncia una nuova legge, la HADOPI-2, che passerà il test di costituzionalità prevedendo il diritto ad un equo processo, il diritto alla difesa con rappresentanza legale, la presunzione di innocenza e la necessità della sentenza di un magistrato prima della disconnessione da Internet.
Come mossa politica per influenzare il Parlamento, durante la Seconda Lettura del Pacchetto Telecom, un gruppo di parlamentari, fra cui Janelly Fourtou (moglie del CEO di Vivendi) presenta il “Rapporto Medina Ortega”, dal nome del parlamentare spagnolo che ne è il relatore. Il rapporto di iniziativa fra le altre cose richiede le disconnessioni obbligatorie da Internet e la messa in stato di illegalità dei motori di ricerca che indicizzano file torrent, come Google, Yahoo, Microsoft Bing e The Pirate Bay.
La campagna d’informazione della Opennet coalition (La Quadrature, FFII, Scambioetico, EDRi) induce Medina Ortega a ritirare il rapporto in cui si trovano passaggi che ritornano periodicamente fin dai tempi del position paper della CMBA, come un filo rosso che lega gli sforzi delle lobby dell’industria e le proposte legislative: ACTA, HADOPI, Digital Economy Bill (UK), la proposta di legge dell’On. Carlucci in Italia, la legislazione Corea del Sud, la legge s92a in Nuova Zelanda (bocciata).
Da inizio 2010 si discute anche il Rapporto Gallo, che riprende gli argomenti di ACTA e viene proposto come risoluzione di iniziativa non vincolante, supportato da due petizioni, una di IFPI e una di Eurocinema. In assenza di qualsiasi valutazione da parte della Commissione, il rapporto viene inoltre sostenuto da uno studio privo di qualsiasi valore scientifico, anzi gravemente difettoso, che tenta di correlare pirateria priva di scopo di lucro e perdita di posti di lavoro nell’Unione Europea, commissionato allo studio Tera da Bascap, una federazione di major fra cui Vivendi Universal, rappresentata da Fourtou, CEO di Vivendi. http://blog.tntvillage.scambioetico.org/?p=6006
A fronte di questo rapporto, studi scientifici indipendenti mostrano come il file sharing privo di scopo di lucro sia nel peggiore dei casi ininfluente per artisti e mercato, ma in molte occasioni fortemente benefico sia per gli autori sia per il mercato:
http://www.laquadrature.net/wiki/Studies_on_file_sharing_it
In Italia un’equilibrata valutazione sulle conseguenze delle violazioni online prive di scopo di lucro
del copyright è stata effettuata dall’Autorità per le Garanzie nelle Telecomunicazioni con un’estesa indagine conoscitiva di marzo 2010 http://www.agcom.it/Default.aspx?message=visualizzadocument&DocID=3790
Negli Stati Uniti, invece uno studio del Government Accountability Office http://www.gao.gov/new.items/d10423.pdf chiarisce che è impossibile stimare i vasti effetti della pirateria sull’economia e che i numeri fatti finora al proposito sono discutibili.
Il 10 marzo 2010 viene adottata dal Parlamento Europeo a larghissima maggioranza una Risoluzione su ACTA che invita la Commissione a rilasciare al Parlamento tutti i documenti concernenti ACTA, limitare i negoziati alla contraffazione dei beni fisici, a rimanere all’interno del quadro legale dell’Unione e a preservare i diritti fondamentali dei cittadini europei. http://blog.tntvillage.scambioetico.org/?p=5584
Dopo varie peripezie in ottobre i negoziati ACTA sono coronati da successo e l’accordo è pronto per essere ratificato. http://blog.tntvillage.scambioetico.org/?p=6959
Le opposizioni sono molte, perciò il 25 gennaio 2011, Pedro Velasco Martìn, in rappresentanza della Commissione Europea, va all’attacco aprendo il meeting multistakeholder su ACTA a Brussels con una pesante e rivelatoria domanda: “Internet dovrebbe essere il paradiso dell’illegalità o dovrebbe essere trattato alla stessa maniera del mondo fisico?”.
Nel frattempo negli Stati Uniti viene proposta una legge che conferirebbe al procuratore generale
(ex avvocato della RIAA) il potere di cancellare siti web ovunque nel mondo, anche al di fuori della giurisdizione americana, senza un processo preventivo, ma solo in base ad un ordine del procuratore generale stesso, coerentemente al piano iniziato l’anno precedente di controllo di ICANN.
http://www.publicknowledge.org/blog/new-copyright-bill-bears-problems-concerns-s3
In Italia invece, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom) con la Delibera 668/2010 del dicembre 2010 pone in consultazione un testo che – a dispetto del decreto Romani – le consentirà di inibire completamente l’accessibilità ai siti posti fuori dal territorio italiano e di rimuovere contenuti sospettati di violare il diritto d’autore in modo automatico e a prescindere da qualsiasi requisito di colpevolezza accertato dell’Autorità giudiziaria. In particolare nel testo si prevede di compilare delle liste di proscrizione da passare agli ISP per inibire l’accesso tramite blocco degli IP dei siti, come è stato fatto per The Pirate Bay, anche nel caso contengano solo dei link che indirizzano ai siti in cui le opere o i torrent sono presenti. Ma questa è la medesima strategia che però è stata sconfitta in Spagna dove la proposta di “Ley Sinde”, – fortemente voluta dall’amministrazione americana come dimostrano i cablogrammi diffusi da WikiLeaks e tradotti da El Pais – è stata rigettata dopo che alcune sentenze di tribunale hanno stabilito che i link ed i torrent non sono classificabili come reati. Ma la delibera è straordinariamente simile alla proposta americana “S.3804 – Combating Online Infringement and Counterfeits Act” e quasi contemporanea.
Ha forse ragione David Hammerstein quando dice che “Sembra esserci una certa coincidenza di interessi a favore di diversi gradi di misure digitali repressive da parte di un’ampia coalizione di integralisti della proprietà intellettuale, rabbiosi critici di Wikileaks e un numero di governi autoritari da Grande Fratello come quelli di Egitto o Cina.”?
http://www.whitehouse.gov/sites/default/files/omb/IPEC/ipec_annual_report_feb2011.pdf
http://www.wikileaks.ch/origin/42_0.html
Gli ultimi su IP e Acta
http://www.wikileaks.ch/cable/2006/12/06ROME3205.html
http://www.wikileaks.ch/cable/2007/02/07ROME290.html
http://www.wikileaks.ch/cable/2008/11/08ROME1337.html
alcuni link:
1. Analisi dettagliata, in puro (glorioso) stile FFII:
http://acta.ffii.org/wordpress/?p=390
2. Analisi piu’ a 360 gradi (direi, piu’ politica):
ACTA and the EU’s historic mission to “civilize” the Internet
3. One-page memo della Quadrature du Net:
http://www.laquadrature.net/en/lqdn-at-the-eu-commissions-ad-hoc-meeting-on-acta
(analisi dettagliata della versione definitiva di
ACTA:
http://www.laquadrature.net/en/acta-updated-analysis-of-the-final-version).
4. Pagine ACTA-related di Scambio Etico:
http://blog.tntvillage.scambioetico.org/?cat=272
“Error 404: page not found” web-manuale della ribellione
CENSURA
“Error 404: page not found”
web-manuale della ribellione
Di Arturo DI Corinto per La Repubblica
del 23 febbraio 2011
La rete come moltiplicatore di idee e di rivendicazioni. E i regimi dittatoriali la spengono per zittire la voce delle proteste. Che strumenti hanno per farlo e come ci riescono. Ma gli oppositori sanno come aggirare i divieti di ARTURO DI CORINTO
Nessuno può negare che Internet abbia svolto un ruolo importante nelle insurrezioni che hanno portato alla fuga di Ben Alì prima e di Mubarak e (forse) Gheddafi dopo. La rete si è infatti offerta prima come piattaforma di denuncia della corruzione e della rabbia popolare e poi come strumento di organizzazione e coordinamento delle azioni di protesta, moltiplicandone la forza. Ma non è cominciato tutto da lì. Anche se le proteste erano state preparate dal sotterraneo lavorio di blogger e attivisti che hanno spesso pagato col carcere e la tortura la loro denuncia del regime, bisognava aspettare la rivolta del pane per capire fino a che punto aveva scavato il malcontento.
Le proteste in Tunisia sono scoppiate dopo che un venditore ambulante si è dato fuoco per protestare contro le continue angherie della polizia. Solo dopo è partita una mobilitazione generale in cui quello che accadeva nelle strade veniva comunicato al mondo via Internet e poi rimbalzato da radio e tv indipendenti per essere ripreso e sparato su Twitter, Facebook, Youtube, ed altri social media producendo un effetto di emulazione nei paesi vicini.
Quando i regimi si sono accorti della potenza moltiplicatrice della rete, hanno provato a bloccarla, riuscendovi, anche se solo per poco. Ma come è possibile fermare la rete delle reti se il mito delle sue origini parla di un dispositivo di comunicazione capace di resistere a una guerra nucleare?
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I nemici della rete alla FNSI: parlano i giornalisti
I nemici della rete alla FNSI: parlano i giornalisti
Arturo Di Corinto
per Articolo 21
16 febbraio 2011
Lo sviluppo della rete in Italia è frenato da un esplosivo mix di sottocultura e interessi. Troppo facile prendersela col Ministro Romani per non aver dato le gambe al piano di infrastrutturazione per 1 miliardo e 400 mila euro che portava il suo nome, ma di certo è difficile aspettarsi dal governo capitanato da un tycoon della televisione un grande piano digitale di rilancio del paese che passi attraverso Internet e le potenzialità della società civile che l’affolla.
Oggi si torna a parlare di legge bavaglio nonostante le smentite del premier. Una legge apertamente osteggiata dalla rete anche perchè prevedendo l’obbligo di rettifica per i siti amatoriali – pena una multa salata – avrebbe minato alle fondamenta il meccanismo di produzione dal basso di news in un ecosistema dell’informazione di cui anche i blog personali oggi fanno parte a pieno titolo. Molti vi avevano visto un interesse specifico dei potenti di silenziare un’opposizione sociale che si esprime anche attraverso Internet.
Ma da questo punto di vista ancora più grave appare la delibera con cui l’AgCom, a dispetto del decreto Romani del marzo scorso, si attribuisce la facoltà di inibire entro cinque giorni l’accesso a siti segnalati per un’ipotetica violazione del copyright. La delibera non definisce i soggetti titolati a fare la segnalazione, non introduce alcun criterio di valutazione del merito della segnalazione, salta a piè pari le prerogative assegnate dalla Costituzione a magistratura e polizia. Come non pensare che ci sia dietro un’intenzione di “deterrenza” nei confronti di chi fa libera informazione? Chi ci garantisce che il dispositivo oggi in consultazione fino a marzo non sarà usato in maniera arbitraria contro le voci critiche verso governo, imprese, lobby d’interesse?
Ma c’è di più. Dall’analisi dei cablogrammi di Wikileaks emerge che da almeno cinque anni gli Stati Uniti premono per influenzare il quadro regolatorio delle telecomunicazioni e della proprietà intellettuale in Italia e in Europa. Il pacchetto Telecom, i negoziati Acta (Accordo Anti Contraffazione), ne sono un esempio a livello europeo, mentre gli incontri fra l’ex ambasciatore Ronald Spogli e i funzionari del Ministero degli esteri dicono quanto l’Italia tenesse a fare bella figura con il potente alleato adottando pratiche draconiane di enforcement dei diritti d’autore.
In questo contesto ciò che stupisce è la straordinaria somiglianza fra la delibera AgCom (668/2010 del dicembre 2010) e la proposta americana “S.3804 – Combating Online Infringement and Counterfeits Act”. Stessa logica, stessi provvedimenti: black list dei provider, spegnimento dei DNS, blocco degli utenti, nessuna indagine di merito verso i presunti responsabili delle violazioni. Con una importante differenza: nella legge americana si presume che l’Avvocato Generale dello Stato mostri a una corte le prove di tale attività criminosa, mentre in Italia no.
Per questo nel Belpaese una coalizione di associazioni ha attivato la campagna “sitononraggiungibile.it” per chiedere una moratoria sui futuri effetti della delibera, affinchè il Parlamento possa legiferare in materia.
Da questi soli esempi, “I nemici della rete” sono tanti. E non è difficile trovarli. Sono coloro che dalla disintermediazione portata da Internet vedono terremotate le proprie rendite di posizione. Fra questi ci sono anche i giornali e i giornalisti. E’ tempo di parlarne approfonditamente per capire che la rete è un grande alleato nello sforzo della ricerca della verità e che rappresenta una grande opportunità per rinnovare una professione – nata in un’altra epoca e in un contesto sociale oggi profondamente mutato – che con essa non compete più solo in termini di velocità.
Il libro I nemici della rete di Arturo Di Corinto e Alessandro Gilioli, edito da Rizzoli, verrà presentato alla Federazione Nazionale della stampa Italiana in Corso Vittorio Emanuele II, 349, Roma lunedì 21 febbraio alle ore 16:30
Perché Assange è la persona del decennio
Perché Assange è la persona del decennio [analisi]
Negli ultimi dieci anni, l’uomo WikiLeaks è stata la persona più influente di Internet secondo i lettori di Wired.it. Perché incarna l’etica hacker delle origini: consentire a chiunque l’accesso all’informazione
Arturo Di Corinto
per Wired
Julian Assange è un Robin Hood del nostro tempo, invece dei denari rubati ai ricchi redistribuisce l’informazione a favore della gente in nome e per cui viene prodotta, amministrata, e nascosta. E questo è un gesto rivoluzionario se accompagnato da una seria riflessione sulla natura dell’informazione e su come la produzione e diffusione cooperativa di informazioni possa colmare il gap che divide il mondo in information-rich e information poor.
Assange è un ladro? No, perchè non ruba informazioni ma protegge chi gliele dà. Col suo sito, Wikileaks, Assange si propone come un intermediario dell’informazione, non troppo dissimile da un’agenzia di stampa internazionale, ma pubblicando quello che per opportunità e interesse quelle agenzie non pubblicano, di fatto trasforma notizie e informazioni in armi non convenzionali per colpire il cuore e le menti delle persone, cioè di quella che fu definita la seconda potenza mondiale del nostro tempo: l’opinione pubblica. Assange è lo spin doctor di un qualche potere globale? Gli somiglia. Ha comportamenti non dissimili dagli esperti di una war room elettorale che creano narrazioni e mitologie intorno a un candidato politico facendone un simbolo, un alfiere, un portavoce del popolo. Solo che stavolta il simbolo è lui stesso.
Assange non ha fatto niente di diverso da quello che fanno i gatekeeper dell’informazione o lo staff di un candidato presidente di un paese come gli Usa. Non ha fatto niente di diverso da un broker di Wall Street che lascia trapelare alcune notizie e non altre, le tiene in cassaforte fino a che il corso della borsa non sia favorevole, e non ha fatto niente di diverso dall’intelligence di un esercito che le tiene nascoste per acquisire una superiorità strategica nei confronti dell’avversario.
Insomma Assange non ha fatto altro che usare l’informazione come strumento di intervento nel campo del reale dove la guerra dell’informazione viene combattuta ogni giorno a suon di comunicati, notizie fabbricate ad arte, traffico di informazioni riservate, eventi mediatici e schizzi di fango su giornali usati come una clava per il killeraggio mediatico. L’indecenza del suo comportamento però sta nell’averlo fatto per un differente stakeholder, l’opinione pubblica, non più un mare di teste da vendere a galoppini elettorali, investitori finanziari e pubblicitari.
E suscitando un ampio dibattito pubblico su questo tema ci ha fatto capire che viviamo dentro una guerra dell’informazione perenne.
Basta questo a farlo considerare un eroe del nostro tempo? No.
Perchè Assange ha fatto molto di più: mentre ci ha offerto l’occasione a tutti di urlare che il re è nudo ci ha obbligati a riflettere sulla natura dell’informazione al tempo di Internet dimostrando che Internet non è un elettrodomestico come l’alfabetizzazione forzata a colpi di Facebook ci voleva far credere. Ha dimostrato che Internet non è solo una piattaforma commerciale attraverso cui distribuire emozioni e conoscenze sotto forma di file certificati e a pagamento. Ha dimostrato che la produzione cooperativa di informazioni è inarrestabile. Ha dimostrato quali sono i pericoli di una rete dove i grandi interessi commerciali possono essere piegati alle logiche di una statualità perversa che anziché mantenere il monopolio della violenza vuole il monopolio dell’informazione. Ha dimostrato che i grandi player della rete, da Amazon a eBay possono cambiare in corsa le proprie regole quando gli conviene e che perciò costituiscono un pericolo per la libertà che Internet promuove e rappresenta. Ha dimostrato che la neutralità della rete non è una questione accademica e che la censura inventa strade tortuose anche nell’Occidente ma che è difficile da imporre al tempo di Internet. Ha dimostrato la validità di un assioma della new-economy – di cui ci siamo sbarazzati troppo in fretta – e cioè che l’informazione più circola più si valorizza, azzerando monopoli e redistribuendo il potere. Ci ha fatto capire che hardware, software, banda e connettività sono cruciali nell’odierno ecosistema dell’informazione, che la sicurezza sul web è una cosa seria e che la crittografia non è più uno strumento ad uso di diplomazie e eserciti e che se usata in maniera intelligente è uno strumento cruciale per tutelare le persone ed evitare rappresaglie quando troviamo il coraggio di dire l’indicibile, cioè la verità.
Julian Assange ha dimostrato una volta per tutte che Internet, piattaforma globale di distribuzione di informazioni digitalizzate è un potente strumento di riallocazione del potere decisionale, restituendolo ai cittadini che lo conferiscono ai loro governanti sulla base di una fiducia che possono anche ritirare. E ha svelato il cortocircuito che si crea quando la politica adotta il registro sensazionalistico della comunicazione di massa e si confonde con essa diventando politica dello scandalo.
Ci ha anche indicato che i giornali sono ancora utili strumenti per fare circolare efficacemente le informazioni e che da questa inedita alleanza tra il giornalismo blasonato e quello dal basso c’è il germe del giornalismo del futuro affinché torni ad essere il contropotere, il watchdog, delle nostre stanche democrazie.
Julian Assange incarna l’etica hacker delle origini: consentire a chiunque l’accesso all’informazione, dovunque essa sia riposta e comunque sia custodita, con la ferma convinzione che l’accesso all’informazione renda tutti più liberi di fare e di scegliere. In questo modo Assange incarna decenni di sforzi di quegli hacker che sono i misconosciuti eroi della rivoluzione informatica.
Arturo Di Corinto con Alessandro Gilioli è autore di “I nemici della rete”, Rizzoli 2010
Con Wiki, senza amare Julian
Con Wiki, senza amare Julian
Hacker italiani a favore della trasparenza ma non dell’australiano
Arturo Di Corinto
per Il Sole 24 Ore del 14 dicembre 2010 – pag.14 – Mondo
“Nella gara tra segretezza e verità vincerà sempre la verità”. Ma la verità, come la libertà, per gli hacker è un concetto binario: o c’è o non c’è. Questo è quello che credono molti sostenitori italiani di Wikileaks. Sostenitori del progetto, e non di Assange, su cui “non tutti sono pronti a mettere una mano sul fuoco”, dice Carl0s, e di cui non amano il protagonismo e il profilo mediatico. La galassia hacker momentaneamente coagulata intorno a Wikileaks lo fa in omaggio al noto adagio dell’etica hacker “information wants to be free”. Dice Carl0s “E’ importante il progetto cui Assange ha dato vita, non lui come persona” e aggiunge: “Wikileaks è diventato un baluardo dell’informazione, non perché senza macchia e senza paura, ma perché difende il diritto fondamentale di rendere trasparenti notizie che contribuiscono a formare l’opinione pubblica”. “Ma l’idea della trasparenza a ogni costo, la casa di vetro, è un concetto nazista, da grande fratello”. Continua a leggere Con Wiki, senza amare Julian
Wikileaks: quando trapela la notizia
La forza della crittografia. Wikileaks: quando trapela la notizia
Arturo Di Corinto*
per Repubblica.it
Un gruppo di hacker si impossessa dei segreti della diplomazia americana e li diffonde su Internet causando uno sconvolgimento delle relazioni internazionali. Si riunisce il consiglio di sicurezza dell’Onu, alcuni capi di stato si dimettono, lo scandalo è mondiale. Una storia degna di un giallista, ma stavolta non è fiction. O almeno ne rappresenta il finale alternativo. In uno dei suoi primi libri, Crypto (1998), Dan Brown (Angeli e Demoni, il Codice Da Vinci), descrive i minuti precedenti la peggiore catastrofe dell’intelligence americana: un attacco concentrico di tutti gli hacker per svelare ciò che di segreto è contenuto nella più grande banca dati protetta del mondo rimasta indifesa a causa di un virus mutante introdotto nel sistema dal suo creatore per un calcolo politico sbagliato. Nel libro, la cavalleria informatica della National Security Agency (NSA), supersegreta agenzia di controspionaggio americana di Fort Meade, li ferma all’ultimo momento. Ma stavolta non è andata così. Wikileaks ha realmente avuto accesso e pubblicato i segreti della diplomazia americana provocando uno sconquasso delle relazioni internazionali.
Come ha fatto a ottenerli? Se si esclude un errore informatico (difficile), l’unica spiegazione per la fuoriuscita di milioni di documenti riservati e top secret è che qualcuno sia riuscito a violare le difese di uno o più database dove il materiale era custodito, visto che la numerosità dei file rende difficile pensare che ci fosse qualcuno pronto a “sniffare” ogni comunicazione fra le ambasciate dei singoli paesi coinvolti e il Dipartimento di stato americano. Ma c’è un’altra spiegazione: il tradimento di qualcuno abbastanza in alto che, per calcolo o corruzione, ha voluto rendere noti i documenti riservati. Continua a leggere Wikileaks: quando trapela la notizia
L’IGF Italia a Roma
Una rete di tutti, nessuno escluso: L’IGF Italia a Roma
Arturo DI Corinto
per Il Sole 24 Ore – Nòva del 25 novembre 2010
A che serve l’Internet Governance Forum? Rispondere è facile. La ripresa economica, la pace, lo sviluppo umano, hanno bisogno di Internet. E hanno bisogno di una Internet aperta, ubiqua e democratica. Internet, viceversa, ha bisogno di persone di buona volontà, competenti, e in grado di rappresentarne al meglio criticità e istanze d’uso di carattere territoriale, perchè, spesso lo dimentichiamo, Internet è una rete fatta di tante reti.
L’Onu ha affidato all’Igf il compito di discutere come armonizzare i livelli tecnico e infrastruturale, contenutistico e legale per favorire il suo sviluppo e utilizzo. Sarebbe banale dire che l’Igf italia deve fare in piccolo quello che fa l’Igf globale. Lo deve fare, certo, ma la rete non è la stessa in Italia e in Finlandia. In Italia si viaggia a una velocità media a 4,5 Mb, in Finlandia ai cittadini sono garantiti 100 Mb di connettività come diritto costituzionale. E’ vero però che le esigenze d’uso della rete in Italia sono diverse non solo a confronto con altri paesi, in Africa o Scandinavia, ma anche fra un distretto industriale e una comunità montana, una zona archeologica dove serve al monitoraggio del rischio idrogeologico, o un centro prenotazioni ospedaliero di un piccolo comune. In qualche caso basta l’Hyperlan, altrove è meglio il Wi-Max, in altri è necessario il fiber to the home (FTTH).
La via italiana al digitale, che è fatta di innovatori che hanno segnato la storia degli ultimi anni, Marchiori per l’algoritmo base di Google, Chiariglione per l’MP3, Faggin per il microprocessore, Arduino per l’hardware e Zucchetti per il software, è anche un insieme di attività economiche che vanno dalle innovazioni di processo e di prodotto dell’impresa a rete nella bassa padana alla soft economy del made in Italy venduto on line: hanno bisogni diversi. Continua a leggere L’IGF Italia a Roma
Contro la censura, l’importanza di essere anonimi
Contro la censura, l’importanza di essere anonimi
Arturo Di Corinto
per Peace Reporter di Novembre 2010
Agli inizi di Internet andava di moda una battuta: “Su Internet nessuno sa che sei un cane”. Veniva usata per dire che in rete siamo tutti uguali e abbiamo lo stesso diritto di esprimerci. Ed era esattamente così che i suoi progettisti avevano immaginato la rete, un luogo di scambio paritario, grazie all’uso di tecnologie aperte e flessibili. La tecnologia adottata, il packet switching e il principio della net neutrality – secondo cui ogni bit è creato uguale e non può essere discriminato – ne garantivano la democrazia. Col tempo abbiamo appreso che questo approccio rivoluzionario non poteva andare bene per tutti e abbiamo scoperto l’insofferenza di tanti paesi nell’accettare un elementare principio di democrazia. Molti stati non tollerano la libertà che Internet promuove e rappresenta e questa intolleranza diventa molto spesso censura. Continua a leggere Contro la censura, l’importanza di essere anonimi
Wired: “Liberiamo i dati” per essere migliori
Rrendiamoci la Rete! Perché l’Italia ha bisogno di ampliare la sua connessione a Internet se vuole costruire il proprio futuro
“Liberiamo i dati”
Arturo Di Corinto per Wired – n.21 Novembre 2010 –
Wired – pagina 81
«Se lo costruisci, le persone verranno» è uno degli motti ricorrenti di Internet. E su questo fronte, i dati della Pubblica amministrazione e i dati pubblici in generale possono diventare un fortissimo motore di sviluppo della Rete se resi disponibili online. Questi dati hanno molteplici stakeholder e, se opportunamente organizzati, possono diventare informazione e ricchezza. Imprenditori e geologi, ad esempio, sono interessati ai dati geografici per meglio capire dove è più opportuno avviare un’impresa o dove è sconveniente costruire, mentre i ricercatori sociali chiedono dati sugli abbandoni nella scuola. Ma ci sono due tipi di dati per ai quali ogni cittadino deve rivendicare il pieno accesso: le informazioni del patrimonio culturale e i dati che riguardano la politica. Questi sono dati cruciali per superare le barriere (economiche e architettoniche) e sono un motore di sviluppo economico, ma anche un fatto di identità e coesione sociale. Poter sapere come e con chi vota il parlamentare che abbiamo eletto serve, invece, a monitorare ed eventualmente indirizzare verso scelte responsabili. Un primo esperimento in questo senso è Openpolis.it, un database della storia di 127 mila politici italiani in carica (dai consiglieri comunali agli eurodeputati) costruiti con dati pubblici, ma non per questo noti, da una community di circa 10mila utenti negli ultimi tre anni.
— arturo di corinto, Università La Sapienza
SALVARE IL WEB DALLE REGOLE
SALVARE IL WEB DALLE REGOLE
Arturo DI Corinto da Vilnius (Lithuania)
per Per Il Sole 24 ore del 22 settembre 2010
Perché ogni anno si riunisce l’Internet Governance Forum? «Internet modella tutte le tecnologie di comunicazione del nostro tempo». È la risposta, a Vilnius, del commissario europeo Neelie Kroes. Del resto la comunicazione è un bisogno umano fondamentale. Per questo occorre occuparsi di come sarà l’internet del futuro. Meno chiaro è chi e come debba governare il processo della sua evoluzione.
Molti sperano nell’avvento di un sistema di regole chiare, universali e condivise. La Dynamic Coalition on Internet Rights and Principles nata dall’Igf ha pubblicato un manifesto che ha suscitato vasto interesse e qualche fischio. I brasiliani hanno scritto una costituzione per internet. L’Association for Progressive Communication pubblicizza il suo decalogo per le libertà. E l’Italia ha rilanciato l’idea di una grande consultazione pubblica sul tema.
Per il ceo dell’Icann, Bob Beckstrom: «Internet funziona. Quindi che funziona una governance basata su consenso e scarsa regolamentazione». La European Broadcasting Union risponde: «Bisogna ragionare su obblighi e condizioni di servizio: i vecchi media hanno una governance, i nuovi no». Ma c’è anche la posizione di imprese come Apple, Microsoft e Google. Non vogliono una regolamentazione della rete, anche se non lo dicono, e fanno lobby. Richard Allan, di Facebook, dice: «Non è vero che internet non ha regole. Le regole ci sono e noi le rispettiamo». Continua a leggere SALVARE IL WEB DALLE REGOLE
DIRITTI UMANI NODO DEL WEB
DA VILNIUS
ARTURO DI CORINTO
Per Il Sole 24 ore del 16 settembre 2010
L’Internet governance forum (Igf), ovvero gli stati generali di Internet in corso a Vilnius per il quinto anno consecutivo, ha raggiunto i suoi primi risultati. Il primo è stato quello della paziente e delicata costruzione di una consapevolezza planetaria dell’importanza di Internet per lo sviluppo economico e sociale insieme alle misure necessarie per garantirne affidabilità, sviluppo e sicurezza. A dimostrazione di ciò, la richiesta, da parte del segretariato generale delle Nazioni Unite di prolungare gli incontri dell’Igf per altri cinque anni e approdare a un nuovo summit mondiale della società dell’informazione nel 2015 con il mandato di «creare una società dell’informazione inclusiva, centrata sulle persone e orientata allo sviluppo, ma rispettosa dei diritti umani universali e delle libertà fondamentali». Ulteriore prova di tale consapevolezza crescente è il moltiplicarsi di conferenze regionali (Africa, Latinamerica, Caraibi), dei capitoli nazionali dell’Igf in molti paesi (Danimarca, Olanda, Spagne, Italia) che hanno adottato sia le tematiche che l’approccio multistakeholder propri del forum. Continua a leggere DIRITTI UMANI NODO DEL WEB