Culture digitali
per Peace Reporter di Luglio-Agosto
Arturo Di Corinto
Nel caos indistinto della comunicazione globale si sente parlare di “culture digitali”, per indicare temi, pratiche, comportamenti, ormai trasversali: lo scambio di file musicali attraverso i circuiti del peer to peer, la disseminazione dei propri dati personali, gusti, tendenze, attraverso la moltiplicazione della propria identità nei social network, o la tendenza di gruppi consistenti a videogiocare in rete o a scambiarsi applicazioni per l’iPhone.
Ma se non fosse paradossale dovremmo più propriamente parlare di “cultura materiale”, quella “cultura” che caratterizza i modi di essere quotidiani in certi ambienti.
Sarebbe invece più appropriato parlare di cultura digitale quando tali comportamenti sono consapevoli e si ritrovano all’interno di gruppi sociali, quando sono legittimati da pratiche collettive, coerenti, ricorrenti. Ad esempio, quando lo scambio di file viene vissuto in maniera ludica ma consapevole con un pizzico di antagonismo e di ideologia antimonopolistica, quando insomma si rifiuta moralmente la tutela del diritto d’autore almeno per com’è intesa oggi, tutta sbilanciata a favore delle major; quando la creazione di un profilo dentro facebook serve a irradiare un messaggio politico, ecologista, femminista, a un pubblico fatto di amici di amici che sono i legami deboli attraverso cui arrivare al mondo; quando la scelta dell’iMac, dell’iPhone, dell’iPod è una scelta consapevole, contro Microsoft Windows, e altri sistemi operativi. Continua a leggere Libertà digitale non è avere un profilo nel libro delle facce