Amnesty: “Basta con l’hacking di Stato, denunciamolo”
Una nuova campagna per la sicurezza di attivisti e giornalisti che usano smartphone e pc, sempre più spesso obiettivo di mercenari e hacker di regime
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 15 Febbraio 2016
INTRUFOLARSI nei computer degli attivisti per i diritti umani è una pratica comune degli Stati canaglia. A dirlo è uno studio di Amnesty international che dopo aver elencato numerosi casi di hacking di stato, avverte che tenere nascoste queste intrusioni è peggio che subirle. Molte Ong infatti, per evitare il panico tra gli stessi attivisti tengono le intrusioni nascoste e quel che è peggio non si preparano a evitarle per il futuro.
I CONSIGLI DI AMNESTY PER DIFENDERSI
L’hacking di stato colpisce invariabilmente giornalisti, cooperanti, attivisti, avvocati impegnati nella difesa dei diritti umani. Prove e denunce di intrusioni verso obiettivi civili da parte del governo cinese sono venute da Google, Adobe, Yahoo e Symantec. Molte sono state dirette specificamente verso Ong impegnate in Tibet e così via. Non si contano poi i casi riportati in Russia sopratutto dagli attivisti per i diritti gay e la difficile situazione in Egitto dove molti attivisti sono spariti proprio prima dell’anniversario delle manifestazioni di piazza Tahrir nel 2011, oggi tornata alla ribalta per la scomparsa del nostro connazionale Giulio Regeni.
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