CRIPTOVALUTE: SU IRIDE IN CAMBIO DI DATI Il Garante Privacy avverte Worldcoin

Se il progetto Worldcoin, basato sulla scansione dell’iride per verificare l’identità degli utenti approdasse in Italia, con ogni probabilità violerebbe il Regolamento Ue, con tutte le conseguenze di carattere sanzionatorio previste dalla normativa.

Questo in sintesi l’avvertimento che il Garante Privacy ha inviato a Worldcoin Foundation, che sostiene il progetto lanciato dall’amministratore delegato di OpenAI, Sam Altman, per poter scambiare cryptovalute, dopo i primi riscontri forniti dalla società nell’ambito dell’istruttoria avviata nei mesi scorsi dall’Autorità.

Il protocollo Worldcoin ha l’obiettivo di creare un’identità (World ID) e una rete finanziaria (basata sulla cryptovaluta WLD) a livello globale. Al centro del progetto l’Orb, un dispositivo biometrico che scansiona il volto e l’iride, appunto, un codice identificativo univoco a livello mondiale per ciascun individuo – World ID – in grado, secondo la Worldcoin Foundation, di distinguere gli esseri umani dai prodotti dell’intelligenza artificiale.

Anche se i dispositivi Orb non sono ancora funzionanti in Italia, i cittadini italiani possono già scaricare, dagli app store, la World App, fornire i relativi dati personali e prenotare i propri WLD token gratuiti.

Orb, World ID e World App, strettamente interconnessi tra loro, costituiscono l’ecosistema Worldcoin.

Dalle informazioni ricevute dalla società e da quelle reperibili sul sito della stessa, l’Autorità ritiene che il trattamento dei dati biometrici basato sul consenso degli aderenti al progetto, rilasciato sulla base di una informativa insufficiente, non può essere considerato una base giuridica valida secondo i requisiti richiesti dal Regolamento europeo.

Oltretutto, la promessa di ricevere WLD token gratuiti da parte di Wordcoin incide negativamente sulla possibilità di esprimere un consenso libero e non condizionato al trattamento dei dati biometrici effettuato attraverso gli Orb.

Infine, i rischi del trattamento risultano ulteriormente amplificati dall’assenza di filtri per impedire l’accesso agli Orb e alla World App ai minori di 18 anni.

Il provvedimento del Garante è in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

            Roma, 2 aprile 2024

TELEMARKETING, GARANTE PRIVACY: AL VIA IL CODICE DI CONDOTTA

COMUNICATO STAMPA

TELEMARKETING, GARANTE PRIVACY: AL VIA IL CODICE DI CONDOTTA

Accreditato l’Organismo di monitoraggio per la piena efficacia delle nuove regole

            Con l’accreditamento dell’Organismo di monitoraggio (OdM) si completa l’iter per la piena applicazione del Codice di condotta che regola le attività di teleselling e di telemarketing. Il Codice, che ha l’obiettivo di tutelare gli utenti dalle chiamate indesiderate, acquisterà piena efficacia dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

            L’Autorità ha ritenuto che l’OdM – proposto da associazioni di committenti, call center, teleseller, list provider e associazioni di consumatori – sia in possesso dei requisisti previsti dal Regolamento Ue, tra i quali un adeguato livello di competenza, indipendenza e imparzialità per lo svolgimento dei compiti di controllo sull’applicazione del Codice da parte degli aderenti.

            Le società che aderiranno al Codice, si impegneranno ad adottare misure specifiche per garantire la correttezza e la legittimità dei trattamenti di dati svolti lungo tutta la “filiera” del telemarketing. Dovranno raccogliere consensi specifici per le singole finalità (marketing, profilazione, ecc.), informare in maniera precisa le persone contattate sull’uso dei loro dati, assicurando il pieno esercizio dei diritti previsti dalla normativa privacy (opposizione al trattamento, rettifica o aggiornamento dei dati). Le società inoltre saranno tenute ad effettuare una valutazione di impatto nel caso svolgano trattamenti automatizzati, compresa la profilazione, che comportano un’analisi sistematica e globale di informazioni personali.

            Per contrastare il fenomeno del “sottobosco” dei call-center abusivi il Codice di condotta stabilisce l’applicazione di una penale o la mancata corresponsione della provvigione per ogni contratto stipulato a seguito di un contatto promozionale senza consenso.

            Roma, 18 marzo 2024

Intervista WDR Di Corinto: La raccolta dei dati sensibili in Germania

La raccolta dei dati sensibili in Germania

Stand: 27.09.2022, 17:16 Uhr

di Francesco Marzano, Giulio Galoppo e Tommaso Pedicini

I ministri dell’Interno e della Giustizia dei Länder tedeschi si sono riuniti oggi  Monaco di Baviera per una conferenza congiunta. Sul tavolo temi come la lotta agli abusi sui minori e la pedopornografia, ma anche la questione dei poteri di cui dotare le forze dell’ordine nella lotta alla criminalità. Uno dei metodi più efficaci è la raccolta dei cosiddetti dati sensibili. La Corte di Giustizia europea ha stabilito, tuttavia, proprio la scorsa settimana, che la raccolta di dati, così come viene attuata in Germania, è illegale. Giulio Galoppo ci illustra le reazioni del governo tedesco, molto diviso su questo tema. Ma cosa ne pensa chi, invece, di sicurezza si occupa ogni giorno? Lo abbiamo chiesto a Rainer Wendt, presidente nazionale del sindacato di polizia. Arturo Di Corinto, giornalista ed esperto di cybersecurity e diritti e le libertà digitali, ci spiega, invece, come sia regolamentata la raccolta di dati sensibili in Italia.Vorratsdatenspeicherung - Symbolbild

In Germania è di nuovo acceso il dibattito sulla raccolta dei dati sensibili

L’umanesimo digitale del Garante della Privacy: attenti alla Social War

L’umanesimo digitale del Garante della Privacy: attenti alla Social War

Presentata stamattina al Senato della Repubblica la relazione annuale del collegio dell’Autorità garante della protezione dei dati dati personali. Nel 2021 l’Autorità ha riscosso 13 milioni di euro di sanzioni e risposto a 19 mila quesiti dei cittadini per rendere effettivo il diritto alla riservatezza

di ARTURO DI CORINTO per ItalianTech/La Repubblica del 7 Luglio 2022

Stefano Rodotà, l’architetto dell’edificio della privacy italiana, oggi avrebbe applaudito alla presentazione della relazione annuale del suo ultimo successore alla guida del Garante per la protezione dei dati personali, il professore Pasquale Stanzione.

Nelle 40 pagine della relazione emerge chiaramente il prezioso lavoro di bilanciamento dei diritti individuali che l’Autorità ha esercitato dal 1997 seguendo il binario liberale e garantista che negli anni del suo mandato il giurista scomparso il 23 giugno di cinque anni fa gli aveva impresso.

La cybersecurity è l’altra faccia della privacy

La cybersecurity è l’altra faccia della privacy

Hacker’s Dictionary. Il Garante per la protezione dei dati personali e l’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale hanno siglato un protocollo per garantire il necessario equilibrio tra libertà e sicurezza nel cybermondo

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 3 Febbraio 2022

Il Garante della protezione dei dati personali e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) hanno firmato un Protocollo d’intesa che avvia la cooperazione tra le due istituzioni. L’obbiettivo è di promuovere iniziative congiunte nel campo della cybersicurezza nazionale e della protezione dei dati personali.

La notizia è benvenuta. Noi a il manifesto abbiamo sempre sostenuto che la cybersecurity è l’altra faccia della privacy.

Il motivo è semplice da capire: in un mondo “datificato” dove i nostri comportamenti sono tradotti in informazioni digitali, se questi dati non sono protetti nella loro integrità, disponibilità e confidenzialità, anche i nostri comportamenti non lo sono. E possono esporci a un potere incontrollabile, al ricatto sociale, alla persuasione commerciale e alla sorveglianza statuale.

Pechino abbiamo un problema, olimpico

Pechino abbiamo un problema, olimpico

Hacker’s Dictionary. Il Citizen Lab di Toronto, un privacy watchdog, denuncia pesanti falle di sicurezza nell’app cinese obbligatorio per atleti e giornalisti in viaggio per le Olimpiadi invernali di Pechino

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 27 Gennaio 2022

Atleti e giornalisti in partenza per le Olimpiadi di Pechino del 4 Febbraio hanno dovuto scaricare sul proprio telefonino l’app My2022 e inviare tramite l’app informazioni sanitarie e di viaggio, inclusi i risultati dei test Covid-19 e i certificati di vaccinazione. Fin qui tutto “normale”.

Però l’app, nata per monitorare la salute dei partecipanti, include funzionalità che consentono agli utenti di segnalare contenuti “politicamente sensibili” e contiene al suo interno un elenco di 2.442 parole chiave proibite, illegalwords.txt, che include un’ampia varietà di argomenti politici sensibili come lo Xinjiang e il Corano, il Tibet e il Dalai Lama, Xi Jinping e i Falun Gong. Oltre alle raccomandazioni turistiche, le mappe e il monitoraggio anti-covid, l’app raccoglie una lista molto ampia di dati sensibili come le informazioni mediche e il monitoraggio giornaliero dello stato di salute dell’utente.

Però non convalida i certificati di sicurezza crittografica e questo potrebbe consentire a dei malintenzionati di intercettare le comunicazioni via smartphone e rubare dati personali inducendo l’app a connettersi con un host dannoso.

A scoprire che l’app ha una vulnerabilità che, se sfruttata, consente l’accesso a terze parti è stato il Citizen Lab di Toronto, un Internet watchdog secondo cui la falla di sicurezza renderebbe i dati personali, inclusi file audio, stato di salute, informazioni sul passaporto, storia medica e di viaggio, facilmente accessibili a “terze parti”.

Pubblicato il 18 gennaio, il rapporto del Citizen Lab che lo afferma, ha anche rilevato che alcuni dati sensibili vengono trasmessi tramite l’app a un host senza alcuna protezione e, di conseguenza, i dati «possono essere letti da qualsiasi intercettatore passivo, come qualcuno nel raggio di accesso Wi-Fi non protetto».
L’app, obbligatoria, non è stata compromessa o manipolata da ignoti hacker ma è un prodotto realizzato da una compagnia di stato cinese, la Beijing Financial Holdings Group.

Lo stesso giorno l’azienda di cybersecurity Internet 2.0 ha pubblicato un documento che mostra come la legislazione cinese sulla sicurezza nazionale favorisca la sorveglianza statale attraverso la progettazione di applicazioni mobili e ha avvertito che «tutti gli atleti e i visitatori in Cina per le Olimpiadi saranno esposti a tali leggi».

Per questo, dopo aver stilato una lista di pratiche di sorveglianza assai diffuse in Cina ha suggerito ai partecipanti alle Olimpiadi di Pechino che arrivano dall’estero di lasciare i telefoni a casa e di utilizzare all’interno della Cina solo dei burner phone per impedire che i dati privati del loro account cloud vengano raccolti dalle app mobili degli operatori cinesi.

Un burner phone è un telefono cellulare prepagato, piuttosto economico, pensato per un utilizzo a breve termine. Acquistato in contanti, il suo utilizzo è spesso associato a una scheda Sim prepagata non collegata alla propria identità. I media governativi cinesi si sono affrettati a liquidare il rapporto del Citizen Lab come propaganda e anche il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) ne ha respinto le accuse.

Eppure è stato lo stesso Comitato Olimpico degli Stati Uniti a suggerire ai suoi atleti di portare un burner phone a Pechino poiché bisogna «supporre che ogni dispositivo e ogni comunicazione, transazione e attività online saranno monitorati». E il gruppo di atleti tedeschi, Athleten Deutschland, ha dichiarato che «è inspiegabile e irresponsabile da parte del Cio richiedere ai partecipanti di utilizzare un’app con vulnerabilità di sicurezza così evidenti». Pechino, su privacy e sicurezza abbiamo un problema: olimpico.

Quel gran casino dei social

Quel gran casino dei social

Hacker’s Dictionary. I social sono ingegnerizzati per creare dipendenza e impattano sulla reputazione e le prospettive di lavoro, ma ce ne accorgiamo quando è troppo tardi. Una ricerca di Kaspersky

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 20 Gennaio 2022

Entrare in un social network è come entrare in un casinò. Sai quando entri e non sai quando esci. Il motivo è semplice: i social sono progettati per creare attaccamento e dipendenza, dandoti poco e togliendoti molto attraverso l’illusione del controllo e della partecipazione.

Nei social, come nei casinò, non sei padrone di quello che fai, le regole cambiano continuamente e il banco vince sempre. Però ti puoi giocare la reputazione anziché i soldi.

Cina, la prigione digitale dei giornalisti

Cina, la prigione digitale dei giornalisti

Hacker’s Dictionary. Un rapporto dei giornalisti di Reporters sans frontières denuncia censura e repressione nel paese del Dragone: alle intimidazioni e agli arresti si aggiunge la censura via software, app e siti web

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 6 Gennaio 2022

Dopo Stand News, giornale indipendente che ha annunciato la sua chiusura a seguito dell’arresto di sei membri dello staff, anche il Citizen News di Hong Kong chiude. Così dopo aver sollecitato il rilascio della giornalista cinese Zhang Zhan, condannata a quattro anni di carcere per aver coperto la pandemia di Covid-19, Reporters sans frontières (RSF) chiede il rilascio di tutti i giornalisti detenuti e invita le democrazie a reagire e difendere ciò che resta della stampa libera in Cina.

Privacy, l’ignoranza non è una virtù

Privacy, l’ignoranza non è una virtù

Hacker’s Dictionary. Faciloneria, lassismo, noncuranza: tanti giovani, e non solo loro, per qualche comodità in più non aggiornano le password e non cancellano i vecchi account. Ma adesso che anche la salute pubblica passa per il digitale, non ce lo possiamo più permettere

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 15 Luglio 2021

«Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza». Questa frase di Benjamin Franklin oggi potrebbe essere riscritta così: «Chi rinuncia alla propria privacy per avere più comodità, non si merita né la privacy né le comodità».

Democrazia Futura. Alle Radici dell’odio in rete. Polarizzazione disinformazione vanità e infelicità

Democrazia Futura. Alle Radici dell’odio in rete. Polarizzazione disinformazione vanità e infelicità

Comportamenti e consumi nelle reti di persuasione sociale. Nell’era del capitalismo della sorveglianza ogni azione che intraprendiamo online viene raccolta per uno scopo: modellare noi e il nostro comportamento, per prevedere meglio cosa faremo. Queste previsioni sono il petrolio dell’era digitale.

di Arturo Di Corinto per Democrazia Futura n.2/2021

500 milioni di profili LinkedIn in vendita sul Web

Hacker’s Dictionary . Un presunto hacker ha messo in vendita i dati personali e professionali della quasi totalità degli utenti della piattaforma di Microsoft. Con quei dati 21 milioni di utenti italiani sono a rischio truffa

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 08 Aprile 2021

Democrazia Futura. Perché l’oligopolio di Big Tech è insopportabile

È importante proteggere i nostri dati digitali, anche imparando a capire se, come e quando ci conviene offrirli alle grandi piattaforme. Ma una cosa va capita una volta per tutte: i nostri dati vanno protetti per proteggere la riservatezza dei nostri comportamenti.

di ARTURO DI CORINTO per Democrazia Futura di Marzo 2021

Terremoto WhatsApp: intervista Di Corinto a TV7 (Raiuno)

22 Gennaio 2021 RaiUno – TV7

Terremoto Whatsapp

Ecco il servizio di Barbara Carfagna per il rotocalco del TG1 sui problemi della profilazione commerciale. Con un’incursione sul tema della privacy dei motori di ricerca (si parla di Qwant e DuckDuckGo).

Fare un’intervista sotto la stufa dei riflettori e in mascherina, vi assicuro che non è per niente facile, comunque la mia tesi è nota per chi qualche volta mi ha già letto: il problema non è solo lo spionaggio dei comportamenti, ma la loro predizione in chiave commerciale e politica.

Se in base alla tua profilazione so cosa ti piace, sono pronto a offrirti quello che già desideri. Per condurti ad esprimere un certo comportamento, invece, ti guiderò attraverso una serie di ricompense di carattere sociale.
Insomma, per BigTech non siamo altro che dei topi nelle gabbie di Skinner.

su RaiPlay al minuto 35′

Gli algoritmi della sorveglianza

21 Gennaio 2021

In tempo di Covid, con l’#laculturanonsiferma il Circolo culturale Guglielmo Ghislandi continua la rassegna Valle Camonica che Storia! con alcune iniziative a gennaio 2021.

Il secondo degli appuntamenti «GLI ALGORITMI DELLA SORVEGLIANZA. La manipolazione attraverso i social» è mercoledì 20 gennaio alle ore 20.30

Pier Luigi Milani (autore del libro “L’algoritmo Ribelle”) dialoga con

ARTURO DI CORINTO Giornalista esperto di privacy e sicurezza informatica

Coordina l’incontro Stefano Malosso direttore della Rivista online LIMINA

Come cambia Whatsapp: privacy e regole, ecco cosa succede per gli utenti

Come cambia Whatsapp: privacy e regole, ecco cosa succede per gli utenti

Nuovi termini di servizio in vigore, c’è tempo fino all’8 febbraio per aderire, poi non si potrà più usare l’app di messaggistica. L’azienda precisa: “In Europa nessuna condivisione di dati con Facebook a fini di profilazione pubblicitaria”

di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 7 Gennaio 2021

Anche agli utenti italiani stanno arrivando le notifiche sulle nuove regole d’uso di WhatsApp.  La novità è che dall’8 febbraio chi non le accetta non potrà più usare la popolare app di messaggistica. Dal 4 Gennaio sono infatti cambiati sia i Termini di Servizio che le politiche sulla privacy di WhatsApp. Motivo? Garantire una sempre maggiore integrazione del servizio di messaggistica istantanea con la casa madre: Facebook.

Parte dall’India la rivoluzione di WhatsApp: obbligatorio condividere i dati con Facebook

Parte dall’India la rivoluzione di WhatsApp: obbligatorio condividere i dati con Facebook

Chi non accetta le nuove condizioni del contratto non potrà più utilizzare la app di messaggistica. La sempre più stretta integrazione dei servizi della galassia Zuckerberg pone serie riflessioni alla privacy degli utenti

di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 6 Gennaio 2021

Se non accetti di condividere i tuoi dati con Facebook non potrai più usare WhatsApp. Questo è in sintesi, e senza giri di parole, il messaggio che gli utenti di WhatsApp in India hanno ricevuto stamattina 6 gennaio. Con la scusa di aggiornare gli utenti su alcuni cambiamenti chiave della privacy policy e dei Tos, i termini di servizio, l’azienda che fa capo alla galassia Facebook ha chiarito che in assenza di tale accettazione dall’8 febbraio non potranno più usare WhatsApp.

WhatsApp smetterà di funzionare se non accetti di condividere i dati con Facebook?

WhatsApp smetterà di funzionare se non accetti di condividere i dati con Facebook?

Una nuova notifica ha informato gli utenti indiani sulle modifiche apportate alla privacy policy e ai termini di servizio che potrebbero rendere impossibile continuare a usare la popolare app di messaggistica  

di ARTURO DI CORINTO per AGI del 6 Gennaio 2021

AGI – Nella calza della Befana la mattina del 6 Gennaio gli utenti di WhatsApp in India hanno ricevuto una notifica sui nuovi termini di servizio e sulle norme che ne regolano la privacy. Con la notifica la società di proprietà di Facebook ha informato gli utenti sulle modifiche apportate alla privacy policy e ai termini di servizio (Terms of Service, ToS) che, se non verranno accettate dagli utenti renderanno impossibile continuare a usare la popolare app di messaggistica che in India praticamente sostituisce il telefono tanto è indispensabile in un territorio coperto a macchia di leopardo dalle compagnie telefoniche.

I siti colabrodo che alimentano la diffidenza dei cittadini

I siti colabrodo che alimentano la diffidenza dei cittadini

Hacker’s Dictionary. Sono 13 mila i siti della Pubblica Amministrazione con gravi problemi di sicurezza. 4361 sono invece i CMS non aggiornati. E’ ora di assumere tecnici ed esperti veri come sta facendo la Banca d’Italia

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 24 Dicembre 2020

Secondo l’Agenzia per l’Italia Digitale, il 67% dei portali Istituzionali della Pubblica Amministrazione ha gravi problemi di sicurezza.

Questi problemi si traducono nel rischio che l’interazione tra il cittadino e la Pa cui si rivolge, possa essere «intercettata» da un malintenzionato capace di carpirne e manipolarne i dati. L’analisi evidenzia come soltanto il 9% della PA italiana utilizzi un canale «https» (Hypertext Transfer Protocol Secure) per proteggere l’integrità e la riservatezza dei dati scambiati tra i computer e i siti.

Vi accorgete se lo state usando quando compare un simpatico lucchetto accanto al nome del sito web che state visitando (fate la prova su ilmanifesto.it, ndr).

L’inviato delle Nazioni Unite contro la tortura chiede il rilascio immediato di Julian Assange

L’inviato delle Nazioni Unite contro la tortura chiede il rilascio immediato di Julian Assange

Dopo 10 anni di detenzione arriva l’appello di Melzer, in attesa dell’estradizione verso gli Stati Uniti. La decisione a gennaio 2020

di ARTURO DI CORINTO per Wired del 9 Dicembre 2020

Con un appello senza precedenti il relatore speciale delle Nazioni unite sulla tortura, Nils Melzer, ha chiesto alle autorità britanniche di liberare immediatamente Julian Assange dalla prigione di massima sicurezza in cui si trova. La prigione di Belmarsh dove è detenuto è oggi un focolaio di Covid-19 e quasi la metà dei suoi 160 detenuti è positiva alla malattia. Alcuni sono vicini alla cella di Assange che da tempo soffre di problemi respiratori. In alternativa Melzer chiede che sia messo agli arresti domiciliari per tutta la durata del processo di estradizione negli Stati Uniti dove è indagato sulla base dell’Espionage Act e rischia fino a 175 anni di carcere per accuse che dovrebbero già essere state prescritte in base alle inchieste precedenti legate all’accesso abusivo a sistemi informatici quando provò ad aiutare Chelsea Manning – whistleblower ed ex militare – ad accedere a informazioni riservate. L’appello giunge a 10 anni dal primo arresto del giornalista-hacker Julian Assange il 7 dicembre 2010.

La pandemia è il male, collaborare è la cura

La pandemia è il male, collaborare è la cura

Hacker’s Dictionary. Un terzo delle aziende europee non riesce a fornire un accesso remoto sicuro ai propri lavoratori. Il 2021 sarà un anno difficile se non si adotteranno le giuste misure di sicurezza, soprattutto per gli smart workers. Sullo sfondo la collaborazione necessaria tra pubblico e privato

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 26 Novembre 2020

Il Coronavirus è tra di noi e non se ne andrà tanto presto. Bisogna perciò fare i conti con questo «game-changer» che sta modificando le abitudini di tutti, dallo svago al lavoro.

A causa della «remotizzazione» di tante attività, le aziende dovranno investire per migliorare la sicurezza delle prestazioni del network aziendale, delle piattaforme di collaborazione, dei dati immagazzinati nel cloud. E dovranno farlo nel rispetto della privacy di chi lavora da casa e con l’obbligo di insegnargli tutto quello che si può sulla sicurezza dei comportamenti online.

Convegno Banche e Sicurezza, 2 e 3 dicembre

Convegno Banche e Sicurezza, 2 e 3 dicembre

Il presidio della sicurezza, sia fisica che cibernetica, è un elemento chiave per le banche sul quale si gioca la sfida reputazionale, la costruzione della fiducia del cliente, la tutela degli asset, tanto più nell’era dell’open banking, con piattaforme interconnesse e con servizi sempre più multi-accesso. Ma ora il tema, alla luce dell’emergenza sanitaria globale, diventa ancora più centrale, perché il repentino incremento nell’utilizzo degli strumenti digitali apre nuovi potenziali scenari di rischio. Nuove frodi, furti di identità, minacce alla privacy, ma anche tutela della salute dei dipendenti e dei clienti nelle filiali sono solo alcuni dei tanti punti di attenzione. 

Banche e Sicurezza è il percorso evento + appuntamenti digital promosso da ABI per conoscere ed esplorare le frontiere della sicurezza fisica e digitale nel settore finanziario, bancario e assicurativo.

Organizzato da ABIEventi, in collaborazione con CERTFin, ABI Lab, Ossif, Banche e Sicurezza è l’appuntamento di riferimento in Italia per i professionisti e protagonisti del settore.
Incontri, confronti, workshop e networking sulle nuove frontiere della sicurezza, i modelli, le tecnologie e le soluzioni più innovative.

Scontro nella maggioranza blocca l’Istituto italiano di cybersicurezza: tutti i retroscena

Scontro nella maggioranza blocca l’Istituto italiano di cybersicurezza: tutti i retroscena

Prevista in un articolo della Legge di Bilancio 2021 con 200 milioni inizialmente, la fondazione pensata nel 2017 dal premier Paolo Gentiloni poteva nascere grazie all’attivismo di Giuseppe Conte nella gestione del comparto Sicurezza. Ma così non è stato, per bisticci in seno alla maggioranza. Ecco perché

di ARTURO DI CORINTO per Agenda Digitale del 18 Ottobre 2020

Uno sgambetto a Conte. Per ricordare al premier il peso specifico dei partiti di minoranza del suo governo, proprio ora che è meno popolare tra gli italiani e con il Movimento5Stelle in subbuglio. È questo probabilmente il motivo per cui la proposta di un Istituto italiano di cybersicurezza è stata contrastata dagli alleati di Italia Viva e del Partito Democratico al punto da essere stralciata dalla legge di bilancio 2021 che la prevedeva all’articolo 96.

Non c’è di fatto nel testo bollinato della Legge uscito oggi.

“Rivoglio la mia faccia. No a una società della sorveglianza”

“Rivoglio la mia faccia. No a una società della sorveglianza”

Una dozzina di associazioni per la privacy – anche italiane – chiede all’Europa di mobilitarsi per impedire l’uso indiscriminato di tecnologie per il controllo biometrico e facciale di massa

di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 13 Novembre 2020

“Quando siamo sorvegliati non ci comportiamo più in maniera naturale e siamo indotti all’autocensura. Quando veniamo classificati siamo giudicati e discriminati”. La tesi del sociologo David Lyon (“L’occhio elettronico. Privacy e filosofia della sorveglianza”, Feltrinelli, 1997) è diventata lo slogan di una campagna europea che denuncia la sorveglianza biometrica di massa. Dopo i primi esperimenti in parchi e piazze per contrastare la percezione di insicurezza dei cittadini, città e nazioni stanno moltiplicando l’installazione di dispositivi di sorveglianza ovunque, applicando l’Intelligenza artificiale e l’Internet delle cose, con l’effetto, secondo gli attivisti, di produrre un senso di falsa sicurezza e realizzare una società sorvegliata. Perciò, per “proteggere la dignità delle persone nello spazio pubblico”, alcuni gruppi per i diritti umani hanno annunciato proprio ieri l’avvio di “Reclaim Your Face: Ban Biometric Mass Surveillance” (Reclama il tuo volto: mettiamo al bando la sorveglianza biometrica di massa), una campagna di denuncia delle storture, note e potenziali, dell’uso di sistemi ipertecnologici di controllo a distanza.

Cybersecurity, buone notizie al femminile

Cybersecurity, buone notizie al femminile

Hacker’s Dictionary. Gli attacchi informatici aumentano, lo conferma il nuovo rapporto Clusit presentato in streaming. Ma c’è una buona notizia, scendono in campo le cyberladies esperte di digitale e sicurezza informatica

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 12 Novembre 2020

Clusit, l’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica, ha presentato in streaming la nuova edizione del suo Rapporto annuale con i dati relativi al cybercrime a livello globale nei primi sei mesi dell’anno.

I numeri sono allineati a quelli di altri think tank e ribadiscono trend di crescita già noti come l’aumento degli attacchi rispetto allo stesso periodo del 2019: il 14% è stato a tema Covid. I relatori del rapporto hanno anche osservato come siano aumentati dell’85% gli attacchi alle infrastrutture critiche e del 63% al settore della ricerca. Malware, phishing e social engineering le tecniche più utilizzate.

I virus informatici mettono in ginocchio le aziende. Sottovalutare il problema potrebbe essere fatale

I virus informatici mettono in ginocchio le aziende. Sottovalutare il problema potrebbe essere fatale

di ARTURO DI CORINTO per Il Fatto Quotidiano del 5 Novembre 2020

Campari Group, proprietario del noto marchio di bevande ha fatto sapere che il giorno 1° novembre 2020 è stato oggetto di un attacco malware che ha determinato la temporanea sospensione dei servizi It. Le indagini sono ancora in corso, l’azienda sta lavorando con le autorità ma non si hanno ulteriori notizie.

Enel, monopolista italiana dell’energia sul territorio nazionale invece è stato vittima di un attacco ransomware intorno al 29 Ottobre. I sistemi informatici di Enel sono stati compromessi dal gruppo Netwalker che ha chiesto il pagamento di un riscatto da 14 milioni di euro in Bitcoin. I cybercriminali hanno anche minacciato di pubblicare database e documenti finanziari di clienti e personale (4,5 Terabyte di materiali) in assenza del pagamento del riscatto. E l’hanno fatto almeno in parte.

A settembre invece era stato il gruppo Carraro a rimanere vittima di un attacco informatico che ha obbligato 700 lavoratori a rimanere a casa per via del blocco dei sistemi informatici causato da un software malevolo. Pochi giorni prima era successo al gigante degli occhiali, Luxottica, e prima ancora al noto produttore di scarpe Geox.

Cyberfrodi: non è sempre colpa dell’utente

Cyberfrodi: non è sempre colpa dell’utente

Hacker’s dictionary. I comportamenti individuali possono fare la differenza sia col Covid che di fronte a un attacco informatico. Ma il ruolo di chi eroga un servizio nel contrastare frodi e furti digitali non va minimizzato

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 5 Novembre 2020

In conseguenza del «lockdown» gli italiani comprano di più online. Fin qui tutto bene. Gli acquisti elettronici spingono la digitalizzazione delle imprese e l’alfabetizzazione dei cittadini.

Però. Secondo un sondaggio di Kruk, azienda europea di gestione del credito, la propensione agli acquisti digitali riguarda solo il 53,6% degli italiani.

Tra gli intervistati il 46,4% predilige l’uso della carta di credito e sistemi digitali di pagamento come Google Pay, PayPal, Satispay (38%), il 36% preferisce la carte prepagate e il 19,6% le carte di debito, insomma, le carte bancomat.

Democrazia futura. Tecnologie di controllo e tutela della riservatezza, la contraddizione americana

Gli Stati Uniti, nazione simbolo del free speech, patria della comunicazione senza limiti grazie a Internet e del concetto moderno di privacy, è però anche il paese della sorveglianza di massa. Dove non c’è trasparenza la democrazia muore: la battaglia di Edward Snowden e i whistleblower.

di ARTURO DI CORINTO per Democrazia Futura su Key4Biz del 4 Novembre 2020

“La nostra libertà riposa su quello che gli altri non sanno di noi”.
Aleksandr Solženicyn, autore di Arcipelago Gulag

L’antidoto cresce là dove il male alligna. Forse.

Arpanet, la nonna di Internet, nasce negli Stati Uniti il 29 Ottobre 1969. il concetto di privacy nasce con il saggio The right to privacy scritto da due avvocati, Samuel Warren e Luis Brandeis, nel 1890, sempre negli Stati Uniti. E il primo articolo della Costituzione degli Stati Uniti è dedicato alla libertà d’espressione. La Costituzione è del 1789.

Gli Stati Uniti, nazione simbolo del free speech, patria della comunicazione senza limiti grazie a Internet e del concetto moderno di privacy, è però anche il paese della sorveglianza di massa.

Con decine di uffici, agenzie, laboratori e centri di ricerca dedicati al controllo di web, email, telefoni, volti e impronte biometriche, gli Stati Uniti sono il paese che perseguita con più determinazione i suoi figli che hanno fatto bandiera della battaglia per la privacy individuale e per la trasparenza dei pubblici poteri.

Programmi governativi dai nomi fantasiosi come Tempora e Prism, software come Carnivore e XkeyScore, leggi come il Patriot Act e la Fisa, con la sua sezione 702, sfidano costantemente la libertà che gli Stati Uniti dicono di promuovere e proteggere. A casa e fuori.

Gli italiani navigano senza protezione

Gli italiani navigano senza protezione

Hacker’s Dictionary. Secondo una ricerca Avira il 61% dei datori di lavoro non bada alla protezione informatica nello smartworking. La metà degli italiani è preoccupata da furti e frodi informatiche ma solo il 24% comprerebbe un software per la sicurezza digitale

di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 29 Ottobre 2020

Dall’inizio della pandemia oltre la metà degli italiani (53%) ha acquistato un nuovo computer o un nuovo dispositivo tecnologico, ma meno di un terzo (31%) ci ha installato sopra un software di sicurezza. Lo dice l’ultima ricerca condotta da Opinion Matter per l’azienda di cybersecurity Avira.

La ricerca, che ha coinvolto 2.000 persone dai 18 anni in su residenti in Italia, Francia, Germania e Stati Uniti, illustra i cambiamenti comportamentali intervenuti durante la pandemia a cominciare dall’introduzione massiccia del così detto smartworking.

Gli artigiani informatici italiani che ci difendono dagli attacchi dei cybercriminali

Gli artigiani informatici italiani che ci difendono dagli attacchi dei cybercriminali

“Have I been Emotet” e “doubleextortion.com” sono due iniziative dei nostri ricercatori per rendere il cyberspazio un luogo più sicuro e proteggere cittadini e aziende dai guai dei virus informatici. I loro creatori si raccontano così

di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 28 Ottobre 2020

Loro sono due fratelli di Padova, e hanno appena ricevuto i complimenti dai marines americani per avere scoperto quali dei loro indirizzi email sono stati infettati. Si chiamano Enrico e Gianfranco Tonello. Lui invece è ingegnere informatico di una piccola azienda del cesenate e nel tempo libero ha sviluppato un metodo per tracciare il fenomeno dei ricatti informatici. Si chiama Luca Mella. I primi hanno creato un sistema di esche per intercettare il pericoloso virus bancario Emotet, il secondo un metodo per tracciare gang criminali che distribuiscono i pericolosi ransomware.